Veneto e Toscana, best practice in screening neonatale esteso alle malattie da accumulo lisosomiale

Nonostante la legge di bilancio del 2019 abbia stabilito l’inserimento di dieci patologie metaboliche, tra cui le malattie da accumulo lisosomiale, nella lista nazionale dello screening neonatale esteso, questa prospettiva è ancora lontana dal concretizzarsi.

Il report di AstraRicerche, che raccoglie le esperienze di Toscana e Veneto, presentato nell’ambito della seconda edizione di “Raro chi trova”, iniziativa promossa da Takeda Italia con il patrocinio di SIP, AIG, AIMPS, AIAF e Cometa ASMME, ha evidenziato l’importanza di estendere lo screening neonatale alle malattie da accumulo lisosomiale, segnalando al contempo le buone pratiche messe in campo dalle 2 regioni con progetti pilota.

Lo screening neonatale esteso (SNE) può essere di importanza cruciale per migliaia di bambini che ogni anno vanno incontro a disabilità gravissime o a morte prematura.
La legge di bilancio 2019 (art.1 C. 544) ha stabilito l’inserimento di dieci patologie metaboliche, tra cui le malattie da accumulo lisosomiale – patologie croniche di origine genetica che si manifestano spesso nei primissimi anni di vita, frutto di un difetto o assenza di uno degli enzimi contenuti nei lisosomi – nella lista nazionale dello screening neonatale esteso, modificando di conseguenza la Legge 167/2016. Finora, però, questo obiettivo non ha ancora trovato compimento.

“Raro chi trova” e buone pratiche di Toscana e Veneto

Nell’ambito di “Raro chi trova”, iniziativa promossa da Takeda – con il patrocinio della Società Italiana di Pediatria, SIF e delle Associazioni italiane di Anderson-Fabry, AIAF, di Gaucher AIG, di Mucopolisaccaridosi, AIMPS, di Cometa, e di ASMME – Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie – è stato presentato un report condotto dall’Istituto AstraRicerche che ha raccolto dati, esperienze e testimonianze di clinici, società scientifiche e associazioni dei pazienti sul valore e l’utilità dello screening neonatale esteso (SNE) per le malattie da accumulo lisosomiale, analizzando i risultati dei progetti pilota portati avanti dalle regioni Toscana e Veneto, diventate benchmark di riferimento.

Evidenze alla base della necessitĂ  di estendere lo screening

Il report ha messo in luce la necessità di estendere lo screening neonatale alle malattie da accumulo lisosomiale a partire dalla frequenza di casi positivi riscontrata sugli oltre 400mila test effettuati nei progetti pilota nelle due Regioni, unitamente all’elevata frequenza della sintomatologia non neonatale.
Un altro dato significativo in favore dell’estensione dello screening neonatale esteso è dato dalla sua sostenibilità economica: ha un costo relativamente basso, di appena qualche decina di euro a neonato, che non subirebbe alcuna modifica a fronte dell’inserimento delle patologie da accumulo lisosomiale.

Rivedere il modello di screening e puntare sulla prevenzione

Il report ha messo in luce l’esigenza di rivedere il modello di screening, nonostante il sistema italiano sia un esempio virtuoso: pochi centri ma molto selezionati, ad alta tecnologia e con personale super specializzato.
Rimane comunque prioritaria l’esigenza di inserire il modello di best practice di Toscana e Veneto in un percorso che possa migliorare la storia naturale della malattia, con una presa in carico della coppia a partire dalla gravidanza. Perché una diagnosi precoce può cambiare l’approccio terapeutico e, soprattutto, la vita del paziente.

Come effettuare lo screening neonatale

«Lo screening neonatale è effettuato solo per le malattie che rispondono a precise caratteristiche: disponibilità di un test per le medesime, applicabilità del test all’intera popolazione di neonati, e che si tratti di malattie trattabili», ha sostenuto Giancarlo La Marca, direttore Laboratorio Screening Neonatale Allargato, Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze.
«Il test va effettuato entro le 72 ore dalla nascita, l’infermiere raccoglie il tampone che consiste in una goccia di sangue, l’analisi viene fatta da personale tecnico con specifica preparazione e il risultato è disponibile in 48-72 ore.

Sono possibili falsi positivi ma il second tier test, fatto dallo stesso spot di sangue originale, per cui non serve un secondo prelievo, aumenta molto la specificitĂ  diagnostica, riducendo i falsi positivi.
Le malattie lisosomiali sono l’emblema dei punti interrogativi sullo screening neonatale: non c’è alcun dubbio che lo screening sia utile, anzi, necessario; ma alcune mutazioni hanno manifestazioni molto tardive, e l’interrogativo è se si debba comunicare ai genitori che il loro bambino avrà la manifestazione della malattia, che potrebbe presentarsi anche dopo 40 o 50 anni di vita.

Diverso è il caso delle forme a esordio precoce, delle forme gravi fin dall’infanzia per le quali lo screening neonatale dà notevole vantaggio».
Lo screening consiste in un test che analizza l’attività enzimatica specifica di ciascuna malattia seguito, nei casi positivi, da un secondo esame di conferma che ricerca i metaboliti caratteristici. I laboratori sono pronti: bisogna efficientare il sistema.

Programma di screening per cambiare l’outcome di malattia

«Nelle malattie da accumulo lisosomiale non parliamo più solo di screening ma di programma di screening, in quanto non si tratta di fare solo un’analisi ma anche prendere in carico il paziente per cambiare l’outcome della malattia in modo definitivo», ha spiegato Alberto Burlina, direttore UOC di Malattie Metaboliche Ereditarie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova.

«Non c’è un motivo per non inserire le malattie lisosomiali nello screening neonatale esteso: la strumentazione e il personale sono gli stessi, anche se serve l’expertise specifico, nulla cambia per il paziente, nulla cambia per il Centro nascite né per il trasporto del materiale organico e per il laboratorio.

Non sono certo poche malattie a cambiare i costi, visto che attualmente abbiamo uno screening per 50 malattie. Servono pochi Centri selezionati, che abbiano un bacino di nati di almeno 60.000 all’anno. Per le malattie genetiche la parola chiave non è semplicemente diagnosi ma prevenzione: si può non bloccare ma far regredire quanto prima la malattia. E senza screening neonatale le storie delle famiglie raccontano peregrinaggi per il Paese, ricoveri senza diagnosi e sofferenza”.

Solo l’auspicato inserimento delle patologie in attesa nel panel nazionale di screening potrà garantire a tutti i neonati gli stessi diritti, a prescindere dalla Regione di nascita. Il report è stato sottoposto alle istituzioni auspicando in un’accelerazione dell’estensione del panel dello screening neonatale esteso.