Il congresso SiHTA ha chiuso una tre giorni come sempre densa di stimoli con un focus sull’HTA nella medicina di prossimità. A tre anni dall’introduzione del DM77/2022 sulla riforma dell’assistenza di prossimità, l’obiettivo della sessione è stato indagare lo stato dell’arte, gli elementi di criticità rispetto al cambio di paradigma che la riforma avrebbe dovuto rappresentare e i risultati di alcune innovazioni organizzative messe in campo.
La svolta: HTA come fattore di sviluppo e innovazione
In apertura, Walter Bergamaschi della Direzione Generale della Programmazione e dell’Edilizia Sanitaria del Ministero della Salute, ha posto la questione centrale: il SSN deve dimostrare di essere un fattore di sviluppo per il Paese e non solo un centro di costo. In tal senso la prevenzione rappresenta un esempio emblematico: «Ogni euro speso in prevenzione ne fa risparmiare tre alla spesa sanitaria pura e 15 alla società».
L’HTA viene identificato come lo strumento abilitante non solo per la valutazione di dispositivi o farmaci, ma soprattutto per l’innovazione dei modelli di servizio. L’obiettivo primario dell’HTA è quindi preservare il carattere universalistico ed equo del SSN, oggi messo costantemente in crisi dalla tensione tra risorse e bisogni crescenti.
L’onere della prova: allargare il perimetro della valutazione economica
La necessità di adottare l’HTA per dimostrare il valore di un intervento in sanità è stata illustrata con un esempio lampante sulla vaccinazione RSV (Virus Respiratorio Sinciziale) nei neonati: a livello di impatto clinico, l’introduzione della vaccinazione (nel confronto tra l’anno 2024-2025 con il precedente 2023-2024) ha mostrato un drastico abbattimento dei ricoveri (da circa 13 mila a meno di 3 mila giornate di degenza) e una riduzione delle morti da 5 a 1; in termini di valore sociale, sebbene il costo diretto dei vaccini fosse superiore al risparmio immediato sui ricoveri (costo 50 milioni, risparmio 27 milioni), Bergamaschi ha sottolineato che l’HTA deve allargare il perimetro della valutazione economica, includendo i risparmi sul post-acuto, le giornate di lavoro risparmiate dai genitori e, soprattutto, il guadagno di salute.
Questa HTA allargata è essenziale per passare da una logica di spesa corrente a una di investimento.
Il modello DM77 e l’induzione consumistica della domanda
Il DM77 che regola la sanità territoriale rappresenta in questo contesto la nuova sfida. È stato evidenziato come l’Italia abbia ridotto con successo l’ospedalizzazione negli ultimi 20 anni, spostando le risposte sul territorio per patologie croniche come diabete e BPCO.
Tuttavia, il modello attuale è in crisi, alimentando un’ “induzione consumistica della domanda” che il sistema non riesce a governare. Si assiste a un aumento annuale del 5% delle prestazioni ambulatoriali, un ritmo insostenibile. La soluzione risiede nel ripensare le cure primarie con una vera capacità di presa in carico e abilitando la domiciliarizzazione gestita a distanza (Telemedicina, Telemonitoraggio, Teleriabilitazione).
Medicina di comunità: integrazione e Smartcare
Gli esempi virtuosi, come l’esperienza di Modena presentata da Mattia Altini, DG Ausl Modena, e della Regione Basilicata, illustrata da Cosimo Latronico, assessore alla Sanità della Regione Basilicata, hanno ribadito che la chiave di successo risiede in una rete multidisciplinare e nel capitale umano.
Le Case di Comunità sono il perno di un riordino complessivo che deve garantire “il luogo giusto al momento giusto” e deviare le attività non urgenti dall’ospedale al territorio. Nel progetto Smartcare di Modena si punta alle AFT dei medici – Aggregazioni Funzionali Territoriali, al riordino dell’Emergenza-Urgenza, all’appropriatezza, per ridurre i consumi pro-capite e concentrare l’offerta dove possibile e ad una maggiore educazione e consapevolezza dei cittadini. Il modello Smartcare si basa sulla prossimità delle cure attraverso una differenziazione dei percorsi tra alta e bassa complessità, consentendo una maggiore qualità della presa in carico e una ottimizzazione delle risorse sanitarie sul territorio.
Al centro della riorganizzazione territoriale anche i medici di medicina generale. L’accordo integrativo con i MMG in Basilicata è un modo per responsabilizzare e garantire la continuità assistenziale. È cruciale che i MMG operino in equipe multidisciplinari e che l’HTA sia usata per misurare il valore e premiare la capacità di risposta, riducendone la variabilità (inaccettabile) tuttora presente.
L’ospedale virtuale e la riprogrammazione
Tra le best practice anche l’ospedale virtuale traslato su una realtà territoriale caratterizzata da invecchiamento e spopolamento come quella dell’astigiano. Il Virtual Hospital, illustrato da Giovanni Gorgoni, DG Asl di Asti, rappresenta una soluzione che, puntando alle strutture già esistenti per un contenimento dei costi, mira a connettere le aree interne per fornire risposte più efficaci al territorio.
I vantaggi attesi, in linea con quanto riportato in letteratura, consistono in una espansione rapida, in migliori esiti clinici e soddisfazione dei pazienti, efficienza e risparmio nonché in cure primarie accessibili. Il modello sperimentale propone l’evoluzione delle 2 COT esistenti in un Virtual Hospital con funzioni centrali di coordinamento del patient journey e di hub digitale per la salute di comunità. Per il modello organizzativo, è in discussione un tavolo tecnico ad hoc.
Infine, la plenaria ha concluso sottolineando l’importanza di governare la spesa impropria e ribadendo che solo attraverso la riprogrammazione e l’HTA è possibile costruire “una comunità che si prenda cura di sé stessa”.


