L’anestesia è una pratica clinica ad alta intensità tecnologica e farmaceutica, ma anche tra le più impattanti in termini ambientali in ambito ospedaliero. Le principali fonti di questo impatto sono l’uso di gas anestetici volatili – come il desflurano, dal potenziale di riscaldamento globale estremamente elevato – e l’alta produzione di rifiuti sanitari derivanti dall’impiego di dispositivi monouso.
A fronte della crescente urgenza di affrontare la crisi climatica anche all’interno dei sistemi sanitari, la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva ha elaborato le prime cinque raccomandazioni sull’Anestesia Green, pubblicate su Choosing Wisely Italy.
Si tratta del primo contributo ufficiale sull’anestesia sostenibile all’interno della rete Choosing Wisely International, che coinvolge 35 Paesi.
Le raccomandazioni, basate su evidenze scientifiche e ispirate al principio delle 5 R (riduzione, riuso, riciclo, raccolta differenziata, recupero), promuovono un approccio clinico efficace e sicuro che tenga conto della responsabilità ambientale. 
Con il divieto europeo del desflurano previsto per il 2026, si accelera un processo di cambiamento che non può fermarsi all’aspetto tecnico, ma deve trasformarsi in un’evoluzione culturale e organizzativa.
Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Roberta Monzani, responsabile dell’Unità Operativa di Anestesia e Day Hospital Chirurgico dell’Ospedale Humanitas di Rozzano (MI), segretaria SIAARTI e tra gli estensori delle 5 raccomandazioni.
Impatto ambientale dell’anestesia
Il settore sanitario è responsabile di circa il 4,4-5% delle emissioni globali di gas serra, con gli ospedali tra le strutture a maggiore impatto energetico e ambientale. Le sale operatorie, sebbene occupino solo il 5-10% dello spazio ospedaliero, possono generare fino al 30% dei rifiuti totali e consumare oltre il 40% dell’energia.
Tra i rifiuti più impattanti figurano i dispositivi monouso in plastica e i materiali contaminati, che richiedono smaltimento speciale ad alta intensità energetica. Specialità come l’anestesia, la chirurgia e la terapia intensiva risultano tra le più coinvolte, sia per il ricorso a farmaci volatili con alto potenziale climalterante sia per l’elevato uso di presidi usa e getta.
«L’anestesia, essendo una pratica clinica ad alta intensità tecnologica e farmaceutica, comporta diverse fonti di impatto ambientale», esordisce Monzani. «Una delle principali è l’uso di gas anestetici volatili, come il desflurano, che ha un potenziale di riscaldamento globale (GWP) oltre 2.500 volte superiore a quello della CO2. Questo significa che l’uso di desflurano in un intervento chirurgico può generare emissioni equivalenti a quelle di un lungo viaggio in auto».

La principale alternativa al desflurano, raccomandata dalla comunità scientifica e dalle società di anestesia, è il sevoflurano, un gas anestetico volatile con il più basso potenziale di riscaldamento globale tra quelli attualmente disponibili.
«Il sevoflurano ha un GWP circa 130 volte quello della CO2, molto inferiore rispetto al desflurano. Pur essendo meno impattante, anche il sevoflurano va usato con attenzione, preferibilmente in circuiti chiusi e a basso flusso per ridurre ulteriormente le emissioni».
Accanto ai gas anestetici, l’anestesia comporta anche un ampio utilizzo di dispositivi monouso, che contribuiscono in modo significativo alla produzione di rifiuti sanitari. Le sale operatorie, in particolare, generano almeno il 25% dei rifiuti ospedalieri complessivi, e una parte consistente (circa un quarto) è riconducibile proprio alle pratiche anestesiologiche.
In questo scenario, l’adozione di materiali riutilizzabili, laddove possibile, e una gestione più efficiente della raccolta differenziata possono incidere concretamente sulla riduzione dell’impatto ambientale.
Un ulteriore fattore critico è rappresentato dal consumo energetico: le apparecchiature per anestesia e le sale operatorie sono ambienti a elevato consumo energetico.
L’introduzione di soluzioni sostenibili, come l’illuminazione a LED o sistemi di spegnimento automatico per i dispositivi inutilizzati, rappresenta una leva concreta per ridurre l’impronta ecologica complessiva dell’anestesia moderna.
Verso un’anestesia più green
Nel contesto di una crescente sensibilità verso l’impatto ambientale delle pratiche sanitarie, la World Federation of Societies of Anaesthesiologists, la European Society of Anaesthesiology and Intensive Care e la SIAARTI hanno elaborato una serie di raccomandazioni finalizzate a rendere l’anestesia più sostenibile dal punto di vista ecologico. Le raccomandazioni, fondate su dati scientifici e sviluppate attraverso un rigoroso processo di revisione, mirano a coniugare efficacia clinica e responsabilità ambientale.
Il documento italiano, promosso da un gruppo di lavoro composto da anestesisti esperti in sostenibilità e da membri del Comitato di Comunicazione 2022-2024, è una risposta concreta all’esigenza, espressa da numerosi professionisti del settore, di orientare la pratica clinica verso scelte più consapevoli.
L’approvazione e la condivisione con il Consiglio Direttivo 2025-2027 ne hanno confermato il valore strategico e la coerenza con gli obiettivi scientifici e istituzionali della società.
Il razionale alla base delle raccomandazioni integra il principio delle 5 con l’analisi dell’impatto ambientale delle pratiche anestesiologiche attualmente in uso, in particolare alla luce dell’imminente divieto europeo del desflurano, che sarà in vigore dal 1° gennaio 2026: da quel momento, questo gas potrà essere usato solo per comprovati motivi medici. Il risultato è un documento articolato, primo nel suo genere a livello internazionale nell’ambito della rete Choosing Wisely International, che coinvolge 35 Paesi.
Le cinque raccomandazioni SIAARTI sull’anestesia green, pubblicate su Choosing Wisely Italy, definiscono gli ambiti prioritari di intervento per favorire una transizione ecologica nelle sale operatorie (vedi riquadro dedicato). L’obiettivo è ambizioso ma chiaro: contribuire, anche attraverso l’anestesia, alla costruzione di un modello sanitario più responsabile, in cui la qualità delle cure si accompagni a una gestione consapevole delle risorse ambientali.
 
            

