Rapporto Agenas-Aiop sugli outcome degli ospedali italiani

Barbara Cittadini, presidente Aiop, e Domenico Mantoan, presidente Agenas

Agenas e Aiop hanno presentato il loro primo “Rapporto sulla qualità degli outcome clinici negli ospedali italiani”, risultato di una collaborazione avviata due anni fa.
Si tratta di un’evoluzione rispetto al rapporto precedentemente prodotto da Aiop perché qui, oltre a mettere a confronto ospedali pubblici e privati, si fa un’analisi di variabilità degli outcome anche all’interno delle due singole categorie, oltre a dare una lettura nazionale e regionale dei dati. Ne è nato un documento più ricco, oggettivo e utile per supportare il miglioramento continuo in sanità.

Come il Piano Nazionale Esiti, del quale è figlio perché ne riprende dati e strumenti, anche questo report non intende stilare una classifica degli ospedali bensì mette in evidenza modelli da seguire e aree da migliorare. Tant’è che gli ospedali con esiti sub-ottimali non vengono nominati.

Efficacia, appropriatezza, equità di accesso e sicurezza delle cure sono i quattro cardini sui quali si basa il documento, calati poi in sette aree cliniche: sistema cardiocircolatorio, sistema nervoso, sistema respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto e sistema osteomuscolare.

Un primo dato interessante è il seguente: nel 2020 tra le strutture sanitarie pubbliche un 10% ha espresso aree cliniche tutte di alta qualità, mentre un 4% solo aree di bassa qualità. Se guardiamo l’ospedalità privata, questi valori diventano rispettivamente del 72% e del 10%, come dire che l’ospedalità privata può esprimere il meglio e il peggio del sistema sanitario.

Più nello specifico delle aree cliniche, le strutture private primeggiano nell’ambito cardiocircolatorio e neurologico rispetto a quelle pubbliche: in entrambi i casi, oltre il 60% delle strutture private coinvolte ha dato esiti di outcome molto alti, contro valori del pubblico inferiori al 50%.
La differenza maggiore si vede, però, in ambito osteoarticolare, dove un 73% delle strutture privare raggiunge gli standard più elevati, contro il 47% delle strutture pubbliche. Differenze evidenti si registrano anche nell’area respiratoria, dove il 56% delle strutture private raggiunge standard di qualità alta/ molto alta, contro il 14% delle strutture di diritto pubblico.

Non solo. Questa è anche l’aria clinica in cui le strutture pubbliche mostrano livelli di aderenza sub-standard alle richieste ministeriali o regionali massimi, pari al 52%. La sola area in cui il pubblico supera nettamente le prestazioni del privato è l’area parto: qui i numeri si invertono, con il pubblico che raggiunge i migliori standard nel 47% dei casi, contro il 24% del privato, senza dimenticare che per quanto riguarda gli standard subottimali, questi sono presenti nel 54% delle strutture private contro il 32% di quelle pubbliche.

Il report non trova, invece, differenze sostanziali tra ospedali pubblici e privati per quanto concerne la chirurgia generale e l’ambito oncologico. Il documento passa poi a una dettagliata analisi regionale che, come sempre, mostra disomogeneità non solo inter-regionale, ma anche e soprattutto intra-regionale.

Durante l’evento di presentazione del report, Domenico Mantoan, presidente AGENAS, ha sottolineato che la carenza di medici non può essere risolta nell’immediato, ma almeno in un paio d’anni. Inoltre, ha messo l’accento su telemedicina e teleconsulto, ambiti di sviluppo necessari per migliorare almeno la presa in carico delle patologie croniche.

Barbara Cittadini, presidente di AIOP, ha sottolineato: «l’aspetto più importante che emerge da questo studio è la volontà di costruire un sistema di formazione degli operatori sanitari che accresca le prestazioni cliniche del sistema nazionale nella sua globalità. L’obiettivo è garantire ai cittadini prestazioni di qualità in ambito sia privato sia pubblico».

L’ottica è, infatti, sempre più quella della collaborazione tra le due tipologie di enti, anche per facilitare la riduzione delle liste d’attesa e dare risposta alle esigenze di salute delle persone.

Stefania Somaré