Acquisti in sanità, dati dall’Osservatorio MaSan

L’Osservatorio sul Management degli Acquisti e Contratti in Sanità – MaSan di Cergas – SDA Bocconi è un luogo di incontro e confronto indipendente tra attori pubblici e privati dello scenario sanitario che cerca di mettere a fattor comune le esperienze premianti e proporre soluzioni finalizzate a efficientare, anche in chiave innovativa, gli acquisti in sanità. Altresì, grazie a un attento lavoro di ricerca, si pone come obiettivo generare evidenze e raccomandazioni di management e policy per favorire la transizione da un modello di procurement operativo a un modello di procurement strategico.

L’Osservatorio 2024

Lo scorso 28 febbraio sono stati presentati i dati dell’Osservatorio 2024, che vanta ormai due trienni di ricerca ed esperienza accumulata anche grazie al confronto con altre realtà sanitarie.

La giornata si è articolata attraverso tre sessioni che hanno affrontato tre macro-temi: il procurement sanitario; le performance dei processi di centralizzazione; il procurement sostenibile.

Centralità dei temi e mutato scenario demografico

Si tratta di temi centrali, è stato ricordato in apertura, anche alla luce dello scenario demografico italiano caratterizzato ormai da un numero di decessi annui che è quasi il doppio rispetto al numero di nascite (700 mila vs 400 mila).

Ad oggi sono 37,7 milioni gli italiani che potrebbero lavorare, ma solo 23 quelli effettivamente impiegati a fronte di 13 milioni di pensionati, con un rapporto di 1,6 lavoratori per pensionato. Nel volgere di pochi anni, (2050), le stime prevedono 20,9 milioni di soggetti in età da lavoro a fronte di 19 milioni di pensionati, con un rapporto quasi di 1:1 tra i due gruppi che andrà a determinare problemi di sostenibilità economica, politica e sociale.

Problemi di sostenibilità economica, politica, sociale

Ancora, tra il 2021 e il 2025 la spesa per le pensioni crescerà di 69 miliardi di euro che, con l’inflazione toccheranno i 79 miliardi di euro. Al contempo, la spesa sanitaria, che ad oggi rappresenta il 6,9% del PIL, andrà a ridursi al 6,15% nel 2025 e al 5,97% nel 2026. Basti pensare in tal senso che il Paese più simile al nostro, il Regno Unito, ha una spesa sanitaria pari al 9% del prodotto interno lordo.

A livello di Sistema Sanitario Nazionale, su cui già pesa la penuria di risorse a fronte dei crescenti bisogni di una popolazione che invecchia, lo scenario è il seguente: 1/3 della popolazione attende fiduciosa visite ed esami; 1/3 paga di tasca propria ricorrendo al privato, 1/3 si arrende, con la conseguente rinuncia alle cure. Basti pensare che già oggi infatti il 50% delle visite specialistiche e il 30% degli accertamenti diagnostici sono a pagamento.

A ciò si aggiungono le difficoltà rappresentate dalla carenza di personale sanitario: siamo tra i primi paesi al mondo per numero di medici, ma rischiamo in breve di non avere più infermieri dal momento che ogni anno sono 14 mila coloro che escono dal sistema per il pensionamento a fronte di sole 10 mila nuove immissioni.

In questo scenario la centralizzazione degli acquisti in un settore così cruciale come quello sanitario può essere una leva strategica alla razionalizzazione e al contenimento della spesa.

A 10 anni dall’introduzione dei soggetti aggregatori: stato dell’arte e prospettive

A quasi 10 anni dal decreto-legge che ha istituito i soggetti aggregatori – n. 66 del 24.4.2014 – e quindi l’obbligatorietà di acquisti centralizzati per alcune categorie merceologiche, appare indispensabile tracciare un bilancio anche in considerazione che i low hanging fruits, cioè i frutti più facili da raccogliere, sono esauriti e servono nuovi stimoli e nuove direttrici per il futuro.

La centralizzazione degli acquisti nel 2022 ha interessato il 75% di tutti gli acquisti a livello nazionale, con importanti differenze di carattere regionale, ma seguendo un complessivo trend di crescita. A questo risultato contribuisce sia un buon presidio delle categorie merceologiche obbligatorie, raggiunto perseguendo un miglioramento progressivo dei tempi medi di aggiudicazione delle gare – dagli oltre 300 giorni registrati nel 2017 si è scesi a meno di 100 nel 2022 –, unitamente a una maggiore capacità di portare ad aggiudicazione le gare, che ormai si assesta tra il 60% e il 70%.

L’analisi condotta ha evidenziato altresì che le Regioni che hanno saputo centralizzare di più sono state in grado di contenere di più l’aumento della spesa, che comunque si è verificato per molteplici ragioni, non ultimo l’innovazione crescente.

La centralizzazione degli acquisti e gli effetti nelle diverse categorie merceologiche

Andando però ad approfondire l’andamento delle diverse categorie merceologiche, si evidenziano trend differenti. I farmaci, per i quali il processo di centralizzazione è stato più intenso, evidenziano una complessiva stabilità di spesa a partire dal 2016, stante l’aumento dei consumi e l’acquisto di molecole più costose.

Al contrario, il mondo dei dispositivi medici mostra dinamiche caratterizzate da una accelerazione della spesa legata probabilmente alla pandemia oltre al fatto che il comparto include una grande varietà di prodotti. Ancora, i servizi alberghieri hanno sperimentato un calo marcato a seguito della centralizzazione della spesa, venuto però meno con la pandemia.

Alla luce dell’analisi e di uno scenario nazionale radicalmente modificato con riguardo alla sanità e ai suoi crescenti bisogni, le centrali di acquisto, dovrebbero assumere un nuovo ruolo anche come braccio strategico della programmazione di medio periodo, elemento quest’ultimo che consentirebbe anche il perseguimento di obiettivi di sostenibilità. Altresì andrebbero definiti nuovi obiettivi, standard, metriche e benchmarking e misurate le performance attraverso indicatori chiave.