Autonomia differenziata, cosa non torna secondo Salutequità

Tonino Aceti

Tonino Aceti, presidente di Salutequità, si è espresso in merito al ddl sull’autonomia differenziata, il cui testo è stato approvato dal Consiglio dei Ministri ed è in attesa di essere discusso in Parlamento.
Secondo Aceti si tratta di uno schema di legge che rischia di impattare negativamente su equità di accesso e diritti, già più volte evidenziati come carenti. Di equità, uguaglianza, disuguaglianze, controllo, verifica, coinvolgimento, partecipazione, concertazione non si parla nel testo. Un altro aspetto critico è la subordinazione della stessa autonomia differenziata ai Livelli Essenziali delle Prestazioni e qualora siano necessari nuovi oneri, allo stanziamento dei finanziamenti pubblici.
Questo meccanismo, fa notare Aceti, non è adeguato e rischia di lasciare i LEP sulla carta, come già succede per i LEA, introdotti da molto più tempo, senza riuscire a scardinare le disegaglianze nel Paese.

Semmai, l’autonomia differenziata dovrebbe dipendere da: «individuazione dei criteri di riparto del finanziamento dei LEP che guardino all’equità e alle caratteristiche specifiche delle Regioni; definizione e approvazione di un Sistema di Garanzia dei LEP all’altezza, che permetta al livello centrale di verificare concretamente, tempestivamente e in modo dinamico e puntuale la loro effettiva ed equa erogazione nelle Regioni; verifica positiva della garanzia dei LEP; definizione, finanziamento, approvazione e verifica degli standard nazionali di personale, tecnologici, organizzativi e infrastrutturali che dovranno concretamente sostenere i LEP».

Non solo. Il documento non individua le tempistiche per la determinzione dei LEP, né tantomeno include nel percorso gli stakeholder: ciò, unito alla lunghezza del meccanismo ideato, rende quasi impossibile adeguare i LEP ai rapidi cambi di bisogni dei cittadini.

La verifica dei LEP è, poi facoltativa… e non c’è alcun legame tra adempimento dei LEP e accordo dell’autonomia differenziata. Insomma, ci sono molte falle, tra le quali anche il ruolo marginale del Parlamento, che non ha molto potere su questo DDL, e l’indebolimento dello Stato, al quale non viene dato ruolo di regia, monitoraggio e così via.

Si prevede un rafforzamento solo delle Regioni. Il testo dice, infatti, che lo Stato potrà solo “promuovere”, e non anche “assicurare”, l’esercizio effettivo dei diritti civili e sociali, così da rimuovere gli squilibri economici e sociali anche nei territori delle Regioni che non concludono l’intesa sull’autonomia differenziata.

Ultimo punto critico è quello dei diritti dei cittadini, che invece dovrebbero essere, secondo Salutequità, il punto di partenza di tutto il ragionamento, come già indicato dalla stessa Corte dei Conti nel 2021: «Nel rapporto tra principio dell’equilibrio del bilancio e tutela dei diritti costituzionali, la Corte costituzionale ha precisato l’ordine di priorità̀ ritenendo necessario, dapprima individuare gli interventi di attuazione dei diritti, di seguito, e di conseguenza, decidere la composizione del bilancio (sentenza n. 275 del 2016)». Una logica che sembra assente nel testo di DDL in approvazione.