Chiamati a rispondere di falso materiale e falso ideologico, per omissione e incompletezze delle dovute indicazioni nel registro operatorio, alcuni medici vengono condannati. A seguito di ricorso la Corte di Cassazione Penale, Sezione V con la sentenza n. 23732 del 31 maggio 2013, nel rigettare i ricorsi ha premesso che in relazione alla fattispecie in esame, era da escludersi ogni atteggiamento di buona fede negli imputati ricorrenti, e ogni «rilevanza al fatto che, solo con una determinata circolare, l’azienda ospedaliera avesse raccomandato al personale medico che ogni successiva correzione del registro ospedaliero fosse effettuata con annotazione a margine della data e dell’autore della stessa modifica» e precisato che «per la loro qualità di operatori di collaudata esperienza, ben consapevoli della valenza probatoria e attestativa del registro operatorio, i ricorrenti erano di certo avvertiti dell’immodificabilità delle relative attestazioni e che ogni successivo intervento di correzione avrebbe dovuto essere effettuato con modalità di trasparenza e non già in forma surrettizia. Era del resto regola ordinaria di esperienza e di radicata prassi amministrativa, al di là di qualsivoglia formale consacrazione (pur successivamente intervenuta), che la correzione di un atto formale, dotato di valenza fidefacente, avrebbe dovuto essere effettuata con modalità tali da consentirne l’agevole individuabilità e la riferibilità al suo autore».