L’obbligatorietà della vaccinazione nell’ordinamento italiano e comunitario

In un’epoca caratterizzata dalla pandemia la presente trattazione si propone l’obiettivo di esporre gli orientamenti consolidati nell’ordinamento italiano e comunitario in tema di “obbligatorietà” delle vaccinazioni.

La Corte Europea dei Diritti Umani ha in più occasioni affermato che “la vaccinazione obbligatoria, in quanto intervento medico involontario, rappresenta un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell’art. 8 della Convenzione.” (CEDU) (8) “Per determinare se tale interferenza possa costituire una violazione dell’art. 8 CEDU, la Corte EDU ritiene necessario verificare se si tratti di un’interferenza “giustificata” ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, ovvero se risulti “conforme alla legge”, se persegua una o più finalità legittime tra quelle ivi specificate e se costituisca un’imposizione “necessaria in una società democratica”. (8)

In primo luogo, l’ingerenza contestata deve rinvenire un fondamento nel diritto interno, mediante previsioni legislative adeguatamente accessibili e formulate in modo tale da consentire ai consociati di prevedere ragionevolmente le conseguenze della propria condotta.

…Per quanto riguarda le finalità perseguite dall’obbligo di vaccinazione, l’obiettivo della normativa di riferimento è quello di proteggere la collettività dalle malattie che possono arrecare un grave rischio per la salute.
Tale esigenza riguarda sia coloro che ricevono le vaccinazioni in questione, sia coloro che non possono essere vaccinati e si trovano in uno stato di vulnerabilità.
Tale obiettivo corrisponde alle finalità di tutelare la salute e i diritti dei cittadini e rinviene pieno riconoscimento anche nell’art. 8 della Convenzione.

In merito all’ultimo requisito, l’ingerenza in questione potrà essere considerata “necessaria in una società democratica” per il raggiungimento di uno scopo legittimo se risponde a un’“urgente necessità sociale” e, in particolare, se le ragioni addotte dalle autorità nazionali per giustificarla sono pertinenti, sufficienti e proporzionate allo scopo legittimo perseguito”. (8)
Stanti i suddetti presupposti, “in presenza di una campagna vaccinale, è naturale che si sviluppi negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie.” (1)
Conseguentemente è necessaria “la traslazione in capo alla collettività, favorita dalle scelte individuali, degli effetti dannosi che da queste eventualmente conseguano” (1).

Da ciò deriva il diritto all’indennizzo del singolo: “la ragione che fonda il diritto all’indennizzo del singolo riposa su un dovere di solidarietà, laddove le conseguenze negative per l’integrità psicofisica derivino da un trattamento sanitario, obbligatorio o raccomandato che sia”. (1)

“In difetto di una prestazione indennitaria, infatti, graverebbero solo sul danneggiato le conseguenze negative di un trattamento sanitario effettuato non solo nel suo interesse, bensì anche e soprattutto nell’interesse dell’intera collettività, in rapporto al carattere di pandemia del virus, che incide, non solo, sul diritto alla salute ma anche sui costi della sanità pubblica; al contempo, si verificherebbe una differenziazione di trattamento tra coloro che hanno subito una vaccinazione per obbligo di legge e coloro che vi si sono sottoposti aderendo all’appello alla collaborazione ad un programma sanitario pubblico, riservando a questi ultimi un trattamento deteriore”. (12)

A tale scopo è opportuno tener presente che “nell’orizzonte epistemico della pratica medico-sanitaria, la distanza tra raccomandazione e obbligo è assai minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici.” (3)
Il legislatore ha la discrezionalità “nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantirne l’effettività”. (3)

“Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte, e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore”. (3)

“L’art. 117, terzo comma, Cost., riserva allo Stato il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili” (4) e dunque “la vaccinazione obbligatoria è tematica riservata alla competenza statale.

Il confine tra terapie ammesse e non ammesse, o meglio tra trattamenti obbligatori e non obbligatori (oppure raccomandati, come nel caso dei vaccini), rientra tra i principi fondamentali della materia “tutela della salute” e deve dunque essere stabilito dallo Stato.

Ciò anche allo scopo di garantire misure omogenee su tutto il territorio nazionale.
La scelta tra obbligo e raccomandazione ai fini della somministrazione del vaccino costituisce in particolare il punto di equilibrio, in termini di bilanciamento tra valori parimenti tutelati dalla Costituzione (nonché sulla base dei dati e delle conoscenze scientifiche disponibili), tra autodeterminazione del singolo da un lato (rispetto della propria integrità psicofisica) e tutela della salute (individuale e collettiva) dall’altro lato.
Tali operazioni di bilanciamento vanno pertanto riservate allo Stato”. (11)

“In ambito medico,” invece, “raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo”. (1)
“Obbligo o raccomandazione vanno sempre contestualizzati: così, in linea generale, a un’elevata copertura vaccinale si accompagna tendenzialmente un modello improntato alla raccomandazione, mentre coperture sempre più basse possono indurre a optare per l’obbligatorietà”. (15)

Di conseguenza la natura anche solo raccomandata della vaccinazione consente “il diritto all’indennizzo in capo ai soggetti che lamentino, quale sua conseguenza, lesioni o infermità di carattere irreversibile”. (1)
“Quel che conta è l’affidamento che il singolo, a rischio o no, ripone nella raccomandazione delle autorità sanitarie” e che “eventuali vincoli di ordine finanziario non giustificano l’esonero dall’obbligo d’indennizzo, in presenza delle condizioni previste dalla legge”.
“È l’interesse collettivo alla salute la ragione determinante del diritto all’indennizzo e non già l’obbligatorietà in quanto tale del trattamento, che è semplicemente strumento per il perseguimento di tale interesse”. (10)

Ad ogni modo è necessario precisare che “la previsione del diritto all’indennizzo – in conseguenza di patologie in rapporto causale con una vaccinazione obbligatoria o raccomandata – non deriva affatto da valutazioni negative sul grado di affidabilità medico-scientifica della somministrazione di vaccini.

Al contrario, tale previsione completa il “patto di solidarietà” (art. 2 Cost.) “tra individuo e collettività in tema di tutela della salute e rende più serio e affidabile ogni programma sanitario volto alla diffusione dei trattamenti vaccinali, al fine della più ampia copertura della popolazione”. (1)

“Al verificarsi di eventi avversi e di complicanze di tipo permanente a causa di vaccinazioni effettuate nei limiti e secondo le forme di cui alle previste procedure, deve essere, per l’appunto, la collettività ad accollarsi l’onere del pregiudizio individuale piuttosto che non i singoli danneggiati a sopportare il costo del beneficio collettivo”. (9)
L’attuazione dei citati principi è stata estesa a tal punto che “l’art. 42, comma 2, del d.l. n. 18/2020 Cura Italia (conv. dalla l. n. 27/2020), ha, tra l’altro, riconosciuto che l’infezione da coronavirus, quando avvenuta in «occasione di lavoro», costituisce un infortunio sul lavoro protetto dall’INAIL, per cui l’Istituto assicuratore è obbligato a erogare le tipiche prestazioni dovute ai lavoratori protetti dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali … anche in caso di rifiuto da parte del sanitario di vaccinarsi.

La tutela assicurativa è così intensa da operare anche indipendentemente dall’eventuale inadempimento dell’obbligo assicurativo da parte del soggetto assicurante.
L’art. 67 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, stabilisce che gli assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto agli obblighi stabiliti nel presente titolo (principio di automaticità delle prestazioni).
In sintesi, l’assicurazione gestita dall’INAIL ha la finalità di proteggere il lavoratore da ogni infortunio sul lavoro, anche da quelli derivanti da colpa, e di garantirgli i mezzi adeguati al conseguente stato di bisogno”. (15)

In via preventiva e antecedente la vaccinazione le suesposte considerazioni comportano anche che “il dovere di tutelare la salute … non può risolversi nella negazione, per propria convinzione, dell’esistenza dell’obbligo, o nel timore generico di un pregiudizio …, ma deve concretarsi nella prospettazione di specifiche ragioni che nel singolo caso rendono la vaccinazione pericolosa e nella dimostrazione di particolari controindicazioni, desunte dalla salute fisica del soggetto da vaccinare, o quanto meno di fatti concreti che siano comunque tali da giustificare l’erronea persuasione di un pericolo ….”. (16)

Quindi, per esempio, “il genitore che intende tutelare la salute del minore non può semplicemente contrastare – per propria convinzione o per ignoranza – l’obbligo stabilito dalla legge, ma deve indicare le ragioni specifiche che rendono, nel proprio caso, sconsigliata o pericolosa la vaccinazione e allegare la prova, da un lato, della sussistenza, quantomeno fondatamente putativa, di specifiche controindicazioni e, dall’altro, dell’indifferenza della struttura sanitaria in occasione del contatto”. (17)

Dunque, “la menomazione della salute conseguente a trattamenti sanitari, oltre al risarcimento del danno in base alla previsione dell’art. 2043 cod. civ., può determinare il diritto a un equo indennizzo, in forza degli artt. 32 e 2 Cost., qualora il danno, non derivante da fatto illecito, sia conseguenza dell’adempimento di un obbligo legale (come, per esempio, la sottoposizione a una vaccinazione obbligatoria), o di un trattamento, pur non obbligatorio, ma promosso dalle autorità sanitarie in vista della sua diffusione capillare nella società anche nell’interesse pubblico (laddove, per esempio, la menomazione consegua alla sottoposizione a una vaccinazione raccomandata).

In ulteriori e differenti ipotesi, la menomazione della salute – non provocata da responsabilità delle autorità sanitarie, né conseguente all’adempimento di obblighi legali o alla spontanea adesione a raccomandazioni di quelle stesse autorità – può comportare il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a norma degli artt. 2 e 38, secondo comma, Cost., a misure di natura assistenziale, disposte dal legislatore nell’ambito della propria discrezionalità.

In tali casi, le scelte discrezionali che il legislatore può compiere – nell’esercizio dei suoi poteri di apprezzamento della qualità, della misura, della gradualità e dei modi di erogazione delle provvidenze da adottare, in relazione a tutti gli elementi di natura costituzionale in gioco, compresi quelli finanziari – non devono essere affette da palese arbitrarietà o irrazionalità, e in particolare non devono comportare una lesione, oltre che del nucleo minimo della garanzia, anche della parità di trattamento tra i destinatari”. (2)

“Il diritto all’indennizzo per le menomazioni irreversibili conseguenti a vaccinazione … si colloca pertanto su un piano diverso dal risarcimento del danno, poiché – a differenza di questo – non presuppone l’accertamento di un fatto illecito e l’individuazione del responsabile, bensì sorge, a prescindere dalla colpa, in presenza del solo accertamento del nesso causale tra vaccino e menomazione permanente, costituendo perciò un’autonoma misura economica di sostegno, di natura indennitaria ed equitativa, in caso di danno alla salute, che consente agli interessati una protezione certa nell’an e nel quantum”. (5)

Per conseguire il suddetto indennizzo “la sussistenza del nesso causale tra la somministrazione vaccinale e il verificarsi del danno alla salute deve essere valutata secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica ispirato al principio del “più probabile che non”, da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (cd. probabilità quantitativa), ma riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica)”. (6)

Non basta, dunque, sostenere una “relazione di mera possibilità” o dedurre “l’inefficacia del vaccino somministrato” (7) ma è necessaria la “rilevante probabilità scientifica” tra la patologia e la vaccinazione.

“Il diritto all’indennizzo avente natura assistenziale, è cumulabile con il diritto al risarcimento dei danni nei confronti degli eventuali responsabili.” (14)
Inoltre “ai fini dell’accertamento della responsabilità” in capo a determinati soggetti ex art. 2043 c.c., “una volta dimostrato che il danno si sia verificato in conseguenza della vaccinazione” “il giudice di merito è tenuto a verificare se la pericolosità di quel vaccino fosse o meno nota all’epoca dei fatti e se sussistessero, alla stregua delle conoscenze di quel momento, ragioni di precauzione tali da vietare quel tipo di vaccinazione o da consentirla solo con modalità idonee a limitare i rischi ad essa connessi.” (13)

Dagli orientamenti sopraesposti si può rilevare la tendenza a fornire piena tutela ai soggetti che, essendosi sottoposti a vaccinazione in nome del principio solidaristico di cui all’art. 2 della Costituzione della Repubblica Italiana, abbiano subito conseguenze dannose a essa riconducibili, a prescindere da qualunque scelta apparentemente limitativa del legislatore in materia.

In conclusione, “l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività” e “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost., laddove il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”. (18)

Bibliografia

  1. Corte Cost. n. 118 del 26/5/2020
  2. Corte Cost. n. 55 del 5/2/2019
  3. Corte Cost. n. 5 del 21/11/2017
  4. Corte Cost. 137 del 16/4/2019
  5. Corte Cost. 268 del 22/11/2017
  6. Cass. Civ. Sez. L, Ordinanza n. 2474 del 3/2/2021
  7. Cass. Civ. sez. 6, Ordinanza n. 6266 del 18/3/2014
  8. CEDU Provv. Del 8/4/2021 Ricorso n. 47621/13
  9. Corte Costituzionale n. 107 del 26/4/2012
  10. Corte Costituzionale n. 226 del 22/6/2000
  11. T.A.R. Lazio sez. III – Roma, 2/10/2020, n. 10047
  12. Corte appello – Milano, 20/7/2016, n. 252
  13. Cassazione civile sez. III – 27/4/2011, n. 9406
  14. Tribunale – Ravenna, 20/12/2006
  15. Paola Frati, Risvolti etici e medico-legali nella vaccinazione anti Covid-19 nei pazienti delle RSA, Responsabilità Civile e Previdenza, fasc.3, 1/3/2021, pag. 590
  16. Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 14384 del 8/7/2005
  17. Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 11226 del 18/7/2003
  18. Corte. Cost. 5/2018

avv. Romilde Attingenti
Società Italiana di Tecnica Ospedaliera