Condotta del medico e danno al paziente

La Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, con la sentenza n. 9290 dell’8 giugno 2012, ha chiarito che «il nesso causale tra condotta del medico e danno si presume, quando il sanitario abbia tenuto una condotta astrattamente idonea a causare il danno, anche in assenza di certezze circa l’effettiva eziogenesi dell’evento dannoso, incombendo sul medico l’onere di provare, se vuole andare esente da responsabilità, che il danno è dipeso da un fattore eccezionale e imprevedibile». Il principio riportato è stato espresso in relazione a una fattispecie, in cui un paziente conveniva in giudizio due medici e l’azienda ospedaliera per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni (circa un milione di euro), causalmente ricondotti alla fase della medicazione di una ferita cranica, dovuta a un pregresso intervento chirurgico di cranioctomia nell’ambito di patologie in atto. In particolare, i danni consistevano nella paralisi dell’emisoma sinistro, quale aggravamento dello stato di malattia preesistente. Secondo parte attrice, la condotta lesiva dei medici consisteva nell’aver fatto penetrare aria negli spazi subaracnoidei, iniettando acqua ossigenata attraverso l’ago di una siringa, così determinando un pneumaencefalo e la lesione emorragica cerebrale.