A oltre due anni dall’inizio della pandemia è possibile iniziare a valutare in modo oggettivo e misurato l’impatto del Covid-19 sul sistema ospedaliero. A fare un quadro dettagliato della situazione, mettendo a confronto il 2020 con il triennio precedente, ci pensano Agenas e Istat con il rapporto “Impatto dell’epidemia Covid-19 sul sistema ospedaliero italiano. Anno 2020”.
Il numero di ricoveri registrato in Italia nel 2020 ha subito una notevole contrazione rispetto alla media del triennio 2017-2019, pari al -22%, a testimonianza del fatto che il sistema si è dovuto concentrare prevalentemente sul Covid-19 rimandando i ricoveri differibili.
A risentire maggiormente della diminuzione sono stati i ricoveri per malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (-29.5%), quelli delle malattie digestive (-27.2%) e quelli delle patologie uro-genitali (-25.2%).
Minore l’impatto su altri ambiti, come i traumatismi (-17,3%), i tumori (-14,5%), la gravidanza e il parto (-11,7%). Ma quanti sono stati i ricoveri per Covid-19 nel 2020? 286.530, pari a livello nazionale al 5.5 di tutti i ricoveri effettuati.
Un valore il cui impatto cambia se lo si guarda più da vicino: come sappiamo, il Covid-19 tende a muoversi per picchi infettivi e quindi la maggioranza di questi ricoveri si concentra in due periodi: marzo-aprile, con il 18% del totale, e ottobre-novembre, con il 15.2%.
Occorre, inoltre, fare delle considerazioni geografiche: la prima ondata epidemica ha infatti colpito soprattutto il Nord Ovest del Paese, con Lombardia e Veneto in primo piano. Ecco allora che, in quest’area, sale al 43% la quota dei ricoveri per Covid-19 effettuati tra marzo e aprile, percentuale che scende al 22.9% nei mesi di ottobre e novembre. Di pari passo a questa situazione, si osserva anche un aumento della complessità media dei ricoveri, sempre più legati a situazioni urgenti: il peso medio calcolato a partire dai Drg è passato da una media di 1.11 nel triennio 2017-2019 a 1.19 per il 2020. Maggiore complessità porta con sé anche un’allungamento del tempo di ricovero, che effettivamente passa, per la degenza ordinaria, da 8.2 del triennio precedente a 8.6. Anche in questo caso, se si guarda al Nord-Ovest si parla di 9.5 giorni.
Se si pensa al solo Covid-19, il Nord è riuscito a tenere una media di 13.6 giorni di ricovero per paziente, mentre per le Isole si sale a 16.6. Il 12.3% dei ricoverati per Covid-19 è transitato in Terapia Intensiva, mentre la media per i ricoveri ordinari non-Covid è del 7.5%: 35.000 pazienti che hanno richiesto di un’assistenza a elevata intensità di cura.
Molti di questi erano ultra 65enni, per i quali il tasso di ricovero è stato nel 2020 di 133,3/10mila abitanti, contro il 48/10mila di media: circa il 30% di questi pazienti è morto in ospedale… gli altri sono stati dimessi, ma solo nel 40% dei casi a domicilio, contro una media generale del 52%.
Altrettanto interessante osservare che il 21.5% dei soggetti ricoverati per Covid-19 nel 2020 hanno necessitato di ulteriori ricoveri nei mesi successivi, spesso per una reinfezione da Covid-19 (43%), oppure per altre patologie respiratorie (17%), tra le quali alcune polmoniti non specificate.
Il Rapporto conferma che alcune patologie sembrano favorire manifestazioni gravi del Covid-19, in particolare ipertensione, diabete, sovrappeso e obesità, ma anche malattie del sistema respiratorio, demenza e Alzheimer. Inoltre, è evidente come gli uomini siano stati colpiti in modo più aggressivo dal Sars-CoV-2, ricorrendo più spesso delle donne al ricovero, tranne che nella fascia di età fertile nel quale l’accesso all’ospedale per gravidanza e parto ha invertito la situazione. In generale, nel Nord-Ovest si è osservato un tasso di ricovero pari a 100.5/10mila abitanti tra i maschi e a 65.6/10 mila abitanti tra le donne, anche sulle Isole c’è una forte discrepanza tra i due valori, rispettivamente di 23.3 e 15.9.
Stefania Somaré