Cronicità, il rapporto annuale di Cittadinanzattiva

Definita come una pandemia, la cronicità è al centro delle agende di politica sanitaria di tutto il mondo. Anche in Italia se ne parla molto e in più Regioni ci sono programmi ad hoc, realizzati per gestire le malattie croniche sul territorio riducendo le fasi acute, che interessano invece gli ospedali. Ma quanto di ciò che è scritto e pensato è diventato reale e concreto? E qual è la percezione dei cittadini?

Come sempre, quando si tratta di guardare alla Sanità dalla parte del popolo, entra in gioco Cittadinanzattiva che ha presentato il suo XIX Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità, i cui dati sono ovviamente influenzati dall’altra pandemia che stiamo vivendo, quella da Sars-CoV-2.

Alla base del documento, due survey: uno rivolto ai presidenti aderenti al Coordinamento delle Associazioni dei Malati Cronici (64) e l’altro ai pazienti cronici e rari (2990). I questionari sono stati inviati da settembre a ottobre 2021. Vediamo la fotografia emersa. Partiamo dagli aspetti positivi.

Il primo: secondo il 58% delle Associazioni, che hanno partecipato, la pandemia ha senza dubbio dato impulso ai sistemi di telemedicina.
Il secondo: vi è stato un rafforzamento del ruolo del Terzo Settore, con attivazione o ampliamento di spazi e strumenti di informazione per i propri associati. E finisce qui… Per il resto, il Rapporto mette in evidenza una serie di criticità già esistenti prima dell’arrivo del Covid-19, ma in parte peggiorate.

L’accesso alle cure sembra per esempio essere ancora difficoltoso per molti cittadini: secondo il 52,4% dei partecipanti, infatti, le difficoltà sono aumentate, mentre per il 6,2% sono addirittura peggiorate. Per gli altri la situazione è restata invariata al pre-Covid. I problemi esistono soprattutto per le visite specialistiche, dato che molti ambulatori sono ancora chiusi e comunque ci sono lunghe liste d’attesa: lo segnala il 40,5% dei partecipanti…

Simile la situazione per le prestazioni diagnostiche, in ritardo per il 36,5% e anche per i ricoveri, come segnalato dal 39,9% dei rispondenti. Penso che ognuno di noi abbia sperimentato questa difficoltà negli ultimi mesi, soprattutto se impossibilitato a spendere di tasca propria per visite private.

In quel caso, infatti, gli appuntamenti si trovano e anche con una certa facilità, come dimostrano gli stessi dati del Rapporto: oltre il 40% dei rispondenti paga visite specialistiche in regime privato o intramurario e il 36% fa lo stesso per gli esami diagnostici.

Non solo. I pazienti cronici o con patologia rara sono abituati a spendere di tasca propria anche per l’acquisto di parafarmaci e integratori non rimborsati e per la prevenzione terziaria. Aumentano inoltre, dal 26,4% al 34,5%, i soggetti convinti che sia calata l’attenzione al dolore collegato alla propria malattia, ma non solo.

Difficoltà sono state denunciate anche per l’ottenimento dell’invalidità o handicap (48,8%) e per ottenere l’assistenza domiciliare integrata (ADI) (34,3%) in questo contesto, inoltre, il 71% dei partecipanti pensa che la situazione sia peggiorata durante la pandemia, con mancanza di figure specializzate e sospensioni improvvise.

Un problema di non poco conto, dal momento che chi richiede un’ADI è in seria difficoltà. Altro dato a non essere cambiato riguarda le differenze esistenti sul territorio nazionale e anche a livello regionale: secondo il 47,7% delle associazioni non ci sarebbero registri di patologia ovunque e mancherebbero anche PDTA specifici.

Infine, il Rapporto mette in evidenza anche carenze nell’assistenza protesica e integrativa, in netto peggioramento almeno per il 70,8% dei partecipanti.

Ultimo, ma non in ordine di importanza, anche i caregiver hanno le loro difficoltà e vorrebbero avere maggior riconoscimento da parte delle Istituzioni e dover affrontare meno cavilli burocratici.

Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, conclude: «le risorse che stanno arrivando con il PNRR sono preziose ma vanno accompagnate con misure che ne consentano solidità strutturale anche dopo il 2025, a cominciare da un adeguato potenziamento del personale sanitario, e con la realizzazione di quelli che da tempo sono strumenti prioritari ma ancora non attuati appieno per rispondere alle esigenze dei malati cronici e rari».

Stefania Somaré