Dai mammografi alle Tac, apparecchiature sempre più vecchie

Negli ospedali italiani le apparecchiature diagnostiche obsolete sono quasi 37 mila. Tra le più vecchie, con un’età superiore ai dieci anni, si annoverano il 92% dei mammografi convenzionali, il 96% delle Tac (con meno di 16 strati), il 91% dei sistemi radiografici fissi, l’80,8% delle unità mobili radiografiche, il 30,5% delle risonanze magnetiche chiuse (1-1,5 tesla).

A fotografare lo stato delle tecnologie nelle strutture sanitarie pubbliche e private sono i nuovi dati, riferiti al 2021, dell’Osservatorio Parco Installato di Confindustria Dispositivi Medici, con cui hanno collaborato la Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica e l’Associazione Italiana Ingegneri Clinici.

Mammografi

I mammografi considerati nello studio sono 2.039, di cui il 33,4% convenzionali e il 66,6% digitali. Per quanto riguarda la localizzazione geografica, il 40,1% delle apparecchiature si trova nel Nord Italia, il 22,6% al Centro, il 37,3% al Sud e nelle Isole. Considerando l’anno di installazione, l’età media di questi dispositivi risulta di 16,9 anni per quelli convenzionali e di 4,8 per quelli digitali.

Per un sistema mammografico, si ipotizza che il periodo medio di aggiornamento della tecnologia da parte dell’industria sia di sei anni nel caso di apparecchiature convenzionali e di cinque nel caso di apparecchiature digitali.
Secondo queste ipotesi, i mammografi convenzionali risulterebbero nel 95,2% dei casi fuori dal periodo di aggiornamento, mentre i mammografi digitali rientrerebbero, mediamente, in tale periodo.

Risonanza magnetica

Nell’indagine sono stati considerati 1.179 sistemi di RM chiusi, di cui il 91,3% con basso campo magnetico (1-1,5 tesla) e l’8,7% con alto campo magnetico (3 tesla e oltre). Questi dispositivi sono distribuiti per il 44% nel Nord Italia, per il 22,6% al Centro, per il 33,4% al Sud e nelle Isole.

L’età media risulta pari a 7,4 anni per i macchinari a basso campo (nel 2019 era 7 anni) e a 5,3 anni per quelli ad alto campo (nel 2019 era 5,1 anni).
Ipotizzando un periodo medio di aggiornamento della tecnologia da parte dell’industria di cinque anni, il 53,6% dei dispositivi si colloca oltre tale periodo.

Tomografia computerizzata

Nel 2021, rispetto al 2019, si registra la diminuzione delle Tac con un minore numero di strati sostituite da apparecchiature con un numero di strati superiore.
In particolare, il 6,8% dei dispositivi risulta avere meno di 16 strati (nel 2019 era il 25,1%), il 79,3% un numero di strati compreso tra 16 e 64 (nel 2019 era il 62,8%), il 13,9% oltre 64 strati (nel 2019 era il 12,1%).
I dati presentati nello studio riguardano 2.178 tomografi, di cui 852 (39,1%) nel Nord Italia e 807 (37,1%) al Sud e nelle Isole. In numero inferiore (519, il 23,8%) le apparecchiature localizzate al Centro.

Il quadro risulta più disomogeneo considerando le tipologie di dispositivi, classificati in base al numero di strati. Il 44,9% delle Tac con oltre 64 strati è localizzato, infatti, nel Nord Italia, il 30% nel Sud e nelle isole, il 25,1% al Centro.

Persiste, anche se in misura minore, il divario nel caso delle Tac con un numero di strati compreso tra 16 e 64, che si trovano per il 39,8% nel Nord Italia, per il 35,9% nel Sud e nelle Isole, per il 24,3% nel Centro.
L’età media delle apparecchiature è di 16,3 anni per le Tac con meno di 16 strati, di 6,6 anni per le Tac aventi da 16 a 64 strati, di 2,8 anni per quelle oltre i 64 strati.

Considerate la rapidità di evoluzione tecnologica dei sistemi multistrato e l’introduzione di soluzioni per ridurre la dose di radiazioni assorbite, è ragionevole ipotizzare che il periodo medio di aggiornamento della tecnologia da parte dell’industria sia di sette anni. Il 41,7% delle apparecchiature installate non rientra in tale periodo.

«Nel corso degli anni il parco di apparecchiature ha risentito di vari fattori», commenta Aniello Aliberti, presidente Elettromedicali e Servizi Integrati di Confindustria Dispositivi Medici. «Tra questi, i limitati investimenti nella sanità, l’assenza di attenzione all’innovazione nelle politiche pubbliche di acquisto, logiche di rimborso delle prestazioni che non incentivano l’ammodernamento tecnologico».

Serve l’appropriatezza

Secondo Giovanni Guizzetti, coordinatore del gruppo di lavoro di Dispositivi Medici di Aiic, «rimangono aperte due questioni fondamentali. Quando un’apparecchiatura può essere definita obsoleta? L’obsolescenza di un’apparecchiatura comporta automaticamente la necessità di una sostituzione?

È evidente che un piano di sostituzione basato solo sull’età anagrafica del macchinario – senza prevedere quale uso se ne faccia, per quali e quante prestazioni – è a rischio di inappropriatezza.
L’obiettivo è, quindi, arrivare a una condivisione – tra aziende produttrici e distributrici, utilizzatori, esperti di tecnologia ̶ di criteri per individuare quale tecnologia sia necessaria per effettuare una determinata prestazione e quante prestazioni giustifichino la disponibilità di una grande apparecchiatura».

Antonio Orlacchio, presidente della Sirm, va oltre i dispositivi, per focalizzarsi sulla necessità di personale.
«Investire nelle sole apparecchiature non è sufficiente. Per assicurare il più efficace e completo funzionamento delle apparecchiature, servono un adeguato reclutamento e una valorizzazione economica dei radiologi, dei tecnici e degli infermieri».