Da maggio 2023 l’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano ha introdotto nel proprio Pronto Soccorsi la figura del caring nurse, un infermiere dedicato all’accoglienza, alla comunicazione e alla relazione con i pazienti e i parenti in attesa.
L’obiettivo è ridurre i casi di tensione e conseguente violenza esercitata contro il personale. Dal momento che questi casi di violenza sono figli di un disagio emotivo di chi aspetta e della paura di non sapere cosa sta succedendo e cosa succederà al proprio caro, si è pensato di fornire una risposta capace di calmare e sedare la preoccupazione. Idea che sembra vincente.
Il calo della violenza è considerevole
Spiega Marco Bosio, direttore generale dell’Ospedale Niguarda: «dopo i primi tre mesi sono stati raccolti alcuni dati per rilevare gli effetti e la soddisfazione circa l’attività e i risultati raggiunti dal progetto. I risultati sono estremamente positivi.
È emerso, infatti, che per il 94% dei pazienti e dei familiari si è ridotto il livello di ansia e preoccupazione durante l’attesa in Pronto Soccorso. Non solo. Il 97% degli utenti si è sentito correttamente informato rispetto al percorso e a quanto stava accadendo».
Diminuite del 60% anche le segnalazioni agli uffici dell’ospedale rispetto a problemi di comunicazione dei pazienti con il personale.
Ne deriva un calo di aggressioni verso il personale sanitario del 36%: a luglio 2023 sono state 9, contro le 14 di luglio 2022.
Aggiunge Bosio: «è interessante anche osservare l’apprezzamento di questa figura sia da parte del personale che da parenti e pazienti. Si tratta, infatti, di infermieri con esperienza pluriennale di pronto soccorso, che ben conoscono le dinamiche presenti. Sono pertanto perfettamente in grado di agevolare il percorso dei pazienti, fornire informazioni sanitarie professionali e chiare.
E anche favorire il collegamento tra l’area di cura e la sala di attesa». Non resta ora che aspettare di vedere se, nel lungo periodo, l’intervento porterà a un ulteriore calo delle aggressioni.
Le aggressioni in Italia
Quello delle aggressioni nei confronti dei professionisti del Pronto Soccorso è un problema che è cresciuto sempre di più negli ultimi anni, forse anche in concomitanza con l’aumentata carenza di personale che porta ad attese sempre più lunghe.
D’altra parte, l’area dell’Emergenza-Urgenza è sempre stata a maggior rischio di aggressioni: si parla di 2-3 volte il rischio di chi opera in area medica. Tanto che la SIMEU ha più volte sottolineato che il 100% di medici e infermieri che operano in Pronto Soccorso o 118 ha subito almeno un evento di violenza, che sia fisica o verbale, dichiarata o sommessa.
Una situazione che richiede una soluzione, anche perché, come ricorda l’assessore regionale al Welfare, Guido Bertolaso, «il Pronto Soccorso è la porta di accesso dell’ospedale e per questo deve esserne il fiore all’occhiello. Le cure migliori, che devono essere sempre garantite a chi si rivolge al Pronto Soccorso, comportano un periodo di attesa. Periodo che, anche se ridotto al minimo, non può essere del tutto eliminato».