Negli ultimi anni sono aumentate le possibilità di cura per i pazienti affetti da patologia cardiovascolare. Lo testimonia il miglioramento della prognosi per molti di loro.
Interviene Marco Contarini, direttore del Dipartimento di Emergenza dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa e direttore della Cardiologia del PO Umberto I di Siracusa: «le nuove terapie permettono di guardare con maggiore ottimismo al futuro, ma bisogna intervenire sulla prevenzione secondaria. Non basta la raccomandazione al soggetto sano di un corretto stile di vita, ma serve attenzione per chi abbia già una patologia conclamata.
Chi ha avuto un infarto o è stato sottoposto a un intervento di angioplastica, ad esempio, non può definirsi guarito, ma ha superato un evento acuto grazie alla cardiologia interventistica e resta soggetto al rischio di una recidiva».
Risponde Antonio Micari, professore ordinario di Cardiologia presso Università di Messina, direttore di Cardiologia Invasiva: «per ridurre le probabilità di nuovi eventi, si devono gestire i fattori di rischio: ipercolesterolemia, diabete, obesità.
Per la prima ci sono farmaci innovativi che hanno dimostrato di ridurre la mortalità con poche somministrazioni eseguite sottocute. Per diabete e obesità, invece, esistono nuovi trattamenti, già molto diffusi negli Usa, che riducono anche il rischio di decesso.
Inoltre, le tecniche più moderne consentono di ridurre dell’80% la recidiva della Fibrillazione Atriale, che è la prima causa di ictus sopra i 50 anni».
Perché questi strumenti possano davvero fare la differenza, occorre però «un continuo confronto tra i vari centri e una collaborazione tra ospedale e territorio», sottolinea Antonino Nicosia, direttore del Dipartimento Cardio-Neuro-Vascolare dell’ASP di Ragusa.
E proprio dalla Sicilia Orientale giunge un nuovo modello, la Sicilian Cardiovascular Academy, che prevede di mettere in rete i know-how raggiunti e gli strumenti sviluppato. Collaborano con l’ASP di Ragusa quella di Siracusa, Messina e Catania.
Il modello, che può facilmente essere esportato in altre Regioni, prevede da una parte di fornire strumenti per dare al paziente la migliore prestazione possibile e, dall’altra la formazione continua del personale sanitario coinvolto.
La creazione di una rete per il paziente cardiopatico
La rete deve mettere in relazione diversi centri territoriali o di secondo livello, con know-how e tecnologie condivise, che si facciano carico delle riacutizzazioni più semplici, agendo da filtro ed evitando l’intasamento della cardiologia ospedaliera che, invece, deve prendersi cura solo dei casi più gravi.
«La rete a cui lavoriamo rappresenta un nuovo sistema di cura in grado di erogare la prestazione sanitaria opportuna, nel luogo e nei tempi corretti mediante percorsi interconnessi che offrano al paziente il trattamento adatto, indipendentemente da dove questi si trova e considerando la limitatezza di risorse.
Se manca uno strumento in una cardiologia, si procede a un teleconsulto tra tutte le unità e il paziente viene analizzato da tutti gli specialisti coinvolti in una rete di assistenza. La Sicilian Cardiovascular Academy si propone di coinvolgere in un network tutti i cardiologi dell’Isola, di fare rete per crescere insieme, per poi formare anche i pazienti», spiega Nicosia.
Il modello siciliano è stato presentato in un evento dal titolo “Sfide e prospettive” lo scorso maggio, durante il quale si è avviata la condivisione di parte del know-how dei professionisti coinvolti. Un secondo appuntamento è previsto nei prossimi giorni a Siracusa, durante il quale si parlera della gestione farmacologica delle malattie cardiovascolari con farmaci anticoagulanti e antiaggreganti. Infine, un terzo evento si svolgerà a ottobre, quando si parlerà di farmaci innovativi per ridurre il rischio cardiovascolare residuo.