Lorenzo Carnevale e Giuseppe Lembo

Tra le conseguenze dell’ictus c’è la demenza vascolare, dovuta alla mancata ossigenazione di parte del cervello e conseguente perdita dei neuroni. In caso di ictus, la demenza si manifesta in modo acuto, improvvisamente, mentre in presenza di altre patologie dei vasi sanguigni può manifestarsi più lentamente e peggiorare gradualmente. I sintomi variano molto, essendo legati alla superficie di area cerebrale coinvolta e dalla sua sede.

In generale si può parlare di confusione e difficoltà nel linguaggio, perdita della vista e difficoltà a sentire, così come di perdita dell’orientamento, ma anche di graduale alterazione della capacità di giudizio, pianificazione e attenzione, così come pianti e risate incontrollate e rallentamento del linguaggio dovuto a parole che non vengono alla mente. Quale che sia la sintomatologia e la sua velocità di manifestazione, la demenza vascolare impatta sulla vita sociale dei pazienti e su quella dei loro cari. La tecnologia potrebbe però aprire la strada a nuove prospettive terapeutiche.

Di recente un team italiano ha pubblicato uno studio di carattare translazionale (Advanced Magnetic Resonance Imaging (MRI) to Define the Microvascular Injury Driven by Neuroinflammation in the Brain of a Mouse Model of Hypertension) sulla rivista Hypertension. Focus, il ruolo del neuroimaging.

Le scoperte del team

Lo studio è stato condotto dal Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) partendo dall’osservazione di alcuni pazienti con ipertensione sottoposti a neuroimaging avanzato. Gli autori hanno utilizzato l’imaging a Tensore di diffusione (DTI) che consente di visualizzare la direzionalità del flusso delle molecole di acqua all’interno dei tessuti vivi, di fatto dando indicazioni dell’architettura di un tessuto e in questo modo hanno individuato una serie di alterazioni microscopiche alle strutture cerebrali. Si è deciso, quindi, di approfondire lo studio su modelli animali che hanno restituito risultati simili a quelli in umano.

Indagando più a fondo i danni microstrutturali si è visto che questi interessano anche la materia bianca, ovvero le interconnessioni tra neuroni. Inoltre, si è evidenziata una riduzione del flusso sanguigno cerebrale correlati a una diffusa rarefazione dei capillari cerebrali.

Spiega l’ingegnere Lorenzo Carnevale, ricercatore del Dipartimento di AngioCardioNeurologia e Medicina Traslazionale dell’IRCCS Neuromed: «i nostri risultati rappresentano un ulteriore sviluppo nel lavoro che portiamo avanti da molti anni per gettare nuova luce sul modo in cui l’ipertensione può determinare il decadimento cognitivo e contribuire all’insorgenza di malattie neurodegenerative.

Oltre agli effetti noti dell’ipertensione su altri organi, come cuore e reni, per i quali abbiamo esami specifici, anche il cervello subisce alterazioni significative. Oggi abbiamo la possibilità di rilevare tempestivamente queste alterazioni mediante tecniche di imaging avanzate. Potrebbe rappresentare un passo in avanti importante nel contesto della gestione clinica dell’ipertensione e nella comprensione dei suoi effetti a lungo termine sul cervello». Ma le scoperte non si fermano qui.

Individuato un biomarker che potrebbe essere target terapeutico

I ricercatori sono andati oltre l’osservazione dei danni che l’ipertensione può determinare a livello di materia bianca e circolazione cerebrale: hanno, infatti, individuato l’iter patogenetico che porta ai danni stessi. Si tratta di un fenomeno neuroinfiammatorio, mediato dai linfociti T CD8+ che producono interferone-γ. Questa scoperta apre la strada all’ideazione di processi terapeutici che, agendo sul contrasto dell’infiammazione, possano rallentare la degenerazione del tessuto e, quindi, l’evolvere della demenza vascolare stessa.

Giuseppe Lembo, professore ordinario di Scienze e Tecniche Mediche Traslazionali all’Università La Sapienza di Roma e direttore del dipartimento di AngioCardioNeurologia e Medicina Traslazionale dell’IRCCS Neuromed sottolinea che questo studio mostra in modo chiaro la concretezza del concetto di traslazionalità: «la cura dei pazienti stimola osservazioni nuove. E queste idee le portiamo in laboratorio, dal quale possiamo attenderci sviluppi concreti che torneranno ai pazienti stessi in forma di nuove tecniche diagnostiche e nuove terapie». In un processo virtuoso che porta nuova conoscenza e migliora l’assistenza. 

Studio: Carnevale L., Perrotta M., Mastroiacovo F., Perrotta S., Migliaccio A., Fardella V., Pacella J., Fardella S., Pallante S., Carnevale R., Carnevale D., Lembo G. Advanced Magnetic Resonance Imaging (MRI) to Define the Microvascular Injury Driven by Neuroinflammation in the Brain of a Mouse Model of Hypertension. Hypertension.