Diabete, disponibili gli Annali 2018 AMD

Il diabete mellito (DM) è una patologia in aumento, in Italia e nel mondo, a causa dell’obesità dilagante e dell’aumento dell’aspettativa di vita.

Nel nostro Paese conta almeno 3,7 milioni di malati, ma è previsto un aumento a 6 milioni nel 2025. Questi dati potrebbero essere sottostimati, se si considera che 1 italiano su 3 non sa di averlo. Al suo esordio la patologia può infatti essere subdola e dare sintomi lievi, difficili da individuare per un non esperto.

Le notizie positive, però, non mancano: secondo i recenti Annali dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD), 1 paziente su 2 di quelli seguiti dai servizi di diabetologia riesce a ottenere il massimo livello di qualità delle cure. Questo è un dato importante, perché un diabete scompensato porta inevitabilmente a problemi a carico di altri organi, dai reni al cuore. Inoltre, sembra che ci sia stata una lieve riduzione dei primi accessi alle cure, dal 5,7% del 2016 al 7,6% del 2011 per il DM1 e dal 9% al 12% per il DM2.

I dati sono stati presentati nel corso del IX convegno nazionale dell’associazione. Questi Annali 2018 erano molto attesi dalla categoria: importante soprattutto il loro confronto con i dati del 2012, dal momento che in questo periodo le terapie a disposizione sia per il DM1 sia per il DM2 sono migliorate e sono aumentate le classi di farmaci a disposizione.

I dati raccolti negli Annali provengono da un network di Centri Diabetologici con cartella clinica informatizzata distribuiti su tutto il territorio nazionale: tramite un software fornito dall’Associazione, i dati di queste cartelle cliniche vengono esportati in un unico database, anonimizzati, per poi essere analizzati.

I dati studiati per questa edizione si riferiscono al 2016 e provengono da 455.662 pazienti, seguiti da 222 Servizi diabetologici italiani (circa 1/3 di tutti quelli presenti in Italia), dei quali il 91% con DM2 e il 6% con DM1. L’analisi dei dati racconta di una popolazione di diabetici T2 sempre più anziana, determinata sia dall’invecchiamento generale della popolazione sia dal riscontrato aumento della sopravvivenza media. Un fattore legato certamente alla qualità delle cure.

Dagli Annali emerge, infatti, che il monitoraggio di questi pazienti è sempre più efficiente. Ciò vale per la misurazione annuale: dell’emoglobina glicata, svolta nel 97% di tutti i pazienti; la pressione arteriosa, rilevata nell’89% dei pazienti con DM1 e nel 90% dei pazienti con DM2; e il profilo lipidico, 69% dei pazienti DM1 e 72% dei pazienti DM2. Buono anche il monitoraggio della funzione renale valutata con creatininemia nel 73% dei pazienti affetti da DM1 e nell’81% di quelli affetti da DM2.

Un maggiore impegno dovrebbe invece essere focalizzato sulla valutazione del piede diabetico, nonostante sia una delle gravi complicanze della patologia: solo il 22% dei pazienti con DM1 sono stati esaminati, valore che scende al 20% per il DM2, ma questo dipende dalla carenza di risorse infermieristiche e dall’assenza del podologo in molti servizi.

Anche l’analisi del fundus oculi potrebbe essere migliorato se i servizi potessero essere riforniti di un retinografo non midriatico, per fare l’esame direttamente presso le diabetologie.

Valeria Manicardi, coordinatore del Gruppo Annali AMD, ha sottolineato: «sia nel DM1 che nel DM2 si evidenzia un miglioramento dell’assistenza, con attenzione non solo al compenso glicometabolico ma a tutti i fattori di rischio cardiovascolare, una crescita della percentuale di soggetti a target e un più intensivo utilizzo dei farmaci: in particolare si è vista una riduzione importante nell’utilizzo delle sulfoniluree + glinidi (farmaci che danno ipoglicemie anche severe, soprattutto negli anziani) dal 35 al 23,5%, e una crescita nell’utilizzo delle nuove molecole come i farmaci incretinici (inibitori del DPP4 saliti da 3 al 18%).

Ancora troppo poco utilizzati analoghi del GLP1 e inibitori del riassorbimento renale del glucosio, che hanno dimostrato di ridurre la mortalità cardiovascolare e di proteggere il rene. La migliore cura erogata si traduce in buoni risultati di score Q, che è in grado di predire lo sviluppo delle complicanze macro e micro-vascolari. Permangono, tuttavia, alcuni gap, come nella registrazione dei dati sugli esiti finali, soprattutto cardiovascolari.

È necessario un ulteriore sforzo per registrare in modo più efficace le informazioni cliniche: un’attenzione maggiore alle complicanze potrebbe contribuire a un bilancio ancora più positivo degli esiti di cura, a beneficio dei pazienti. Gli Annali, infatti, non sono una misurazione fine a sé stessa, ma uno strumento di miglioramento della qualità dell’assistenza, perché se non misuri non conosci e se non conosci non puoi migliorare».

Stefania Somaré