«Ecco cosa significa dotare i medici di strumenti diagnostici di primo livello, la strada intrapresa dal ministro della Salute Speranza e dal governo con la nuova legge di bilancio», così Silvestro Scotti, segretario generale FIMMG ha commentato l’episodio verificatosi a Cannobio (VB), dove a un uomo recatosi presso lo studio del medico di famiglia è stato salvato delle possibili complicanze di una fibrillazione atriale ad alta frequenza (per esempio, ictus).
Per fortuna del paziente, lo studio del dott. Antonio Lillo è tra quelli che stanno sperimentando il progetto FIMMG “studio medico 3.0” e pertanto è dotato di elettrocardiografo, senza il quale il medico non avrebbe potuto fare altro che prescrivere un accertamento diagnostico, perdendo tempo prezioso.
In questo modo, l’uomo è stato immediatamente inviato al Pronto Soccorso per le cure di secondo livello.
Questo episodio è un esempio dell’importanza della nuova dimensione verso la quale si sta indirizzando la medicina di famiglia, capace – con il progetto pilota FIMMG “studio medico 3.0” – di ampliare l’esperienza diagnostica di primo livello dei medici di base nell’ottica di una migliore e più efficace gestione dei pazienti cronici, riducendo gli accessi impropri in Pronto Soccorso e di secondo livello.
«L’episodio di Cannobio è un’esperienza virtuosa», spiega Massimo Magi, responsabile FIMMG del progetto pilota, «che presto potrebbe estendersi a tutto il territorio nazionale.
Questi strumenti sono facili da usare e il medico può eventualmente trasportarli a casa del paziente.
Si tratta di avere una diagnostica “in office” e “in bag”, un pacchetto modulabile di strumenti diagnostici di primo livello che possano integrare la digitalizzazione e la telemedicina, a seconda delle esigenze del singolo professionista o della forma associativa, secondo la logica del micro-team professionale.
In questo modo si affrontano con efficacia i temi della cronicità, della piccola acuzie e della domiciliarità, con i quali oggi e sempre più in futuro dobbiamo fare i conti».
In questo senso diventa sempre più centrale il ruolo del medico di famiglia nella gestione dei PDTA e delle linee guida.
Il risultato è un sistema assistenziale più efficiente e, aspetto non secondario, risparmiare potenzialmente in casi come questo i costi assistenziali di eventuali disabilità conseguenti a ritardo diagnostico e a esiti di complicanze.