Europa medica unita. Un sogno che diventa realtà

Direttiva 2011/24/UE: al via la competitività
L’apertura delle frontiere sanitarie avrà come diretta conseguenza quella di porre le nostre strutture ospedaliere in competizione con quelle estere: sarà infatti importante attrarre pazienti dal resto dell’Europa. Ma siamo pronti per farlo? Del Favero ricorda come «nelle Regioni “di confine” – come Piemonte, Veneto, Friuli, Lombardia, Valle D’Aosta (nda) – ci si confronta con queste problematiche da tempo, ma la vera sfida», sottolinea ancora il presidente nazionale di Federsanità Anci, «parte adesso, con la nuova direttiva che norma a livello nazionale». La Provincia di Bolzano ha anzi già deliberato in autonomia per stabilire le proprie regole di rimborso. Eppure, secondo Domenico Mantoan, direttore generale Sanità Regione Veneto «la direttiva sulla mobilità transfrontaliera rappresenta certamente un passo avanti nella costruzione di una Europa dove i cittadini possono muoversi senza frontiere, in quest’ottica è importante anche la possibilità del cittadino di muoversi alla ricerca dei migliori luoghi di cura. Assodato questo principio, è importante che l’applicazione da parte dell’Italia di questa direttiva sia effettuata con ponderatezza e prudenza in quanto i Sistemi Sanitari regionali oggi sono indeboliti, anche i più virtuosi, da anni di blocco delle risorse, e potrebbero essere messe in difficoltà da fenomeni di mobilità di pazienti non regolamentate».
Il fatto che la circolazione di pazienti all’interno del territorio europeo diventi libera e normata, infatti, potrebbe incidere ulteriormente nei flussi migratori dall’Italia verso altri Paesi. Rammentiamo infatti che l’Italia al momento attuale è in saldo negativo per 25 milioni di euro, poiché i connazionali che vanno all’estero per curarsi sono più numerosi dei pazienti che arrivano da oltreconfine: circa 75 milioni in uscita a fronte di circa 50 milioni in entrata. E così, con l’apertura delle frontiere «il Piemonte, per esempio, dovrà rapportarsi con l’attrattiva futura di Stati circostanti quali la Francia, fornita di un Sistema Sanitario efficiente, e la Svizzera, che pur non essendo membro Ue potrebbe impegnarsi per attrarre pazienti», sostiene Del Favero. E per quanto riguarda altre Regioni di confine? Alcune non mancano di vedere nella nuova direttiva una possibilità di crescita e miglioramento. Così è, per esempio, per il «Friuli Venezia Giulia, che», spiega Maria Sandra Telesca, assessore alla Salute della Regione, «si sta adoperando per rendere la “sanità transfrontaliera” una fonte di sviluppo, evidenziando gli aspetti di arricchimento per il tessuto economico». E proprio le cure ad alta specializzazione vengono viste come il motore che più probabilmente spingerà a cambiare Stato per ricevere le migliori prestazioni: al momento è proprio questo il punto debole dell’Italia che attrae risorse in entrata pari ad appena 1,6 milioni, a fronte di uscite che ammontano a 42,6 milioni. E ciò nonostante il nostro Paese possa vantare su molteplici eccellenze. «Proprio su queste eccellenze», riprende Del Favero, «è necessario investire in diversi ambiti della cura. È sull’alta specializzazione che dovrà concentrarsi la strategia del nostro Paese per promuovere le eccellenze e trasformare l’obbligo di recepimento in un’opportunità di sviluppo. In questo senso gli ospedali hub, in quanto centri che riuniscono le migliori cure possibili, potrebbero diventare attrattivi per alcune alte specialità e iniziare una trattativa per accordi transfrontalieri su qualità, tariffe e prestazioni, oltre che iniziare ad applicare ciò che prevede la normativa europea: punto di contatto regionale, rete Ue Hta, pacchetti di offerta assistenziale ecc.». Con il decreto approvato il 4 dicembre scorso, è stata sottolineata la volontà di creare uno sportello da cui mostrare all’estero le nostre strutture sanitarie con le loro eccellenze. Altrettanto importante sarà comunicare correttamente ai cittadini le novità entrate in vigore.