Il DM 77/2022 ha posto le basi per una profonda riorganizzazione dell’assistenza sanitaria sul territorio, con i capisaldi delle Case di Comunità e degli Ospedali di Comunità.
Tuttavia, i dati relativi al monitoraggio dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali sullo stato di implementazione della riforma, rivela un incedere lento, con forti disomogeneità a livello regionale e criticità significative legate alla mancanza di personale.
Case di Comunità: attive, ma solo in parte
Secondo il report, a metà 2025 solo il 38% delle 1.723 Case di Comunità previste a livello nazionale risulta attiva, ovvero con almeno un servizio funzionante.
Il quadro diventa ancora più critico se si analizzano gli standard operativi: le Case di Comunità che hanno raggiunto la piena attività, con tutti i servizi essenziali e la presenza di medici e infermieri h24 (per le strutture hub) o per 12 ore al giorno (per le strutture spoke), sono appena 46, ovvero meno del 3% del totale.
A questo si aggiungono 172 strutture, pari a circa il 10% che, pur avendo tutti i servizi attivi, sono prive del personale medico e infermieristico necessario.
Disparità territoriali
La distribuzione delle Case di Comunità sul territorio mostra altresì forti disparità.
La Lombardia presenta 142 strutture, l’Emilia-Romagna 140 e il Lazio 95, guidando la classifica per numero di strutture attive; in Regioni come Abruzzo, Campania, Basilicata e Valle d’Aosta non si registra al contrario alcuna Casa della Comunità con servizi funzionanti.
Altre Regioni, come Puglia, Calabria e Molise, presentano numeri esigui.
Ospedali di Comunità e Centrali Operative Territoriali
Anche per gli Ospedali di Comunità, il percorso di attuazione appare in salita. Dei 592 previsti, solo 153 risultano attivi, pari a circa un quarto del totale.
Le regioni che mostrano una maggiore implementazione sono il Veneto (46), la Lombardia (26) e l’Emilia-Romagna (24).
Al contrario, regioni come Basilicata, Calabria, Marche e Valle d’Aosta non hanno ancora attivato alcuna struttura.
Il report evidenzia, tuttavia, un risultato positivo per le Centrali Operative Territoriali. Queste ultime, che hanno un ruolo di coordinamento dei servizi e non di assistenza diretta, sono quasi tutte attive: 638 su 651 previste. La quasi totalità delle regioni ha raggiunto i target, con 480 Centrali pienamente funzionanti.
La sfida cruciale del personale e un’Italia a due velocità
Il dato più allarmante riguarda la dotazione di personale. Solo una piccola parte delle strutture è a regime con la presenza di medici e infermieri, rendendo inefficace l’attivazione parziale o solo strutturale.
La Lombardia (con 12 Case di Comunità pienamente attive), l’Emilia-Romagna (8) e la Toscana (7) si distinguono positivamente, ma in ben nove regioni d’Italia non è presente nemmeno una Casa di Comunità pienamente funzionante e dotata di personale sanitario.
Le regioni del Sud, in particolare, mostrano ritardi drammatici nell’attuazione della riforma, con una scarsissima presenza di strutture attive.
Il report di Agenas sottolinea, in sostanza, come l’attivazione dei servizi sul territorio sia ostacolata non solo da ritardi burocratici e organizzativi, ma soprattutto dalla difficoltà di garantire il personale sanitario necessario per il pieno funzionamento delle nuove strutture.
 
            

