Lo scorso 20 marzo il Consiglio Nazionale della FIMMG ha votato in videoconferenza una mozione con la quale chiede al Governo di mettere i medici di medicina generale in condizioni di lavorare in sicurezza e continuare ad assistere la popolazione, soprattutto quella fragile e che necessita di continuità di cure.
In particolare, la mozione ribadisce che «le Unità Speciali di Continuità Assistenziale debbano essere integrate nell’organizzazione con la Medicina di Famiglia, con coordinamento della loro azione assistenziale anche partecipata a distanza dal medico fiduciario del paziente attraverso video e teleconsulenza e condivisione delle informazioni cliniche presenti sul gestionale dello stesso medico, con un’azione che sia pertanto protetta per il medico U.S.C.A. anche sulla presa in carico clinica e fiduciaria di quel paziente, oltre alla necessità di protezione con dispositivi di protezione individuale adeguati e procedure di vestizione/svestizione e mobilità chiari e coerenti con il biocontenimento».
Si richiede quindi di essere messi a conoscenza dello stato dei propri assistiti, ma non solo.
La richiesta è di reingegnerizzare le attività standard dei medici per dare loro modo di continuare la cura dei pazienti fragili e con patologie croniche, dotandoli di strumenti di reperibilità e della possibilità di chiamare, videocontattare, videoconsultare e fare attività a domicilio virtuale.
Richiede, inoltre, «che gli stessi strumenti, realizzati e gestiti dalla Medicina Generale, permettano di implementare i meccanismi di continuità assistenziale attraverso la condivisione delle informazioni cliniche su piattaforme dedicate che permettano, grazie al coinvolgimento dei Medici della Continuità Assistenziale da subito l’h24, 7 giorni su 7, nell’ambito dei rispettivi orari di competenza, ma non sottovalutando il conseguente coinvolgimento diurno del nostro personale di studio, potendo così garantirne e svilupparne il fondamentale ruolo di supporto in questa fase di smart working della medicina generale piuttosto che dover applicare i meccanismi di ricorso a cassa integrazione se non peggio di licenziamento, ricordando che la Medicina Generale dà lavoro a circa 30.000 cittadini italiani tra infermieri e collaboratori di studio».
Il documento contiene anche la richiesta al Governo di definire i compiti descritti nel punto precedente e di riconoscere da subito l’adeguamento delle quote capitarie e oraria dei MMG ai valori già previsti per il 2018, stabiliti dall’atto d’indirizzo per il rinnovo dell’ACN della Medicina Convenzionata, approvato dal Comitato di Settore Regioni – Sanità in data 9 luglio 2019 e 29 agosto 2019 su proposta della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome che ha già ottenuto il parere positivo del Governo.
Si chiede quindi che parte dei 235 milioni di euro già destinati alla tecnologia di studio (art. 1 comma 449 della Legge n. 160 del 27 dicembre 2019), venga immediatamente destinata all’acquisto di pulsossimetri da distribuire ai Medici di Medicina Generale e che possano pertanto dotare i pazienti Covid positivi per l’automonitoraggio domiciliare.
Non ultima, è stata ribadita la necessità di continuare a lavorare in ambulatorio a porte chiuse, solo su prenotazione a seguito di triage effettuato dal medico per le necessità non differibili.
Il segretario generale FIMMG Silvestro Scotti ha ricordato che «a oggi sono 30 i medici morti in Italia, di cui 17 medici di famiglia. Tra ieri e oggi, dei 6 medici morti 5 sono medici di famiglia.
Questo dovrebbe far riflettere le istituzioni sanitarie sul fatto che i medici vanno protetti e nessuno può sentirsi in pace con la coscienza se continua a esporre medici e personale sanitario senza protezioni individuali e organizzative.
Vogliamo sperare che la dematerializzazione delle ricette, il triage telefonico prima di ogni visita ambulatoriale o domiciliare (per noi e per i colleghi medici dei distretti specialisti), come tutte le soluzioni che stanno partendo compreso il consulto a distanza, il videoconsulto, le consulenze specialistiche telefoniche, possano servire a fermare questa strage.
Purtroppo, però, ogni giorno mi chiedo se ho dimenticato qualcosa, se potevo fare, pensare o agire qualcosa di più. Sento forte questa domanda dentro di me altrettanto forte il desiderio di continuare a cercare delle soluzioni».
Stefania Somaré