Studiare le immagini radiologiche attraverso la potenza dei computer: questo lo scopo della radiomica, scienza che mira a reperire le informazioni nascoste nelle immagini prodotte con RM, TAC ecc.
È, per esempio, possibile trarre indicazioni sulla composizione del tessuto tumorale, sul micro-ambiente presente, su elementi biologici.
Diventa così possibile creare una firma radiomica, ovvero uno strumento che prevede se un certo trattamento, anche tumore-specifico, funzionerà su quel paziente.

Al momento, infatti, anche le terapie immunologiche basate sui recettori di membrana delle cellule tumorali non funzionano su tutti i malati e a volte hanno percentuali di successo inferiori al 50%.

Uno studio portoghese ha indicato quali sono gli errori metodologici da evitare e gli aspetti più critici da tenere sotto controllo nel processo che porta allo sviluppo di una firma radiomica clinicamente significativa (Papanikolaou, N., Matos, C. & Koh, D.M. How to develop a meaningful radiomic signature for clinical use in oncologic patients. Cancer Imaging 20, 33, 2020).
Per identificare l’algoritmo più corretto al quale sottoporre le immagini radiologiche, infatti, bisogna tenere conto di alcuni aspetti.
Anzitutto occorre definire la domanda clinica alla quale si vuole rispondere e selezionare la giusta coorte di pazienti.
Poi bisogna individuare le immagini da utilizzare per l’analisi, se da TAC, da RM e così via.

I protocolli devono poi essere ottimizzati e standardizzati.
Occorre inoltre applicare dei pre-processi prima di analizzare le immagini, effettuare la segmentazione delle lesioni sull’immagine, estrarre le immagini profonde d’interesse, ridurre il numero di dati da utilizzare, provare e validare il modello radiomico.
Ognuna di queste fasi presenta criticità che vengono ben identificate nello studio.
Un altro aspetto evidenziato è la necessità che questi studi vengano portati avanti da team multidisciplinari.

Stefania Somaré