Nell’ambito dell’assistenza territoriale, le équipe rappresentano l’approdo di un iter di maturazione che, mediante una serie di strumenti, trova una modalità di lavoro.
Il piano di riordino dell’assistenza territoriale, previsto e finanziato dal PNRR e dettagliato dal Decreto Ministeriale n. 77/2022 (“Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”) è volto a sviluppare una rete di prossimità integrata capace di gestire – in maniera efficace e sostenibile in ottica economica, sociale e ambientale – l’aumento delle condizioni di cronicità.
Una premessa, questa, utile a comprendere il focus della tavola rotonda, presso Welfair a Roma, “Quali traiettorie per lo sviluppo delle équipe territoriali?”. Moderatore dell’incontro Gianfranco Damiani, consigliere OMCeO Roma, che in apertura ha evidenziato l’importanza «di presentare, in questa occasione, una prospettiva su come le autonomie professionali, che sono un elemento di forza, possono e devono diventare interdipendenti». Prendendo a modello proprio il Dm 77 («è rilevante scansare qualsiasi forma di autoreferenzialità. Non c’è spazio, poi, per qualsivoglia distrazione di categoria»).
Case di Comunità
Le autonomie professionali devono muoversi in modo coordinato, dunque, poiché tale complessità organizzativa comporta per forza di cose capacità e competenze agite in una logica di integrazione e collaborazione interdisciplinare e multiprofessionale, componenti basilari anche per ottimizzare il processo di decision making in ambito clinico-assistenziale.
In tale, nuovo assetto organizzativo-strutturale, particolare risalto viene dato alla Casa di Comunità, luogo fisico contraddistinto da una chiara identità logistica che agirà per obiettivi di salute, sviluppando e realizzando progettualità per la comunità e l’individuo, avvalendosi di équipe multiprofessionali e multidisciplinari, del coinvolgimento degli stakeholder comunitari e del supporto di innovative soluzioni digitali.
A questo proposito Simone Furfaro (Direzione Generale Sistemi Informativi Ministero della Salute) ha ricordato che «seppur il DM 77 non abbia rivoluzionato il mondo del territorio, esprime un concetto imprescindibile: l’équipe – che non è più solo medico-infermieristica, ma si amplia a fisioterapisti, dietisti, assistenti sociali – trova una casa e questa è la Casa di Comunità».
Tutto ciò, ovviamente, «va affiancato a un servizio innovativo come la Centrale Operativa Territoriale, che dovrebbe svolgere il ruolo di sintesi per i professionisti e fungere loro da punto di riferimento in ambito informativo».
Continuità e multidisciplinarietà
Quindi Antonio D’Avino, presidente nazionale della Federazione Italiana Medici Pediatri (Fimp), ha puntualizzato che il DM 77 «riordina l’assistenza territoriale proprio nella direzione delle équipe territoriali». Aggiungendo poi che «il servizio sanitario deve restare pubblico. Questo è basilare alla luce di tali équipe che noi costituiremo all’interno delle Case di Comunità nel rispetto delle forme associative oggi esistenti sul territorio. Parliamo di pediatrie a sede unica, le Pediatrie di gruppo, che peraltro negli accordi collettivi verranno del tutto sostituite nella logica della costruzione di questi modelli denominati Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP) e Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT). L’intento finale, pur cambiando la terminologia, rimane lo stesso: fornire continuità».
Sul tema della continuità si è espresso anche Antonio Magi, segretario generale del sindacato degli specialisti ambulatoriali del Sumai-Assoprof, rammentando ai presenti che in un Paese con sempre meno nascite, una popolazione che necessita di particolare attenzione è rappresentata dai pazienti fragili con patologie croniche concomitanti.
«In Italia abbiamo una popolazione anziana rilevante, 14 milioni di over 65, la cui maggioranza con malattie croniche. Occorre seguirli con scrupolo già a livello territoriale. E la formazione, in tal senso, è fondamentale». A maggior ragione «i vari professionisti coinvolti devono lavorare tutti insieme, come se fossero in una nazionale di calcio e non in una squadra di club».
Continuità e multidisciplinarietà, ma anche intraprendenza rispetto al tema dell’assistenza territoriale. Come riuscirci? «La traiettoria è una soltanto», ha illustrato Maurizio Zega, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma, «ed è la scienza. Siamo tutti uomini di scienza e abbiamo la capacità di poter analizzare i dati di cui disponiamo. Oggi si è passati da un bisogno acuto a un bisogno polipatologico e cronico. Quindi dobbiamo adeguare la risposta alle necessità che arrivano dalla popolazione. Non possiamo continuare a replicare allo stesso modo né approntare guerre di posizione. I bisogni complessi vogliono risposte complesse».