Imparare dalla Intelligence Community

L’uso di intelligenza artificiale e big data si sta diffondendo rapidamente anche nel mondo sanitario, ma esistono alcune difficoltà oggettive, prima tra tutte la grande eterogeneità che può esistere nei dati contenuti all’interno delle banche usate per effettuare analisi e previsioni.

È questa, secondo una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine (Vigilante, K., Escaravage, S., & McConnell, M. (2019). Big Data and the Intelligence Community — Lessons for Health Care. New England Journal of Medicine, 380(20), 1888-1890), una delle motivazioni che fa stare la sanità sempre un passo indietro rispetto all’industria, che invece ha spesso a che fare con dati più omogenei e facili da gestire.

Secondo lo studio, la sanità potrebbe imparare a utilizzare questi nuovi e utili strumenti basandosi sulle modalità proprie delle Intelligence Community.
Alcune delle lezioni che andrebbero acquisite sono:

  • usare data lakes, ovvero tecnologie di immagazzinamento dei dati meno complessi, per integrare dati tra loro disomogenei
  • imparare a caratterizzare le proprietà dei dati tramite delle etichette automatizzate di metadata, in modo tale da poterli recuperare più facilmente al momento del bisogno (in pratica favorire la creazione di sottogruppi di dati)
  • utilizzare processi per tradurre e strutturare i testi per le analisi basati sul linguaggio naturale
  • creare algoritmi capaci di raggiungere delle ipotesi
  • usare e produrre software open-source per guidare l’innovazione in sanità.

Questi sono solo alcuni dei consigli forniti dai ricercatori, secondo i quali un approccio più adeguato al mondo sanitario renderebbe più semplice utilizzare gli innumerevoli dati prodotti dai FSE o similari, dalle app per la salute, dagli smart watch e così via.

Stefania Somaré