Un approccio multidisciplinare è fondamentale nella gestione del sangue dei pazienti oncologici, come dimostra uno studio condotto dal Laboratorio di Biochimica e Metabolomica della Medicina Trasfusionale dell’Ausl Irccs di Reggio Emilia diretta dal dottor Roberto Baricchi che mette in evidenza i benefici sui pazienti oncologici del Patient Blood Management, un metodo multidisciplinare che pone al centro la salute e la sicurezza del paziente per migliorare gli esiti clinici attraverso una gestione appropriata del sangue del paziente stesso, evitando ove possibile, il ricorso alle trasfusioni.

Lo studio è stato condotto in collaborazione con il reparto di Terapia Semi-Intensiva Post Operatoria (SIPO) dell’Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.
L’obiettivo era valutare se la graduale introduzione di un programma di PBM avesse o meno effetto sull’appropriatezza della terapia trasfusionale post-operatoria nei pazienti oncologici.
A tal fine, i ricercatori hanno strutturato il programma in due step: nel primo è stata fatta formazione specifica sui principi del PBM al personale medico e infermieristico in servizio nella SIPO, mentre nel secondo è stato applicato al dito del paziente un sensore per il monitoraggio in continuo dell’emoglobina.
Sono stati reclutati per lo studio 600 pazienti oncologici, di cui 200 per l’audit in fase iniziale quando il programma PBM non era ancora iniziato, 200 dopo il primo step e 200 dopo il secondo step.

Il team di Medicina Trasfusionale

I risultati hanno rivelato che, in assenza di interventi di PBM, le trasfusioni erano appropriate in poco meno del 50% dei casi, come si evince anche dai dati a disposizione nella letteratura internazionale.
Tale percentuale è salita al 75% dopo la formazione sul programma di PBM ed è salita al 79% dopo l’introduzione del sensore al letto del paziente.

«Lo studio dimostra che l’approccio PBM è uno strumento efficace per aumentare l’appropriatezza trasfusionale nei pazienti oncologici, per i quali la trasfusione comporta rischi aggiuntivi ed è ormai considerata un fattore prognostico negativo», spiega Roberto Baricchi, direttore della Medicina Trasfusionale. «La corretta gestione dell’anemia, tuttavia, è un obiettivo che la nostra Ausl si pone non solo per i pazienti oncologici ma per tutti coloro che devono essere sottoposti a interventi chirurgici particolarmente complessi e che hanno, di conseguenza, un alto rischio di dover subire una trasfusione di sangue».

Dal 2016 è attivo a Reggio Emilia un ambulatorio di consulenze trasfusionali preoperatorie che valuta le strategie PBM da applicare nei singoli casi.
A oggi le attivitĂ  PBM del Santa Maria Nuova non si limitano al post-operatorio, ma coinvolgono anche l’intra e il pre-operatorio di tutti i pazienti che devono essere sottoposti a interventi particolarmente invasivi.
Negli anni, il progressivo inserimento di programmi di PBM ha consentito una riduzione significativa del numero di emocomponenti trasfusi in ambito chirurgico, consentendo un significativo incremento dell’appropriatezza trasfusionale e un risparmio economico per l’Ausl.