Ogni anno in Italia tra il 5 e l’8% dei pazienti che si recano in ospedale o in centri diagnostici contraggono infezioni correlate all’assistenza. Numericamente, si parla di 500-700 mila casi.

Più in particolare, 1 paziente su 15 contrae un’infezione durante un ricovero ospedaliero, mentre 1 paziente su 100 la contrae in assistenza domiciliare. Si stima che i decessi causati dalle ICA nel nostro Paese siano circa 10 mila l’anno, a fronte di 37 mila nel resto d’Europa. Sempre in Europa, sono 110 mila i decessi in cui le ICA rappresentano una concausa.

Le ICA possono verificarsi in tutti gli ambiti assistenziali e rappresentano, quindi, uno dei maggiori problemi che la sanità si trova a dover fronteggiare.

Tuttavia, ridurre le infezioni correlate all’assistenza oggi è possibile anche grazie ad #ALLEAMICI; un’alleanza costituita tra i Pazienti, gli Operatori Sanitari, i dirigenti delle strutture sanitarie e le Istituzioni, promossa da Amici Onlus – Associazione Nazionale dei pazienti con Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, che conta 250 mila pazienti a livello italiano (3,5 milioni a livello europeo).

L’iniziativa di sensibilizzazione, il cui messaggio fondamentale è “Anche la fiducia è contagiosa”, ha ricevuto la Medaglia di Rappresentanza del Capo dello Stato, onorificenza assegnata dal Presidente Mattarella come segno di adesione al progetto.

«I pazienti con MICI sono pazienti fragili, più esposti al rischio infettivo. L’arrivo del Covid-19 ha rappresentato per costoro un ulteriore e più grave fattore di rischio, ed è proprio per questo che l’associazione ha voluto riaccendere l’attenzione sulle ICA, presentando i dati di una ricerca realizzata nei primi mesi del 2021 volta a comprendere le opinioni di pazienti, operatori sanitari e dirigenti circa la percezione del problema da parte di questi 3 gruppi di stakeholder», ha sostenuto la presidente di Amici Onlus, Enrica Previtali.

L’indagine, presentata dalla Professoressa Guendalina Graffigna, Direttrice EngageMinds Hub dell’Università Cattolica di Milano, ha coinvolto 1.139 pazienti, 1.048 operatori sanitari e 143 dirigenti sanitari.

I risultati dell’indagine

Il 14% dei pazienti coinvolti nell’indagine ha contratto un’ICA nella propria vita, circostanza questa che per la metà di essi ha comportato un peggioramento dell’iter clinico nonché un prolungamento del ricovero superiore ai 7 giorni.
L’87% del campione pur riconoscendo che l’emergenza Covid ha determinato una maggiore attenzione verso le misure igienico-sanitarie, ritiene, purtuttavia, necessario che vengano adottate misure preventive molto più rigorose.

Inoltre, Il 41% di essi ritiene di sentirsi abbastanza o molto esposto al rischio di contagio durante gli esami di controllo.
D’altro canto, l’82% degli operatori sanitari e il 92% della dirigenza ritiene le ICA un problema grave, sebbene, quasi il 70% di essi crede che, in generale, ci sia una scarsa consapevolezza.

Gli investimenti ci sono, ma, ancora una volta, emerge una fotografia a macchia di leopardo: solo il 42% delle strutture intervistate dispone di uno stanziamento annuale per le ICA, e, in molti casi, pur in presenza di procedure standardizzate, queste non sono ancora implementate.

Con l’avvento del Covid-19 la situazione ha subito un aggravamento, ma nel 64% dei casi sono state attuate misure specifiche. Tuttavia, il 53% degli operatori ha dichiarato grande preoccupazione per la fragilità dei pazienti.

È quindi emersa una richiesta di maggior rigore da parte di tutti gli stakeholder, i quali hanno insistito soprattutto sulla formazione, la comunicazione e la sensibilizzazione degli operatori.

«Le infezioni correlate all’assistenza sono spesso un argomento negletto e lasciato da parte e a volte fonte di contenziosi. I numeri di questa indagine sono impressionanti, 2000 tra tutti (medici, pazienti, dirigenti) che si allineano a esprimere quella che è la situazione corrente, con dati che potrebbero essere anche sottostimati.

I pazienti con MICI hanno caratteristiche di fragilità e hanno necessità di venire in ospedale anche nel periodo Covid e noi medici e il personale sanitario abbiamo sempre cercato di garantire questo accesso. Con le attenzioni aumentate nel periodo Covid ci siamo resi conto che almeno una parte delle infezioni multiresistenti stanno drammaticamente riducendosi o annullandosi e questo è di buon auspicio per il futuro», ha sottolineato Marco Daperno, segretario generale IG-IBD.

«4 pazienti su 10 ritengono l’offerta socioassistenziale al di sotto dello standard; è dunque fondamentale puntare ad un maggior coinvolgimento del paziente all’interno di un’alleanza con gli operatori sanitari e le istituzioni.
Anche la politica deve assolvere al proprio ruolo, assicurando risorse, cruciali per portare avanti la ricerca, ma anche per assicurare un’adeguata formazione, dal momento che sensibilizzazione e prevenzione sono le armi più importanti per combattere le ICA.

Corrette pratiche di prevenzione, che passano da rinnovati e adeguati protocolli, potrebbero infatti ridurre del 50% la necessità di ricorrere alle strutture ospedaliere, migliorando anche l’impatto economico sul servizio sanitario», ha commentato Pier Paolo Sileri, viceministro alla Salute. «Si deve infine investire per aiutare i pazienti nei rimborsi di quelle terapie per le quali non esiste ancora un piano di rimborso».

L’alleanza parlamentare per MICI, Chron e colite ulcerosa

«A livello istituzionale», ha detto in chiusura la Senatrice Maria Alessandra Gallone, «vogliamo essere vicini ai pazienti affetti da Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino. Sul piano delle infezioni correlate all’assistenza sappiamo che il 13% costretto al ricovero o a effettuare esami diagnostici contrae ICA e che a causa di queste infezioni, quasi la metà dei pazienti ricoverati subisce un prolungamento della degenza ospedaliera. Ma non sono solo le ICA il rischio per questi malati.

Per interessarci ai loro problemi e trovare delle soluzioni abbiamo dato vita all’Associazione Parlamentare per la Tutela delle persone con Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino, Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa, alla quale hanno aderito già tanti parlamentari».

È stata infine ribadita da diversi relatori la necessità di puntare sempre più verso l’assistenza territoriale, affidando alle cure ospedaliere solo quei pazienti che non possono essere trattati altrimenti.
Questo contribuirebbe indubbiamente anche alla riduzione delle infezioni correlate all’assistenza, dal momento che, come ricordato sopra, 1 paziente su 15 contrae un’infezione in ospedale e solo 1 su 100 a seguito di terapie domiciliari.

Elena D’Alessandri