Diversi studi in letteratura parlano di tasso dell’errore diagnostico e del suo impatto sulla prognosi del paziente, determinandone disabilità o, addirittura, morte. Un problema legato a errori di valutazione clinica o nei test diagnostici stessi e che non è nuovo.
Di errore umano nella diagnosi si parlava già nel 2015 nel volume “Engineering and Medicine” della National Academies of Sciences, che stimava che il 5% degli adulti incorrono ogni anno in un errore diagnostico.
Dati i possibili esiti nefasti dell’errore diagnostico, non stupisce che il mondo scientifico e medico guardi con speranza all’intelligenza artificiale che, secondo Marzio Ghezzi, CEO di Mia-Care, azienda specializzata nella creazione di piattaforme cloud-native e applicazioni digitali nell’ambito del digital health, sta già «rivoluzionando l’assistenza sanitaria, migliorando le metodologie di diagnosi e trattamento e consentendo di migliorare la precisione e la tempestività delle diagnosi e conseguentemente la qualità di vita dei pazienti».
Più precisa dell’uomo
Sembrerebbe che l’IA sia già oggi più precisa nella diagnosi rispetto all’uomo. Questa, per esempio, la conclusione di uno studio pubblicato su Science in gennaio e nel quale si confronta la qualità della diagnosi effettuata su oltre 300 casi clinici complessi da 20 medici internisti esperti e dal Large Language Model (LLM): ebbene, il modello di IA ha mostrato un’accuratezza quasi doppia rispetto ai medici coinvolti, pari al 59,1% contro il 33,6%.
Lo stesso studio evidenzia come la performance diagnostica umana migliori notevolmente con il supporto di uno strumento di IA. Nessuno pensa di sostituire i medici con l’IA, ma è certo che questa tecnologia può fornire un supporto al processo decisionale, grazie alla sua caratteristica di poter confrontare migliaia di dati e identificare tendenze e modelli specifiche per un paziente.
Non sempre, infatti, la storia digitale di un soggetto è chiara e lineare: può presentare dei buchi che rendono difficile il processo diagnostico stesso. L’IA può colmare queste lacune. Il risultato di questo processo è il “digital human twin”, sulla cui realizzazione si è concentrato un progetto del Centro Diagnostico Italiano. Importanti sono anche i dati sintetici.
Importanza dei dati sintetici
Per poter funzionare al meglio, l’intelligenza artificiale deve macinare migliaia di dati. E se questi non sono disponibili? La tecnologia sta rispondendo anche a questo problema, con dati sintetici, capaci di portare informazioni utili al processo diagnostico senza essere sensibili, dato che sono generati, appunto, in silico.
Daniele Panfilo, CEO di Aindo, prima startup italiana che ha sviluppato una piattaforma di intelligenza artificiale proprio per la generazione di dati sintetici, conferma: «questa tecnologia facilita e accelera lo scambio di informazioni, consentendo l’applicazione dell’IA in settori di grande rilevanza sociale ed economica, come la ricerca medica e lo sviluppo finanziario».
Parole alle quali Ghezzi risponde: «sicuramente l’utilizzo di tecnologie cloud-native e di soluzioni di intelligenza artificiale nel mondo della sanità permetteranno nei prossimi anni di costruire servizi sempre più personalizzati per i pazienti, potenziando l’assistenza sanitaria a distanza e la gestione delle terapie. In questo senso la partnership tecnologica tra Aindo e Mia-Care assicura di apportare benefici all’ecosistema della sanità nel futuro immediato».
Al momento la letteratura è ricca di studi su algoritmi diagnostici o tool di supporto decisionale basati su IA, ma pochi sono quelli validati per l’uso in realtà differenti; spesso funzionano nelle strutture in cui sono elaborati, ma non in altri contesti.
I dati sintetici aumentano la possibilità di collaborazione tra strutture sanitarie, facilitando l’individuazione di modelli che siano davvero oggettivi e applicabili in diverse realtà. Solo queste caratteristiche, infatti, potranno rendere applicabile in real world gli algoritmi di IA.