La chirurgia è in crisi? Notizie da ACOI

Congresso ACOI 2023

L’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani lancia l’allarme, sono coinvolte soprattutto le nuove leve. Le cause principali sono i turni insostenibili e la formazione inadeguata.

Negli ultimi anni la tecnologia utilizzata in ambito medico è evoluta al punto da richiedere cambiamenti a livello formativo dei nuovi specialisti, che hanno il diritto di entrare nel mondo del lavoro con conoscenze e competenze adeguate a quanto richiesto. Purtroppo, però, sembra che le scuole di specializzazione in chirurgia mantengano metodologie didattiche antiquate, mettendo in difficoltà i giovani specializzandi o specialisti.

C’è poi da sottolineare l’annosa richiesta da parte di tanto di affiancare alla scuola di specializzazione più ore di formazione diretta in ospedale, come è già in altri sistemi. Queste alcune delle tematiche discusse durante il congresso dell’Associazione Chirurghi Ospedalieri (ACOI).

Una mancanza che richiede soluzioni rapide, perché i concorsi per le borse di studio in chirurgia sono sempre meno frequentati – solo nello scorso anno se ne sono perse il 20% – e il 41,8% dei giovani chirurghi sta prendendo in seria considerazione l’abbandono della professione.

Accanto alla formazione, le altre cause riguardano i turni massacranti, i contratti e l’alto rischio di incorrere in contenziosi. La percentuale deriva da una survey condotta da ACOI Giovani alla quale hanno partecipato 237 giovani chirurghi di tutta Italia che lavorano tra ospedali pubblici e privati convenzionati.

Agire su tre livelli

Secondo Anna Guariniello, del comitato scientifico di ACOI, «per resistere e superare questa impasse, bisogna agire su tre livelli: formativo, riconoscendo a tutti gli effetti gli ospedali come cardine della formazione per il chirurgo, perché sappiamo tutti che questo non trova ad oggi un riconoscimento formale.

Bisogna poi sensibilizzare le istituzioni e le aziende sanitarie per assumere e stabilizzare i giovani colleghi e garantire ai dipendenti condizioni di lavoro accettabili.

Il terzo punto è tutelarli e supportarli non solo dal punto di vista medico-legale, che è fondamentale, ma anche da quello psicologico, cruciale per il chirurgo, perché sappiamo che è pane quotidiano fronteggiare gli eventi avversi.

La soluzione non è mandare allo sbaraglio i neospecialisti, ma concepire insieme un piano d’attacco individuando i punti cardine e coinvolgendo appunto istituzioni e aziende».

La formazione potrebbe poi adeguarsi ai tempi e dare modo ai giovani specializzandi di imparare osservando direttamente gli organi e le patologie studiate. A tal fine, si potrebbero utilizzare la simulazione e alla realtà aumentata. Questi stessi strumenti potrebbero poi essere utilizzati nel tutoring.

Realtà immersiva per migliorare la formazione

Durante il Congresso di ACOI è stata presentata una nuova soluzione per il tutoring, appunto. Realizzata insieme ad Artiness, vincitrice del bando di Vodafone “Action for 5G”, la nuova tecnologia utilizza la realtà mista per supportare da remoto i chirurghi in formazione durante un intervento, ma non solo. Può essere sfruttata anche per visualizzare modelli digitali dei pazienti che devono essere operati, in 3D.

La realtà aumentata e la realtà immersiva, a livello formativo, sono occasione per facilitare gli apprendimenti, mediata dal fare e non solo da un’impostazione cognitiva, e per attrarre maggiormente i giovani.

Spiega l’ing. Cinzia Campanella, Vertical Solution Lead di Vodafone Italia: «la tecnologia insomma è assolutamente a supporto: in questo caso può preparare i chirurghi più velocemente e con una competenza maggiore, quindi con un ritorno e un beneficio anche per i pazienti».

Secondo il presidente ACOI Pierluigi Marini, «questi sistemi, oltre a essere attrattivi per i giovani, ci permetteranno di accompagnarli per fargli fare una parte o interi interventi chirurgici con un sistema di tutoraggio che oggi non riusciamo a mettere in campo. Allora dobbiamo aumentare i volumi di attività chirurgici di questi giovani per farli tornare a fare i chirurghi».

Ci si augura, infine, che le istituzioni colgano questa innovazione e l’introducano nelle scuole di specializzazione, insieme agli altri consigli offerti dagli esperti.