È uno scenario ancora una volta a tinte fosche quello delineato dal Rapporto Gimbe. La lunga e accorata illustrazione del rapporto di Nino Cartabellotta è partita ancora una volta dall’art. 32 della Costituzione, sottolineando come il diritto alla salute rappresenti anche una tutela della democrazia e dell’economia del Paese.

Tuttavia, «siamo testimoni di un lento ma inesorabile smantellamento del SSN, che spiana inevitabilmente la strada a interessi privati di ogni forma. Continuare a distogliere lo sguardo significa condannare milioni di persone a rinunciare non solo alle cure, ma a un diritto fondamentale: quello alla salute».

Progressivo smantellamento del SSN: aumentano spesa privata e rinuncia alle cure

Nel tempo i Governi hanno progressivamente smantellato questo bene comune, le cui drammatiche conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: aumento delle disuguaglianze, famiglie schiacciate da spese insostenibili, cittadini costretti a rinunciare a prestazioni sanitarie, personale sempre più demotivato che abbandona la sanità pubblica.

Nonostante le iniezioni continue al FSN dal Covid in poi, nell’ultimo triennio la carenza è di 13,1 miliardi di euro. Le risorse carenti e una ripartizione lontana dall’equità si ripercuotono sulle famiglie la cui spesa out of pocket ha toccato i 41,3 miliardi di euro e sulla rinuncia alle cure che interessa ormai 1 cittadino su 10. Senza contare che solo 13 Regioni hanno rispettato i LEA alimentando le perduranti migrazioni sanitarie verso il Nord.

L’assurdo squilibrio del personale

Nonostante le continue denunce di carenza di medici, l’Italia si colloca al secondo posto in Europa per numero di medici per abitante (5,4 ogni 1.000, contro la media OCSE di 3,9).

Cartabellotta chiarisce l’equivoco: «Questi numeri dimostrano che in Italia non c’è affatto carenza di medici, ma attestano una loro fuga continua dal SSN e carenze selettive in specialità ritenute poco attrattive e nella medicina generale. Il problema è l’attrattività della sanità pubblica, acuita da retribuzioni ben al di sotto della media Ocse (i medici specialisti guadagnano in media 117.954 euro contro i 131.455 della media Ocse)».

A questo “eccesso” di medici fa da contraltare una carenza strutturale di infermieri. L’Italia si trova in coda rispetto ai Paesi Ocse, con appena 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti a fronte di una media di 9,5. Un problema quest’ultimo aggravato dal crollo dell’attrattività del Corso di Laurea in Infermieristica, dove per l’anno accademico 2025/2026 il rapporto tra domande e posti disponibili è sceso a 0,92.

Ritardi gravi del PNRR Salute: il rischio di un’occasione mancata

La situazione non è migliore, focalizzando l’attenzione sulla riforma dell’assistenza territoriale sancita dal DM 77/2022.

Il conto alla rovescia per la Missione Salute del PNRR si fa pressante, con 14 obiettivi ancora da completare entro la scadenza del 30 giugno 2026. Nonostante la rimodulazione al ribasso concessa dall’Europa, i ritardi suscitano preoccupazione.

Il monitoraggio Gimbe rivela che i target più critici sono l’attivazione di Case della Comunità e Ospedali di Comunità: quanto alle prime, delle 1.723 programmate, al 30 giugno 2025 solo 218 (12,7%) avevano i servizi attivi. Il dato più allarmante è che solo 46 (4,4%) disponevano effettivamente del personale medico e infermieristico necessario. Quanto agli ospedali di Comunità, a fronte di 592 strutture programmate, solo 153 (26%) sono state dichiarate attive.

Secondo Cartabellotta, il rischio è di «lasciare in eredità alle future generazioni strutture vuote, tecnologie digitali non integrate nel SSN insieme ad un pesante indebitamento, sprecando così un’occasione irripetibile per rafforzare la sanità pubblica».

Altri ritardi significativi riguardano l’antisismica (spesa totale inferiore all’11% del finanziamento) e il pieno funzionamento del Fascicolo Sanitario Elettronico. Al 31 marzo 2025, solo 6 documenti su 16 (come la lettera di dimissione o i referti di laboratorio) risultavano disponibili in tutte le Regioni, e appena il 42% dei cittadini aveva espresso il consenso alla consultazione.

L’espansione del privato

L’indebolimento del SSN, unito ai problemi di personale e ai ritardi nelle riforme territoriali, crea il terreno fertile per l’espansione del settore privato, ben oltre quello convenzionato.

Il rapporto Gimbe evidenzia che nel 2023, su quasi 30.000 strutture sanitarie, il 58% era privato accreditato, prevalendo in ambiti chiave come l’assistenza residenziale (85,1%) e riabilitativa (78,4%). A correre davvero è il settore esclusivamente privato: tra il 2016 e il 2023, la spesa delle famiglie presso queste strutture è aumentata del 137%, passando da 3,05 miliardi a 7,23 miliardi di euro.

«Questo scenario documenta una profonda evoluzione dell’ecosistema dei privati in sanità, dove il libero mercato si sta espandendo grazie alle sinergie tra finanziatori ed erogatori privati, creando un binario parallelo e indipendente dal pubblico, riservato solo a chi può permetterselo», ha enfatizzato Cartabellotta.

La Fondazione Gimbe invoca, pertanto, un “patto” e un’accelerazione immediata per la volata finale del PNRR, che deve tradurre le risorse in servizi concreti per i cittadini, evitando di sprecare un’occasione storica per rafforzare la sanità pubblica.

«Il futuro del SSN si gioca su una scelta politica netta: considerare la salute un investimento strategico del Paese o continuare a trattarla come un costo da comprimere», ha concluso il presidente Gimbe ricordando che le risorse da sole non bastano, ma devono correre di pari passo a riforme di sistema.