Da un lato il PNRR dall’altro i nuovi Regolamenti europei sui dispositivi medici. Sono i due fattori che stanno offrendo alla sanità e al sistema salute di rinnovare (anche) il parco di apparecchiature diagnostiche e altri dispositivi: obsoleti, deficitari, non equamente disponibili sul territorio. Tuttavia non senza criticità.
I Regolamenti europei
L’applicazione dei nuovi dispositivi diagnostici in vitro (Ivdr 746.2017), una particolare categoria di prodotti utilizzabili in differenti ambiti, dai laboratori di analisi fino all’ambiente domestico nel caso degli autotest, sarà attiva dal prossimo 26 maggio 2022, imponendo alcuni obblighi.
«I nuovi dispositivi diagnostici», spiega Roberta Marcoaldi, direttore dell’Organismo notificato presso l’Istituto Superiore di Sanità, «devono riportare la marcatura CE ma secondo la Ivdd 98/79/CE solo una minima parte, all’incirca 10% circa, a oggi presenta questa caratteristica a seguito dell’intervento di un Organismo notificato.
La restante ha di fatto una marcatura apposta sotto l’esclusiva responsabilità del fabbricante.
Con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento, la percentuale di dispositivi diagnostici CE dovrebbe salire al 95%, garantendo un maggior controllo grazie alla valutazione di organismi notificati. Ulteriore novità, ancora più importante, è la classificazione dei dispositivi in base al rischio e in funzione della loro destinazione d’uso».
Perché investire in dispositivi ad alta tecnologia
Dispositivi medici e grandi apparecchiature utilizzati per la salute e per il benessere, in Italia ammontano a un parco di 1,5 milioni di unità tecnologiche. Tuttavia meritevoli di un efficientamento: secondo l’Osservatorio parco installato (Opi) di Confindustria dispositivi medici, all’incirca 18mila apparecchiature di diagnostica per immagini, quali risonanze magnetiche, Pet, Tac, angiografi e mammografi, sono obsolete.
L’Opi segnala, per esempio che il 71% dei mammografi convenzionali data oltre 10 anni, il 69% delle Pet ha più di 5 anni e il 54% delle risonanze magnetiche chiuse 1,0 T superano il decennio.
Nel frattempo, però, il settore si è evoluto offrendo nuove soluzioni diagnostiche, all’avanguardia: il PNRR rappresenta una opportunità per il loro rinnovamento destinando investimenti per l’acquisto e/o il collaudo di almeno 3.133 apparecchiature obsolete e/o fuori uso entro la fine del 2024.
Le criticità del settore
Covid-19 ha contribuito a fare emergere la crisi del settore dei dispositivi diagnostici e medici a fronte di una importanza, fondamentale e prioritaria, per la salute pubblica.
Un esempio: la necessità di acquistare mascherine e reagenti per i tamponi all’estero per fronteggiare l’emergenza, successive (anche) a decisioni politiche che hanno dimenticato la centralità della white economy.
«Occorre da un lato incentivare la produzione di dispositivi sul nostro territorio, sia di aziende nazionali che estere, per acquisire indipendenza dalle importazioni», aggiunge Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici, «dall’altro è necessario incentivare le imprese a fare ricerca nei poli tecnologici e nelle strutture cliniche di eccellenza italiane».
In questa direzione il PNRR non sostiene il comparto con una politica industriale ad hoc che supporti nuovi investimenti, all’opposto una tassazione tra le più alte rispetto ai grandi Paesi e in Italia rispetto ad altri comparti, pesa sull’intero settore.
Oggi ulteriormente gravato dal contesto internazionale. «La produzione di alcuni dispositivi medici, a causa del conflitto russo-ucraino», chiarisce Fernanda Gellona, direttore generale di Confindustria Dispositivi Medici, «sta subendo la crisi delle materie prime con un incremento dei costi dei prodotti finiti del +29,6%, e di approvvigionamento. Si paventa la difficoltà di rifornire gli ospedali a danno del SSN e dell’accesso a cure e tecnologie per i cittadini».
Gli investimenti destinati alla sanità anche dal NextGenerationEu rappresentano un’ulteriore occasione per investire in innovazione tecnologica e realizzare.
La sfida
La sanità ad alta tecnologia è la grande opportunità per una sanità di prossimità, interconnessa e sicura.
«Non basta acquistare o rinnovare tecnologie per produrre modifiche efficaci e utili», conclude Umberto Nocco, presidente dell’Associazione Italiana Ingegneri Clinici, «occorre porsi in una posizione di osservazione rispetto ad un Piano che infonde risorse importanti per il sistema Paese, che vanno investite con intelligenza, progettualità e capacità prospettiche per non sprecare l’occasione. È la sfida della “cultura tecnologica”, piattaforma di riferimento per i professionisti, per i manager della sanità, per le organizzazioni e per tutto il SSN».
Francesca Morelli