Una superiore intensità del segnale e una maggiore risoluzione spettrale rispetto ai modelli precedenti sono fra le caratteristiche dei sistemi di risonanza magnetica a 7 Tesla, che oltre a esser stati al centro di recenti interventi congressuali sull’ortopedia sono utilizzati con successo a scopo di ricerca in numerose discipline.

Il primo scanner a 7 Tesla per imaging a risonanza magnetica del corpo umano è stato autorizzato all’uso per scopi di ricerca sul territorio dell’Unione europea, solamente poco più di due anni fa.

Si tratta del sistema Magnetom Terra di Siemens la cui principale applicazione è la ricerca in ambito neurologico e muscolo-scheletrico attraverso immagini anatomico-funzionali ad altissima risoluzione spaziale.

Fra le sue caratteristiche di rilievo, come è stato illustrato dal sito 01Health, spicca la migliore qualità dell’imaging rispetto ai sistemi a 3 Tesla.

Superiore è la risoluzione spaziale e spettrale che esso garantisce; più preciso il contrasto e più elevato è il rapporto fra segnale e rumore. Tutto questo apre la strada a una migliore caratterizzazione dei tessuti in termini di proprietà biochimiche e metaboliche, per diagnosi più accurate e dunque più efficaci.

Nella fattispecie l’organo di informazione online aveva poste in evidenza le potenzialità della tecnologia nell’identificazione delle lesioni cerebrali tipiche della sclerosi multipla, data la capacità di indagare dettagli destinati a restare invisibili alle scansioni con soluzioni da 3 Tesla. In realtà i campi di applicazione possibili sono ben più numerosi.

Nel corso del più recente Congresso nazionale della Società italiana di ortopedia e traumatologia (SIOT) una delle relazioni presentate ha toccato tematiche propriamente ortopediche.

Il professor Antonio Esposito, vice direttore del Centro di Imaging sperimentale dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha spiegato la tecnologia di risonanza magnetica 7 Tesla presente presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e utilizzata in studi preclinici.
Si tratta del 7 Tesla small bore Magnetic Resonance (MR) scanner di Bruker (BrukerBioSpec® 70/30).

Caratteristiche e applicazioni

Antonio Esposito

«Esistono», ha detto Esposito, «due tipologie di scanner a 7 Tesla.
I più diffusi sono quelli per la ricerca pre-clinica su piccoli animali; gli altri, meno diffusi, permettono lo studio del corpo umano.
Anche questi ultimi hanno attualmente solo finalità di ricerca opportunamente approvate da comitati etici, poiché l’utilizzo clinico non è ancora autorizzato dal legislatore data la mancanza di sufficienti dati scientifici che dovranno chiarire tutti gli aspetti relativi ai potenziali vantaggi diagnostici e alla sicurezza.

Nel nostro Paese i sistemi 7 Tesla per imaging umano sono rarissimi, così come lo sono su scala internazionale, sia per le motivazioni sopra citate, sia per gli elevati costi.
Posti tuttavia i limiti evidenziati qui sopra, le ricerche suggeriscono che il ricorso agli scanner per la risonanza magnetica da 7 Tesla potrebbe essere vantaggioso e rappresentare un’evoluzione importante.

Nonostante questo, è impressione del professor Esposito che, come è accaduto anche per quelli da 3 Tesla, i tempi di approvazione e autorizzazione all’uso clinico sull’uomo potrebbero essere giustamente ancora lunghi, probabilmente attorno ai dieci anni.
E questo perché, nonostante gli eventuali effetti collaterali legati all’utilizzo di scanner a 7 Tesla che iniziano ad essere riportati in letteratura sembrino poco pericolosi e tutto sommato piuttosto generici, è ovviamente necessario un maggiore approfondimento di questi aspetti e anche una chiara definizione dei protocolli e dei campi di applicazione che permettano a questa tecnologia di essere realmente vantaggiosa rispetto a tecnologie più validate e meno costose.

Rari sono anche gli scanner 7 Tesla per imaging su piccoli animali di laboratorio, il cui utilizzo nell’ambito della ricerca preclinica offre indubbi vantaggi.

«Il vantaggio più evidente è quello di poter monitorare nel tempo tutti gli aspetti morfologici, fisiologici o fisiopatologici, senza la necessità di sacrificare gruppi differenti di animali a diversi time-points. Considerando l’elevata variabilità interindividuale che caratterizza tanto i modelli pre-clinici di malattia quanto lo sviluppo delle malattie nell’uomo, la possibilità di seguire lo stesso soggetto nel tempo», ha proseguito Esposito, «attraverso la risonanza magnetica a elevato campo (7 Tesla), consente di migliorare moltissimo la potenza statistica degli studi di ricerca e di ridurre moltissimo, anche di 10 volte o più, il numero di animali necessari per portare avanti uno studio necessario per la valutazione preclinica della funzione ed efficacia di un determinato approccio terapeutico innovativo, per esempio di una nuova molecola potenzialmente attiva contro una massa tumorale».

Con questa moderna metodologia di ricerca i ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano hanno studiato via via problematiche oncologiche, onco-ematologiche, cardiovascolari, neurologiche, endocrino-metaboliche ed ortopediche-articolari, sviluppando man mano protocolli di imaging con risonanza magnetica a 7 Tesla che rendono la ricerca più moderna ed efficiente e, quindi, anche più etica e meno costosa.

«Ulteriore vantaggio consiste nella possibilità di traslare più facilmente ed efficacemente i risultati della ricerca preclinica all’uomo, nel momento in cui la ricerca si è basata su biomarker non invasivi di risonanza magnetica che sono gli stessi che vengono utilizzati in clinica per diagnosi o il follow-up delle malattie, come quelli misurati in risonanza magnetica», ha detto Esposito.

Facendo tesoro di un finanziamento ministeriale, il team del San Raffaele è ora intenzionato a integrare la risonanza magnetica da 7 Tesla con l’innovativo sistema di raffreddamento a elio Cryoprobe che raffredda il sistema di antenne necessarie per la trasmissione e ricezione del segnale a radiofrequenza alla base della formazione delle immagini in risonanza magnetica. Raffreddando queste antenne (bobine) e i loro circuiti e facendoli lavorare a temperature molto al di sotto dello 0, il rapporto segnale-rumore può essere incrementato fino a due-tre volte, con conseguente ulteriore miglioramento della risoluzione di contrasto o spaziale.

Un network paneuropeo

La tecnologia da 7 Tesla ha costi di acquisizione e gestione decisamente impegnativi e inoltre richiede agli utilizzatori un know-how raffinato. Per questo motivo, al San Raffaele di Milano è stata creata una Facility di Imaging Preclinico, che include uno scanner di risonanza magnetica a7 Tesla, come altre metodiche di imaging dedicate alla ricerca pre-clinica, trasversalmente a servizio di tutti i laboratori di ricerca dell’Istituto, ed anche di laboratori accademici o industriali esterni.

Attualmente, l’impegno della Facility di Imaging Preclinico del San Raffaele è parzialmente assorbito dalla collaborazione con il consorzio paneuropeo Euro Bioimaging, riconosciuto dalla Commissione europea e da questa finanziato col contributo degli Stati membri.

Scopo dell’iniziativa è riunire in una infrastruttura di rete i diversi nodi in grado di fornire dei servizi di imaging preclinico avanzato, così da poter mettere a disposizione di tutta la comunità scientifica europea un servizio allo stato dell’arte, così importante per fare una ricerca moderna ed efficiente.

Un caso pratico dal congresso SIOT

Nel corso del più recente congresso nazionale della Società italiana di ortopedia e traumatologia (SIOT) è stato presentato lo studio La valutazione della cartilagine del ginocchio prima e dopo l’infiltrazione con acido ialuronico mediante RM a 7 Tesla: risultati preliminari.

Autori della ricerca sono Michele Giuntoli, Michelangelo Scaglione, Francesco Addevico, Lorenzo Andreani, Stefano Marchetti.
Con l’eccezione del primo, attivo a Montecatini Terme, gli altri sono in forze alla AOUP – Azienda Ospedaliera Università Pisana nei reparti di Ortopedia e traumatologia del polo di Cisanello (Pisa). Si è partiti dall’evidenza che a oggi «non esiste un metodo validato e ri-producibile per documentare gli effetti dell’acido ialuronico (HA) sulla cartilagine articolare».
E che però «la qualità della cartilagine articolare può essere valutata con la risonanza magnetica (MRI)».

L’idea è che «l’elevata risoluzione delle immagini a 7 Tesla (T) potrebbe permettere di acquisire dati morfologici e alterazioni strutturali cartilaginee con maggior accuratezza e tempi di acquisizione inferiori».

Obiettivo specifico del lavoro era definire l’efficacia di una terapia e un prodotto specifici a base HA nel trattamento della gonartrosi precoce, «valutandone gli effetti sulla cartilagine e sui sintomi dei pazienti».
Per questo «14 pazienti (20 ginocchia) sono stati trattati con due infiltrazioni a sette giorni di distanza. Per ciascun ginocchio sono state effettuate tre MRI a 7 Tesla e cinque valutazioni cliniche, dalla visita (V) 0 alla V4.

Le risonanze sono state effettuate alla V1, prima del trattamento; alla V3, a 45 giorni dal trattamento e alla V4 a sei mesi di distanza. La valutazione clinica si è avvalsa del WOMAC – Western Ontario and McMaster Universities Osteoarthritis Index (V1 e V4) – e della VAS (Visual Analogical Scale – V0, V1, V3 e V4). I principali criteri di inclusione sono stati: l’età compresa tra 40 e 80 anni, l’indice di massa corporea (BMI) inferiore a 40, gonartrosi sintomatica e radiografica (K&L II o III), VAS a riposo superiore a 40».

I risultati riportati sono stati che «il WOMAC si è ridotto significativamente da 30.8±14.2 alla V1 a 12.1±7.7 alla V4 (p<0.001); la VAS è scesa da 60.8±12.0 mm alla V0 a 15.1±14.9 mm alla V4 (p<0.001).
Relativamente alla MRI i dati sono parziali: è stato evidenziato un aumento del volume e dello spessore della cartilagine con formazione di tessuto fibroso in alcuni difetti cartilaginei».

Nel corso dello studio perciò, «l’utilizzo di un magnete a 7 Tesla ha permesso di valutare la struttura cartilaginea prima e dopo l’utilizzo dell’acido ialuronico».
E infine, «i risultati preliminari della MRI hanno confermato la possibilità di utilizzare un magnete da 7 Tesla per valutare in vivo i cambiamenti della cartilagine».

(fonte: giot.it/wp-content/uploads/2019/11/06_Comunicazioni-su-tema-1.pdf)

Roberto Carminati