La legge 24/2017, meglio nota come Gelli-Bianco, relativa alla responsabilità professionale in ambito sanitario è da poco una realtà e c’è già chi ne denuncia le mancanze. Pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’8 marzo scorso e diventata attuativa dal 1° aprile, la legge è stata indicata come inadeguata dall’Associazione Nazionale Esperti Infortunistica Stradale (Aneis). Secondo Aneis, la legge manca di obbligatorietà di copertura assicurativa per le strutture sanitarie e della fissazione di un termine perentorio entro il quale, accertata l’inadeguatezza delle cure, il risarcimento del danno deve essere liquidato. Forte la denuncia del presidente Aneis, Giovanni Polato: «il vero motore di questa riforma è la questione finanziaria e la protezione della classe medica, altro che sicurezza delle cure e diritti del malato». Come ha detto anche il procuratore generale presso la Corte dei Conti Claudio Galtieri in un recente convegno svoltosi presso l’Aula Magna dell’Università di Padova, «la legge è ispirata alla necessità di porre fine alla medicina difensiva, che costa miliardi allo Stato. Prova ne sia che la frase che ricorre più spesso nella legge è: “senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Affermazione, questa, che si trova sia quando viene descritta la funzione del difensore civico quale garante per il diritto alla salute (art. 2) sia quando la legge prevede l’istituzione del Centro Regionale per la Gestione del Rischio Sanitario e la Sicurezza del Paziente (art. 2). E ancora quando si annuncia l’istituzione di un nuovo Ente, l’Osservatorio Nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza della sanità (art. 3), che deve svolgere le proprie funzioni di coordinamento sempre “senza oneri a carico della finanza pubblica”». Secondo Polato, quindi, questa legge è inadeguata perché al suo centro non ci sono le vittime di malasanità, ma piuttosto le finanze dello Stato.
Stefania Somaré