«Nell’impossibilità di ottenere un’audizione formale in Commissione Bilancio, che ha scelto di ascoltare esclusivamente soggetti istituzionali», afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, «desideriamo portare all’attenzione dell’opinione pubblica e della politica le nostre analisi e proposte per contribuire al dibattito parlamentare conclusivo».
Ecco i principali passi avanti compiuti dalla Manovra 2019 relativamente al finanziamento pubblico della sanità.
Sottoscrizione del Patto per la Salute 2019-2021 – come già richiesto anche dalla Fondazione GIMBE, la scadenza è stata posticipata di due mesi, ovvero al 31 marzo 2019.
Fondi per la riduzione dei tempi di attesa – i 150 milioni di euro previsti per gli anni 2019-2021 diventano 350 (150 per il 2019 e 100 l’anno per il 2020 e il 2021.
«È bene ribadire», spiega Cartabellotta, «che si tratta di risorse vincolate a “implementazione e ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica”, nel rispetto delle indicazioni previste dal nuovo Piano Nazionale per il Governo delle Liste d’Attesa. In altri termini, le Regioni non potranno utilizzarle per assunzione di personale o e/o acquisizione di prestazioni sanitarie da soggetti privati».
Possibile che per il 2020 le liste d’attesa beneficino di altri 50 milioni di euro assegnati dal Decreto Fiscale.
Programmi di edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico – il fondo aumenta complessivamente di 4 miliardi di euro, «una cifra indubbiamente rilevante», secondo Cartabellotta, «ma troppo diluita nel tempo, dato che saranno nella disponibilità delle Regioni solo 100 milioni di euro l’anno per 2021 e 2022, 400 milioni l’anno dal 2023 al 2031 e 200 milioni nel 2032».
Farmaci innovativi – confermati i due fondi (500 milioni di euro ciascuno) per farmaci innovativi e innovativi oncologici, che saranno trasferiti nello stato di previsione del MEF nell’ambito del finanziamento del FSN cui concorre lo Stato.
A fronte di conferme e passi avanti, restano però disattese inderogabili necessità per la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale, in particolare quelle che riguardano il personale.
Rinnovi contrattuali – gli spiragli intravisti dopo lo sciopero dei medici non si sono al momento concretizzati in risorse dedicate. Infatti, per la dirigenza, a partire dal triennio 2019-2021, il trattamento economico aggiuntivo (indennità di esclusività) concorrerà alla determinazione del monte salari ma rimarrà nel FSN indistinto; inoltre, nessun riferimento alla retribuzione individuale di anzianità.
Sblocco del turnover – respinti gli emendamenti che proponevano di modificare il tetto di spesa per il personale, fissato all’ammontare del 2004 diminuito dell’1,3%: il ministro della Salute Grillo sta facendo pressing con il viceministro dell’Economia Garavaglia per intervenire al Senato su quello che lei stessa ha definito “anacronistico parametro non più tollerabile”.
Nuovi LEA – nessuna proposta per sbloccare i nomenclatori tariffari bloccati dal MEF per mancata copertura finanziaria, che impediscono di fatto l’esigibilità dei nuovi LEA.
Superticket – non ha visto la luce l’emendamento per rifinanziare il fondo per ridurre il superticket.
Auspicando che al Senato alcune di queste misure possano essere accolte nella Manovra, la Fondazione GIMBE suggerisce due ulteriori spunti per il dibattito parlamentare:
– distribuire equamente nel quinquennio 2019-2023 i 327,7 milioni di euro stanziati per le borse di studio delle scuole di specializzazione, assicurando nel 2023 ben 2.600 (anziché 900) nuovi specialisti, che peraltro già all’ultimo anno di corso potranno essere ammessi ai concorsi per l’accesso alla dirigenza.
– spostare sulle Regioni i costi organizzativi del corso di formazione specifica in Medicina Generale, aumentando così il numero di borse da circa 250 a 290 l’anno.
Conclude Cartabellotta: «da questo primo giro di consultazioni parlamentari la Manovra 2019 esce con un “paniere sanità” più ricco, ma al momento il personale sanitario – vero pilastro del SSN – resta insoddisfatto. Le risorse certe sono solo quelle stanziate per il 2019, perché l’aumento del FSN e gli altri interventi previsti per gli anni successivi sono inevitabilmente legati ad ardite previsioni di crescita economica e oggi non rappresentano liquidità in cui confidare».