Medicina di genere: serve un impegno della comunità medico-scientifica

«Nella comunità medico-scientifica c’è un baratro di conoscenza: quello della medicina di genere» è l’allarme lanciato da Giovannella Baggio, presidente del Centro studi nazionale sulla salute e medicina di genere, titolare della prima cattedra di Medicina di Genere all’Università di Padova, durante il convegno “Abbiamo a cuore le donne”, promosso dall’associazione Donneinrete, con il supporto di Boston Scientific. «Ogni giorno in corsia mi trovo a curare nello stesso modo un uomo e una donna con la stessa patologia: questo perché la maggior parte della ricerca che sta alla base delle azioni mediche è stata condotta sull’uomo e le azioni mediche vengono traslate alla donna, in molti casi senza prove ed evidenze scientifiche». Ma donne e uomini sono molto diversi, anche parlando di salute. Si pensi che la malattia cardiovascolare, che provoca più del 50% delle morti, considerata prerogativa maschile, oggi prevale più nella donna che nell’uomo. «Non solo perché la donna invecchia di più», spiega la Baggio, «ma anche perché i fattori che provocano questa malattia hanno un impatto molto diverso nella donna rispetto all’uomo e allora le azioni di prevenzione sono state condotte probabilmente in modo sbagliato». Tra le differenze da segnalare: il diabete è molto più cattivo nella donna, il colesterolo totale ha un diverso significato nella donna, e l’“aspirinetta” nella donna non funziona come prevenzione dell’infarto. «È necessario dunque», conclude la Baggio, «un impegno in Italia verso la medicina di genere, che non è la malattia che studia le malattie che colpiscono prevalentemente le donne rispetto agli uomini, ma la scienza che studia l’influenza del sesso e del genere sulla fisiologia, fisiopatologia e clinica di tutte le malattie per giungere a decisioni terapeutiche basate sull’evidenza, sia nell’uomo che nella donna».