L’adrenomedullina (ADM) è un ormone vasoattivo difficilmente dosabile in quanto viene rapidamente metabolizzato dalle proteasi (la sua emivita è di 22 minuti).
La proadrenomedullina (MR-proADM) – in particolare la sua porzione centrale, non soggetta a degradazione enzimatica – è invece un suo biomarker surrogato (1:1) e consente di indagare la disfunzione endoteliale, che accomuna tutti i quadri di shock, incluso lo shock settico.
La MR-proADM è un predittore indipendente di cinque tipi di danno d’organo, con la sola eccezione di quello epatico, e consente pertanto un monitoraggio continuativo del paziente.
In questa videopillola il dott. Bruno Viaggi, neurointensivista all’Ospedale Careggi di Firenze, illustra i principali risvolti applicativi di questo biomarker nell’ambito dell’unità di terapia intensiva (UTI).
Contestualizzazione della MR-proADM in Terapia Intensiva
La MR-proADM è un utile complemento agli score impiegati nella UTI per stabilire la severità della condizione clinica del paziente (SOFA, APACHE) e concorde con il quadro clinico, nel quale tutti i marker devono essere necessariamente contestualizzati.
Più in dettaglio, l’aspetto da valutare della MR-proADM, analogamente alla procalcitonina (PCT), è la sua clearance: un washout più rapido si associa infatti a maggiori probabilità di sopravvivenza.
Come anche dimostrato in uno studio pubblicato qualche anno fa (PlosOne 2018; 13: e 0201491), la MR-proADM, a differenza di SOFA e PCT, offre l’opportunità di prevedere con circa 24 ore di anticipo lo sviluppo di uno shock settico.
Da qui il suo razionale di impiego in dual approach con la PCT: la MR-proADM come biomarker di danno d’organo e di elevato valore prognostico, la PCT come biomarker principale di sepsi e nella valutazione dell’efficacia della terapia antibiotica. La valutazione integrata dei due dosaggi consente quindi una diagnosi più accurata e personalizzata.
Un valido supporto decisionale
I cut-off della MR-proADM sono stati definiti nel corso del tempo e oggi consentono di personalizzare la strategia e l’intensità di cura: per esempio un valore di MR-proADM inferiore a 2,25 nmol/L giustifica il trasferimento di un paziente da un ambiente intensivo a uno subintensivo, mentre in pronto soccorso il suo livello può supportare il medico nella decisione di ricoverare, trattenere temporaneamente, o dimettere un malato in rapporto al suo profilo di rischio. L’importanza diagnostica della MR-proADM è dovuta al fatto che il suo valore è indipendente dall’eziologia.
Un’altra sua opportunità di impiego in dual approach è la stratificazione del rischio di MDR (Multidrug Resistance), mirata a selezionare i pazienti affetti da infezioni respiratorie o sistemiche da sottoporre a diagnostica rapida.
E’utile per un paziente a domicilio in ventilazione, Peg, Catetere endovescicale con PCR e PCT elevati, è clinicamente settico?
Bravi bravi eccellente la vs applicazione della scienza acquisitia ,disponibili ,gentili ci fate sentire a casa .
Io sono stata operata nel 2021per cancro ovarico , mi ha operato la dott. Zanagnolo , ho fatto chemio prima e dopo l’intervento ,e dopo come mantenimento , monoclonali”bevacizumab” ad oggi tutto ok .
Conto di fare un controllo ai primi dell’anno quando entriamo nel fatidico”quinto anno” vi saluto tutti compresa la prof NICOLETTA COLOMBO