Nuovi edifici per l’Ospedale San Martino a Genova

06_foto-lato-laboratoriNel contesto del piano per la creazione dei Poli Specialistici ospedalieri, i progetti per i nuovi Laboratori centralizzati e per il Blocco operatorio sono tra gli interventi più interessanti dal punto di vista spazio-funzionale.

La realizzazione della nuova sede dei Laboratori Centralizzati nasce dall’esigenza di rispondere ai profondi cambiamenti dell’attività del Laboratorio d’analisi, oggi articolata in varie strutture disperse nell’Istituto (Chimica clinica, Ematologia, Immunometria, Microbiologia ecc.).
Il progetto si inserisce nel contesto della crescente importanza della medicina di laboratorio nelle decisioni mediche di diagnosi e terapia che, a livello regionale, ha portato alla riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche attraverso modalità operative uniformi, tali da consentire una più elevata efficienza di gestione, facilitare l’accesso della popolazione ai servizi e raggiungere migliore livelli di specializzazione e qualità dei dati. «Obiettivo principale del progetto», spiega l’arch. Alessandro Orazzini, direttore dell’UO Attività Tecniche, «era la costruzione di un edificio in grado di accogliere tutte le Medicine di Laboratorio per tutta l’attività analitica dell’azienda, in un’unica struttura dotata di spazi e percorsi adeguati all’insieme delle attività, situata alle spalle del Monoblocco in luogo del fabbricato che ospitava le cucine.

Alessandro Orazzini
Alessandro Orazzini

Più in generale, i nuovi Laboratori centralizzati consentiranno il conseguimento di importanti economie di scala, utili anche a raggiungere le soglie critiche per rendere cost effective l’acquisizione di tecnologie ad alta produttività, facilitando l’aumento delle competenze e dell’esperienza correlate all’incremento dell’attività.
Sarà inoltre possibile controllare l’efficienza di sistema, liberando risorse da destinare a progetti di ricerca e alla creazione della Banca delle cellule e dei tessuti e della Banca del sangue della Regione Liguria».

 

Come si è evoluto il progetto?
«In considerazione della necessità di realizzare un Laboratorio unificato, e preso atto della cronica carenza di fondi, l’azienda decise nel 2010 di bandire una gara con le modalità, sino ad allora poco esplorate, del leasing in costruendo (ex art. 160 bis del codice vigente al momento). In origine, il nuovo edificio prevedeva solo quattro livelli, già dimensionati per aggiungere ai laboratori esistenti altri spazi in previsione di futuri trasferimenti di attività di laboratorio e per la creazione di ulteriori banche biologiche.
L’accorpamento con l’IST (avvenuto nel settembre 2011, con conseguente unificazione dei laboratori di Anatomia Patologica e a gara assegnata), nonché l’identificazione del Centro trasfusionale ospedaliero con quello di livello regionale, portarono alla necessità di prevedere un ulteriore piano, oltre ai quattro previsti, con una superficie complessiva del nuovo edificio pari a 8.600 m2».06_foto-lato-a-ss-oo-con-tunnel

Un nuovo progetto
Durante l’iter autorizzativo del progetto dei Nuovi Laboratori, durato alcuni anni in conseguenza dei ricorsi intervenuti dopo l’assegnazione dei lavori e risolti solo nel 2014, intervenne la necessità di prevedere un Nuovo Blocco operatorio.
«Le otto sale dei due comparti chirurgici già presenti al 2° piano del Monoblocco erano state ristrutturate nel 2009/’10 e, grazie al successivo trasferimento della Terapia Intensiva dal secondo al terzo piano, si erano create le condizioni per procedere al potenziamento del Blocco Operatorio utilizzando i Fondi Sviluppo e Coesione resi disponibili dalla Regione Liguria.
Dopo un’accurata valutazione delle possibilità d’intervento, fu deciso di costruire un edificio d’ampliamento, anch’esso situato alle spalle del Monoblocco, a fianco dei nuovi Laboratori centralizzati.lab-vista_2
Approvato nel 2015, questo progetto risponde a numerosi obiettivi:
• unificare l’attività chirurgica accorpando quasi tutte le sale operatorie dell’ospedale in una sorta di piastra sospesa, posta in adiacenza ai reparti di cura intensiva, di degenza chirurgica, cardiologica con Utic, cardiochirurgica e dei trapianti, oltre alle attività diagnostiche per immagini e attività di laboratorio che saranno accorpate nel nuovo edificio;
• connotare il Monoblocco come padiglione delle chirurgie e delle degenze ad alta complessità, permettendo la contestuale chiusura dei numerosi altri Blocchi operatori presenti nell’ospedale;
• consolidare la nuova vocazione del Monoblocco attraverso la possibilità di creare, nei piani dal primo al quarto, aree per l’Endoscopia e gli Ambulatori chirurgici, senza pregiudizio per l’eventuale realizzazione di un ulteriore ampliamento sul fronte principale dell’edificio;
• migliorare i collegamenti intraospedalieri con le altre aree, in particolare con il pad. Maragliano, mediante un nuovo percorso dotato di elevatori;
• contenere i costi di costruzione rispetto alle soluzioni progettuali precedentemente elaborate, liberando risorse per altre operazioni;
• permettere l’inserimento di tecnologie innovative in ambito chirurgico (per esempio, una sala operatoria ibrida e almeno una robotizzata);
• incrementare le superfici a disposizione della Terapia Intensiva Cardiochirurgica, posta nell’immediate vicinanze dell’area operatoria cardiovascolare e interventistica di quattro sale, inserita nel Nuovo Blocco Operatorio.

Architettura, funzioni, tecnologia
Quali sono gli aspetti più interessanti dei due progetti?
«La scelta forse più complessa è stata la previsione di costruire nuovi edifici, strategici per l’ammodernamento dell’Ospedale, in aree di risulta e non “in prima fila”, coniugando la funzionalità e l’alta tecnologia delle attività ospitate con l’oggettiva complessità dell’orografia del terreno tra il Monoblocco (il polo dell’interventistica) e il pad. Maragliano (il polo della riabilitazione).lab-vista_3
Questa innegabile difficoltà si è rivelata invece foriera di soluzioni impreviste ma efficaci, anche per collegare il Monoblocco con i due volumi dei Laboratori e del Blocco Operatorio e da lì raggiungere il Maragliano, finora isolato dal resto dell’ospedale. Nascono così due edifici di diversa altezza (5 piani i Laboratori e 2 il Blocco Operatorio), con la stessa quota di copertura, specializzata a verde (e senza emergenze volumetriche e tecnologiche), che ricuce il territorio lacerato dagli interventi che si sono susseguiti nei decenni.
Entrambi gli edifici hanno la caratteristica di avere almeno un intero piano dedicato agli impianti tecnologici; questa scelta di fondo ha permesso, nel caso del nuovo Blocco Operatorio, la dotazione di una Uta per ogni sala, anticipando la nuova norma Uni che lo impone e ottenendo dieci sale operatorie tutte classificate Iso 5.
Teniamo presente che nei due edifici non è necessaria la produzione di energia termica, perché l’Istituto dispone da ormai tre anni di un impianto di trigenerazione da 3,2 MW. Inoltre, la generazione dell’energia elettrica di emergenza avverrà con un sistema no-break che, grazie all’apparato rotante, consente di evitare l’uso di un enorme numero di accumulatori tradizionali con i relativi problemi di costo iniziale, manutenzione e smaltimento.
L’esiguità degli spazi disponibili ha agevolato la scelta progettuale per il nuovo Blocco Operatorio di allinearsi con le più recenti realizzazioni europee e nazionali, evitando la separazione dei percorsi sporco/pulito e prevedendo specifici e ferrei protocolli igienici e organizzativi».

Giuseppe La Franca, architetto