PNE 2018: la sanità migliora, meno le reti cliniche tempo-dipendenti

Il processo di miglioramento continuo richiesto alle strutture sanitarie per garantire qualità di cura e servizi alla cittadinanza italiana ha tra i suoi strumenti elitari il Piano Nazionale Esiti che annualmente consente alle Direzioni di valutare l’andamento dei propri indicatori di performance e mette in evidenza gli aspetti sui quali occorre porre maggiore attenzione.

L’edizione 2018, presentata il 4 giugno scorso e relativa ai dati del 2017, si è concentrata su 175 indicatori, dei quali 70 di esito, 75 di volumi o attività e 30 di ospedalizzazione.
Tra questi 8 sono nuovi e riguardano due aree di estrema importanza, vascolare e oncologica: volumi di embolia polmonare, mortalità a 30 giorni per embolia polmonare, volumi di PTCA in infarti STEMI e non –STEMI, volumi di intervento per carcinoma ovarico sono alcuni esempi.

Tradizionalmente uno dei parametri usati per valutare i miglioramenti generali di sistema è il ricorso al parto cesareo, che andrebbe scelto solo se davvero necessario, cercando invece di preferire il parto naturale che è più fisiologico tanto per la madre quanto per il nascituro. Questo indice è in continuo miglioramento, attestandosi in questa nuova edizione sul 23,4% contro il 24,5% dell’anno precedente: ciò significa che gli sforzi per raggiungere i valori considerati corretti dalla letteratura proseguono.

Si ricorda che il DM 70 del 2015, “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”, ha fissato al 15% la soglia massima consentita per i Punti Nascita che conducono meno di 1000 parti l’anno e al 25% quella per i Punti Nascita dove nascono più di 1000 bambini l’anno.

L’indicatore qui citato non è stato scelto a caso: si tratta di un buon metro di valutazione per osservare le differenze ancora esistenti tra le Regioni italiane.
Nella fattispecie, in molte Regioni le percentuali medie salgono decisamente rispetto a questi limiti, come nel caso della Campania, le cui province superano tutte il 42%, il valore più alto.

Non mancano inoltre casi di disomogeneità all’interno della stessa Regione, come in Lombardia, dove si passa da una percentuale dell’11,49% in provincia di Varese al 23,28% della provincia di Mantova. Una situazione simile si osserva anche in Toscana.

Da AGENAS asseriscono: «si conferma il dato di una forte eterogeneità interregionale e intra-regionale, a sottolineare come l’intervento sui processi culturali, clinici e organizzativi debba proseguire, anche se il trend in diminuzione è un chiaro segnale di contrasto all’erogazione di prestazioni inefficaci o potenzialmente dannose».

Tra i cambiamenti culturali da mettere in atto vi è anche l’idea di poter avviare a un parto naturale anche donne che hanno partorito il primo figlio con cesareo, ovviamente se i parametri ne garantiscono la sicurezza.
Questa procedura nel 2017 è stata avviata sul 9% delle donne, con una crescita di un punto percentuale rispetto al 2016. Alcune strutture in Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia-Romagna e Provincia Autonoma di Bolzano riescono a garantire tale percorso a oltre il 40% delle donne.

Un altro parametro da sempre sotto la lente d’ingrandimento del PNE è l’intervento entro 2 giorni dalla frattura del collo del femore per i pazienti over 65, un evento traumatico la cui incidenza è in aumento insieme all’età media della popolazione: è dimostrato che un intervento tempestivo ha esiti positivi sul paziente in termini di ripresa del passo e mortalità.
Anche questo valore sta migliorando in modo costante e in questa edizione la media nazionale è del 65%, oltre la soglia prevista dal DM 70 del 2015.

Migliora anche l’eterogeneità tra Regioni, soprattutto perché quelle del Sud hanno migliorato decisamente le performance: basti dire che la Campania è passata dal 27% nel 2016 al 50% nel 2017.
Permangono purtroppo ancora differenze intra-regionali, anche in Regioni virtuose che superano in media il 60%, come il Lazio, dove al 71,94% della Provincia di Roma si affianca il 35,29% di quella di Frosinone.
Si ricorda che le Linee Guida Internazionali indicano la soglia corretta al 90%, raggiunta in Italia solo dalla Provincia di Belluno (92,13%).

Altro dato interessante è la diminuzione degli interventi di bypass aorto-coronarico, passati da 17.854 nel 2010 ai 14.455 nel 2017, e dei ricoveri per tonsillectomia, arrivati nel 2017 al tasso del 2,05‰ partendo dal 2,85‰ nel 2010.

Tra i nuovi parametri, si può osservare quello per volumi di intervento per tumore ovarico, che non deve scendere sotto le 10 unità annue: si è contato che solo il 24% delle strutture ospedaliere che effettuano questo intervento rispettano il parametro (99 su 415), coprendo da sole il 75% degli interventi complessivi su base nazionale.

Il dato racconta del processo di centralizzazione che è stato da tempo avviato e che vuole portare miglioramenti negli outcome dei pazienti.
Sempre di centralizzazione si parla anche per i Punti Nascita, che dovrebbero eseguire almeno 500 parti l’anno: nel 2017 solo 90 strutture non hanno rispettato questo parametro rispetto alle 97 dell’anno precedente. In questi piccoli Punti Nascita è stato eseguito il 5,8% dei parti totali.

In definitiva, il nuovo PNE parla di una sanità che migliora nel tempo e cerca di allinearsi alle richieste nazionali e internazionali e ai dati di letteratura, seppur con alcune difficoltà.

C’è però un aspetto che viene sottolineato con forza da Francesco Bevere, direttore generale di AGENAS – Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, che si occupa della redazione del PNE: l’importanza di implementare le Reti Cliniche Tempo-Dipendenti, ancora in stadio embrionale in molte Regioni.

Francesco Bevere

«Questa edizione del PNE fotografa un sistema sanitario che marcia senza sosta per raggiungere i migliori standard, con la maggior parte delle Regioni del Sud che nell’ultimo periodo hanno alzato il passo. Il cammino intrapreso verso migliori performance incontra, tuttavia, ancora l’ostacolo della disomogeneità tra le Regioni, così come resta l’eterogeneità intra-regionale anche in Regioni storicamente virtuose.

I dati del 2017 indicano che laddove si è proceduto a riorganizzazre a rete i presidi ospedalieri e l’offerta sanitaria si è registrato un significativo miglioramento degli esiti, come per esempio nella cura del carcinoma della mammella, quando sono state correttamente costituite le Breast Unit.

Accelerare i tempi nell’implementazione delle reti tempo-dipendenti, elaborate dal Tavolo istituzionale coordinato da AGENAS, significa ridurre in tutto il Paese la mortalità per patologie che non danno tempo né possibilità di scelta a pazienti che necessitano di cure immediate in strutture adeguatamente organizzate.
Allo stesso modo, l’applicazione su tutto il territorio nazionale della rete oncologica, di recente approvata dalla Conferenza Stato-Regioni, è il presupposto per garantire ai pazienti con tumore di accedere alle migliori cure nel proprio territorio.
Questa istantanea del PNE è un ulteriore stimolo a intraprendere una riorganizzazione orientata non solo alla qualità ma anche all’equità nell’accesso alle cure».

La presentazione del documento è stata correlata da alcune anticipazioni rispetto a possibili ampliamenti del PNE, considerato ormai uno strumento solido.

Maria Chiara Corti, coordinatrice delle Attività del Programma Nazionale Esiti (PNE) di AGENAS, ha sottolineato: «lo sviluppo di una serie di indicatori ospedalieri integrati con il flusso della farmaceutica, della salute mentale e delle cure domiciliari ci consentirà di seguire il paziente lungo tutto il suo percorso di cura.
AGENAS è matura per iniziare a pianificare il passaggio dalla valutazione della qualità delle cure alla qualità della vita post-ricovero.

Maria Chiara Corti

E ancora, i campi inseriti nelle nuove SDO ci permetteranno di rendere sempre più precisi e dettagliati gli strumenti di misurazione, esplorando nuovi ambiti, come per esempio i tempi di esecuzione di procedure tempo-dipendenti in ore e non in giorni, i volumi di attività dei singoli professionisti e le patologie croniche già presenti all’ingresso e non solo alla dimissione.
Sarà possibile un ampliamento degli orizzonti del PNE per essere al passo con l’accelerazione dei tempi e delle tecnologie, per dare risposte tempestive alle attese dei pazienti e per affrontare il futuro, misurandolo in anticipo».

In qualche modo il PNE si trasforma insieme alla società e alle sue esigenze e così come i sistemi regionali vanno verso una presa in carico delle cronicità lo strumento di AGENAS si prepara a misurare ulteriori parametri.

Stefania Somaré