Reggio Emilia, screening mammografico sperimentale personalizzato

La lotta al tumore al seno inizia dalla prevenzione e dalla diagnosi precoce, in questo ha un ruolo importante lo screening mammografico, finalizzato a individuare la malattia prima che si manifestino i sintomi.
Ogni donna, tuttavia, ha una diversa predisposizione a sviluppare questo tipo di tumore e conoscere il rischio individuale può significare essere in grado di offrire un percorso di screening personalizzato.

Lo studio MyPeBS (My Personal Breast Screening) si propone di reclutare circa 85 mila donne tra i 40 e i 70 anni residenti in Italia, Francia, Inghilterra, Belgio, Israele, Spagna.
Per l’Italia, è capofila l’Azienda Sanitaria di Reggio Emilia, per la provincia parteciperanno 5 mila donne (l’intero progetto coinvolge 11 centri e 30 mila donne).

Le donne saranno assegnate in modo random a uno dei due gruppi di studio: uno seguirà il percorso tradizionale di screening, mentre nel gruppo sperimentale la frequenza dei controlli sarà rapportata al rischio di andare incontro al tumore.
Il grado di rischio di ogni donna sarà calcolato attraverso quattro fattori: età, storia familiare di tumori al seno, densità del seno, caratteristiche del DNA.
Sulla base del profilo emerso sarà valutata la frequenza con cui eseguire le mammografie e quali esami aggiungere: ecografia
e, in rari casi, RM.

Il periodo di analisi di ciascuna donna ha durata di 5 anni.
L’obiettivo è rendere sempre più efficace il controllo del seno e limitare le criticità legate al metodo di screening attuale, che sono di due tipi: le diagnosi tardive su tumori sviluppati nell’intervallo di tempo trascorso tra un esame e il successivo e i “falsi positivi”, ossia i casi in cui sembra sia presente la malattia ma si tratta di un allarme infondato, verificabile solo
attraverso una biopsia che comporta ansia e disagio per la donna e costose procedure per il sistema sanitario.

«MyPeBS è il primo studio clinico randomizzato (con assegnazione causale ai due gruppi)
condotto su scala europea per valutare i benefici di un programma di screening la cui frequenza sarà commisurata alle caratteristiche del singolo individuo», sottolinea Massimo Costantini, direttore scientifico dell’Irccs di Reggio Emilia.

Da sinistra, Paolo Giorgi Rossi, Massimo Costantini, Cristina Marchesi, Pier Paolo Pattacini

«Negli ultimi anni l’Azienda Sanitaria di Reggio Emilia è divenuta punto di riferimento
internazionale nella ricerca sullo screening del tumore mammario ed è referente italiano per questo studio europeo.
Qui sono stati messi a punto e sperimentati nuovi sistemi di diagnostica come la tomosintesi, possibile alternativa alla mammografia tradizionale nello screening, e la CESM (Contrast-Enhanced Spectral Mammography), valida alternativa alla RM in pazienti claustrofobiche», spiega il direttore sanitario Cristina Marchesi.

«Il risultato sperato è vedere aumentare i casi nei quali il tumore è individuato a uno stadio molto precoce in virtù del fatto che le donne portatrici di un rischio maggiore saranno controllate con più frequenza rispetto agli intervalli standard in vigore nei Paesi coinvolti nel progetto», spiega Pierpaolo Pattacini, direttore della Struttura Complessa di Radiologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova e del Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Medicina di Laboratorio.
«Qualunque sia il risultato, da questo progetto usciranno le migliori linee guida per lo screening mammografico a livello europeo».

«Lo studio prevede la comparazione tra le donne che fanno parte dei due programmi anche in termini di soddisfazione percepita e stato di ansia.
Valuteremo, inoltre, la sostenibilità e l’impatto del programma sulle diseguaglianze.
I programmi di screening mammografici proposti nella nostra Regione, infatti, hanno dimostrato di essere non solo molto efficaci ma anche sostenibili e di ridurre le diseguaglianze nelle cure e nei risultati di salute. Perché si decida di superare un programma che ha avuto tali successi vogliamo che la novità non solo abbia solide basi teoriche ma che funzioni nella pratica», aggiunge Paolo Giorgi Rossi, direttore del Servizio di Epidemiologia.

Il progetto MyPeBS ha una durata complessiva di 8 anni, vede partecipare nel comitato
scientifico e nell’analisi dei dati altri due Paesi, Stati Uniti e Olanda, e ha ricevuto dall’Unione Europea un finanziamento pari a 12,4 milioni di euro nell’ambito del programma Horizon 2020.

Lo Studio My Personal Breast Screening – MyPeBS

6 Paesi reclutatori: Italia, Francia, Belgio, Israele, Inghilterra, Spagna
2 paesi che garantiscono contributi scientifici e collaborazione nell’analisi dei dati: Stati
Uniti e Olanda
26 aziende partner internazionali
85.000 donne coinvolte nell’arco di un biennio (30.000 in Italia, 5.000 nella provincia di Reggio Emilia)
11 centri attivi in Italia (Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Friuli-Venezia-Giulia),
capofila Ausl Irccs Reggio Emilia
2 centri in Emilia Romagna, Ausl Reggio Emilia e Irst Meldola
2 gruppi di donne per 6 percorsi di screening
12,4 milioni di finanziamento europeo nell’ambito del programma pluriennale Horizon 2020.

La partecipazione allo studio, del tutto gratuita, sarà proposta in sede d’esecuzione della
mammografia di screening. La documentazione e i risultati degli esami saranno consultabili dalla donna per tutta la durata del progetto attraverso una piattaforma on line che garantisce la sicura protezione dei suoi dati.

Le donne che parteciperanno allo screening sperimentale saranno suddivise in:

  • rischio bassissimo (mammografia ogni 4 anni)
  • rischio intermedio basso (mammografia ogni 2 anni accompagnata da ecografia sulla base della densità del seno)
  • rischio intermedio alto (mammografia annuale accompagnata da ecografia sulla base della densità del seno)
  • rischio altissimo (mammografia annuale accompagnata da risonanza magnetica sulla base della densità del seno).

Con una dotazione di circa 80 miliardi di euro, il programma ha lo scopo di garantire la competitività dell’Europa nel quinquennio 2014–2020 attraverso lo sviluppo della ricerca scientifica di altissima qualità, la rimozione delle barriere all’innovazione e
l’incoraggiamento della partnership fra pubblico e privato.
Dal 2021 (fino al 2028) entrerà in vigore il Programma Quadro Horizon Europe con una dotazione di oltre 100 miliardi di euro.

In Italia ogni anno sono colpite da tumore al seno oltre 50.000 donne, 4.500 delle quali risiedono in Emilia-Romagna e circa 500 in provincia di Reggio Emilia.
Lo screening di popolazione per la diagnosi precoce del tumore della mammella è un intervento di prevenzione secondaria che ha l’obiettivo di diagnosticare la malattia in fase precoce, quando ancora i sintomi non si sono manifestati e la paziente non ne ha consapevolezza.
Il vantaggio sta nella possibilità d’intervenire tempestivamente con trattamenti conservativi per cambiare la storia di malattia, facilitare la guarigione e ridurre la mortalità.

Nella provincia di Reggio Emilia il percorso di screening offre attivamente e gratuitamente un iter organizzato di esami diagnostici a cadenza programmata a donne residenti o domiciliate appartenenti alla fascia d’età 45-74 anni (più ampia di quella indicata dal Ministero della Salute, che è di 50-69).
La chiamata interessa circa 62.000 donne ogni anno e trova adesione in quasi 50.000 di loro; tra queste, il 5% (circa 2.500) va incontro a successivi approfondimenti.
I casi diagnosticati di tumore sono in media 5-6 ogni 1000 donne sottoposte a screening e oltre il 50% delle lesioni riscontrate ha dimensioni inferiori a 1 cm, il 90% inferiori a 2 cm.

La mammografia consiste in un esame radiologico della mammella, efficace per diagnosticare precocemente il tumore eventualmente insorto.
La quantità di raggi x usata è molto bassa e le apparecchiature sono costantemente monitorate.
Le immagini radiologiche sono valutate separatamente da due specialisti radiologi, a garanzia di maggiore accuratezza diagnostica.
L’esito negativo è comunicato con una lettera, mentre la necessità di ulteriori approfondimenti viene riferita telefonicamente alla donna per facilitare la programmazione di visite ed esami successivi.
La partecipazione allo screening è l’esercizio di un diritto che richiede piena consapevolezza di benefici e limiti, quale la possibilità della comparsa di una forma tumorale anche dopo mammografia negativa.

I dati mostrano che un programma di screening mammografico radicato nel territorio, oltre a ridurre la mortalità di oltre il 30% nelle donne che aderiscono, tende a far diminuire le disuguaglianze in salute e aumentare le garanzie di equità d’accesso e facilitazione alla corretta fruizione delle prestazioni sanitarie associate a questa patologia.