Scaffold riassorbibile in magnesio e stent ibrido a rilascio di farmaco

Scaffold riassorbibile in magnesio e stent ibrido a rilascio di farmaco«Hanno superato positivamente ogni aspettativa in termini di sicurezza ed efficacia». Così Giuseppe Torrisi, direttore della divisione Cardio di Biotronik Italia ha presentato, Magmaris e Orsiro, le due nuove soluzioni al magnesio per la cardiologia interventistica nel settore degli stent. Un’affermazione sostenuta da solidi studi, quelli Biosolve-II e III su Magmaris, che continuano a mostrare sicurezza e stabilità nei dati a 24 mesi e nessun caso di trombosi dello scaffold, mentre i dati di Bioflow-V confermano le principali prestazioni cliniche per Orsiro.

Magmaris
Magmaris è il primo scaffold riassorbibile in magnesio approvato dall’Unione Europea per “il trattamento delle lesioni coronariche de novo per via angioplastica coronarica percutanea”. È uno scaffold, una struttura in magnesio che ha la stessa finalità degli stent, ma ha anche la capacità di essere “riassorbita” dall’organismo, al 95% entro un anno dall’impianto. Inoltre lo scaffold in lega di magnesio è dotato di un rivestimento a rilascio di farmaco che impedisce la crescita cellulare dannosa in quanto potrebbe ridurre il flusso sanguigno all’interno del vaso. Il vantaggio evidente è che la presenza dell’impianto è solo temporanea, quindi il paziente non deve vivere con un corpo estraneo nel proprio organismo per il resto della propria vita. E «questo tipo di interventi diventeranno un’ottima opzione, soprattutto per i pazienti più giovani o in caso di innesto di stent multipli», spiega il professor Giuseppe Tarantini, Presidente eletto da pochissimi giorni della Società Italiana di Cardiologia Interventistica, Gise.

Gli scaffold bioriassorbibili
Infatti proprio come gli stent, gli scaffold sostengono la parete interna dell’arteria per ripristinare il flusso sanguigno attraverso arterie ristrette o bloccate, ma rimangono permanentemente all’interno del corpo e questa tecnica di terapia di ripristino vascolare è stata associata a complicazioni che potrebbero richiedere un ulteriore intervento. Gli scaffold riassorbibili, invece, sostengono il vaso per un periodo di tempo determinato e vengono poi riassorbiti dal corpo. Il vaso viene lasciato libero e potenzialmente supera alcune delle problematiche connesse con gli stent a rilascio di farmaco (DES). Il ripristino della motilità fisiologica del vaso (cioè la capacità dei vasi sanguigni di cambiare di diametro), la copertura funzionale endoteliale e l’assenza di materiale estraneo residuo nel vaso può potenzialmente ridurre il rischio di trombosi dello stent.
Perché in magnesio? Perché a dodici mesi dopo l’impianto, il riassorbimento è quasi completo e un tempo di riassorbimento più breve è preferibile, in quanto può essere ripristinata più precocemente la vasomotilità dei vasi e ciò può aiutare a prevenire la trombosi da stent, una complicazione potenzialmente pericolosa.
Inoltre la struttura in magnesio di Magmaris può essere trattata con lucidatura elettrolitica, per ottenere una superficie dello scaffold liscia e con bordi arrotondati, consentendo una migliore posizionabilità nel sito della lesione. E rispetto agli scaffold di “plastica” a base di polimeri, richiede il 40 per cento di forza in meno per entrare e attraversare una lesione. È anche più facile la guida attraverso l’anatomia vascolare, poiché viene trasmessa il 34% di forza in più alla punta del sistema di posizionamento. Una volta impiantato, la struttura del magnesio dà allo scaffold la capacità di sostenere la forza esterna all’interno del vaso; ciò significa che il vaso rimane aperto, impedendo potenziali complicanze. Mentre il diametro di Magmaris si mantiene costante a partire da un’ora dopo l’impianto, mentre il diametro di uno scaffold a base di polimeri diminuisce di oltre il 20 per cento.

Questione di siurezza
Su questa soluzione infatti, sono stati appena – lo scorso 1 novembre – gli eccezionali risultati degli studi Biosolve-II e Biosolve-III, presentati al congresso degli specialisti, il Tct (Transcatheter Cardiovascular Therapeutics) 2017 a Denver negli Stati Uniti, condotti su una popolazione di 184 pazienti con 188 lesioni e con un follow-up che è stato analizzato a 6 e 12 mesi. Studio che ha dimostrato il successo della procedura nel 97,8% dei casi. In particolare, il tasso di fallimento sulla lesione target (Target Lesion Failure o TLF, un endpoint composito che include tre elementi: rivascolarizzazione della lesione clinicamente-controllata, morte cardiaca e infarto del miocardio del vaso trattato) del 3,3 per cento a 12 mesi è comparabile con quello dei DES (“drug eluting stents”, anche detti “a rilascio di farmaco”) di seconda generazione. Inoltre, l’analisi aggregata dei due trial evidenzia un elevato successo procedurale e la “continua assenza di trombosi tardiva dello scaffold definita o probabile”.

«Vantaggi unici»
Questi studi «hanno stabilito la sicurezza e l’efficacia clinica di Magmaris. Rispetto agli altri stent a base di polimero (riassorbibili), la struttura riassorbibile del Magmaris, costituita da una lega metallica a base di magnesio, sembra poter offrire vantaggi unici, durante e dopo la procedura di angioplastica» commenta il professor Giuseppe Tarantini, che aggiunge anche che «nella fase procedurale si notano facilità di impianto (la cosiddetta “deliverabilità”), robustezza (meno fratture delle maglie) e sostegno al vaso (forza radiale) superiore a quella osservata negli scaffold riassorbibili non metallici. Nella fase postprocedurale, inoltre, i risultati degli studi Biosolve-II e Biosolve-III hanno dimostrato che il dispositivo viene completamente riassorbito in dodici mesi e che i vasi coronarici riacquistano la loro naturale funzionalità (vasomotricità) già sei mesi dopo la procedura di impianto. Post impianto, inoltre, si osserva completa assenza di casi di trombosi coronarica». Biosolve-II è uno studio prospettico e multicentrico, che ne ha valutato la sicurezza e la prestazione clinica in 123 pazienti fino a 24 mesi, evidenziando un eccellente tasso di target lesion failure (TLF) del 5,9 per cento e una probabilità dello 0 per cento per la “trombosi da scaffold definita o probabile a 24 mesi”.

Orsiro
L’altra soluzione di Biotronik è lo stent a rilascio di farmaco Orsiro, la cui prima versione è stato lanciata nel 2011, che combina componenti passivi e attivi, dotato di design flessibile e robusto (PRO-Kinetic Energy) con struttura ultra sottile di 60 micron che garantisce un’elevata facilità di posizionamento. In pratica il rivestimento passivo, chiamato ProBIO, incapsula lo stent e minimizza l’interazione tra il metallo dello stent e il tessuto circostante, mentre il rivestimento attivo, BIOlute, rilascia il farmaco Limus mediante una matrice riassorbibile.
È stato progettato per trattare stenosi coronariche “de novo”, ovvero nuove lesioni che bloccano le arterie coronarie, cosi come lesioni stenotiche all’interno di uno stent ed è in grado di riaprire l’arteria e rilasciare una dose controllata di farmaco che aiuta a prevenire un nuovo restringimento dell’arteria (restenosi).
I dati sulla sicurezza ed efficacia dello stent, analizzati nello studio Bioflow V, condotto su più di 32.500 pazienti e presentati sempre qualche settimana fa al Congresso TCT 2017, mostrano la “non-inferiorità” di Orsiro verso Xience, il Des di Abbott che è anche il dispositivo attualmente più utilizzato in cardiologia interventistica. Ma in più sono stati rilevati anche tassi di TLF a 12 mesi significativamente più bassi rispetto allo stent Xience. La post-hoc analisi di superiorità ha inequivocabilmente dimostrato “il 96,9 per cento di probabilità di superiorità di Orsiro vs Xience per l’endpoint primario di tasso di fallimento sulla lesione target (target lesion failure, TLF) a dodici mesi: 6,2 percento vs 9,6 per cento, p=0.04”.

Nuovo riferimento
In altre parole, «un dispositivo endovascolare coronarico a rilascio di farmaco estremamente innovativo e sicuro per il trattamento dei pazienti con restringimenti delle arterie coronariche», lo giudica il dottor Giuseppe Musumeci, ex presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica, GISE. «I dati presentati dimostrano come Orsirio stia emergendo quale nuovo riferimento per la categoria degli stent a rilascio di farmaco e che rispetto al passato, ci dicono i dati, è da considerarsi il suo più vasto utilizzo».

Lorenzo Di Palma