La sterilizzazione a bassa temperatura con perossido di idrogeno sta rivoluzionando il settore sanitario, consentendo cicli più rapidi rispetto alle tradizionali autoclavi a vapore e offrendo maggiore flessibilità nell’installazione delle attrezzature.
Tuttavia, è importante valutare attentamente la compatibilità dei materiali e lo smaltimento degli scarti dello sterilizzante per garantire la sicurezza e l’efficacia del processo.
Un esempio in tal senso è il Servizio di Ingegneria Clinica dell’AUSL di Reggio Emilia, che gestisce le apparecchiature elettromedicali e di laboratorio in tutta l’area. Secondo l’ing. Daniele Gallo del Servizio di Ingegneria Clinica dell’AUSL Reggio Emilia, «la sterilizzazione a bassa temperatura è essenziale per il corretto reprocessing della strumentazione termolabile e non solo. In ogni struttura ospedaliera, la centralizzazione dell’attività di sterilizzazione è diventata un modello organizzativo consolidato, con l’integrazione di sterilizzatori a perossido di idrogeno accanto alle autoclavi tradizionali a vapore».
La scelta tra sterilizzazione a vapore e a bassa temperatura dipende principalmente dai volumi di attività ospedaliera. Dispositivi come la strumentazione endoscopica flessibile o le maschere per ventilazione non invasiva, costosi e poliuso, richiedono sterilizzazione a bassa temperatura. Tuttavia, è fondamentale valutare la compatibilità dei materiali e consultare le informazioni fornite dai fabbricanti dei dispositivi medici.
La sterilizzazione a bassa temperatura può essere utilizzata anche per la strumentazione robotica.
Per quanto riguarda le ottiche rigide, spesso parte di kit precostituiti che comprendono oltre all’ottica altra strumentazione, «la nostra prassi abituale è trattarle in autoclave insieme al kit chirurgico», fa sapere l’ing. Gallo. «Per le ottiche impiegate per specialità con turnazione meno frequente, puntando alla tempistica più lunga di validità della sterilità, sono state invece adottate procedure che prevedono il reprocessing con sistemi a perossido di idrogeno. In letteratura sono presenti lavori che hanno dimostrato un potenziale allungamento del ciclo di vita delle ottiche sottoposte a sterilizzazione a bassa temperatura. Il tutto va, però, valutato in termini di risorse e costi».
Introdurre un controllo sul carico e sull’umidità all’inizio del ciclo di sterilizzazione riduce il rischio di cicli abortiti, minimizzando costi e tempistiche. Inoltre, avere sterilizzatori con volumi variabili è cruciale per soddisfare le esigenze sia di produzione standard che di interventi urgenti in reparto.
Quando si introducono nuovi dispositivi, è essenziale verificare la compatibilità con i metodi di sterilizzazione indicati nella scheda tecnica del prodotto. Inoltre, per ridurre al minimo gli scarti dello sterilizzante, le aziende stanno sviluppando soluzioni innovative, come contenitori riutilizzabili e smaltimento nei rifiuti ordinari.
La sterilizzazione a bassa temperatura con perossido di idrogeno porta innovazione nella gestione della sterilizzazione della strumentazione medica. Tuttavia, come abbiamo visto, è importante affrontare le sfide legate alla compatibilità dei materiali e allo smaltimento degli scarti per massimizzare la sicurezza e l’efficienza di attività e processi e ridurne l’impatto ambientale. Con una valutazione attenta e l’adozione di pratiche innovative, la sterilizzazione a bassa temperatura può continuare a migliorare la qualità e l’efficienza delle cure mediche.