Trapianto incrociato e tecnica ABO per la prima volta usati insieme

Trapianto incrociato e tecnica ABO per la prima volta usati insieme
Franco Citterio

Ha avuto successo il primo trapianto italiano incrociato con tecnica ABO incompatibile eseguito due mesi fa a Roma dall’équipe chirurgica dell’Unità Operativa Trapianti di rene, guidata dal prof. Franco Citterio, del Policlinico Universitario Agostino Gemelli e dall’équipe chirurgica guidata dal prof. Massimo Iappelli del Dipartimento Interaziendale Trapianti POIT dell’Ospedale San Camillo.
I due riceventi e i due donatori stanno bene.
La tecnica consente di rimuovere dal sangue del paziente ricevente gli anticorpi contro i gruppi sanguigni estranei, evitando il rigetto e consentendo di utilizzare anche organi non compatibili.

Il dottor Citterio e il dottor Iappelli spiegano: «per risolvere il problema della incompatibilità tra donatore e ricevente ci sono due tecniche.
Il trapianto crociato e il trapianto con desensibilizzazione ABO. Nel trapianto con modalità crociata vi sono due coppie AB e CD dove ciascun donatore vuole donare un rene al proprio ricevente, ma ciò non è possibile perché in una coppia il donatore A ha anticorpi contro il ricevente B, ma non contro il ricevente D, e nell’altra coppia il donatore C ha anticorpi contro il ricevente D, ma non contro il ricevente B. Si può procedere quindi al trapianto con lo scambio di coppia».

La seconda tecnica è quella cui abbiamo già accennato. La novità sta quindi nell’aver abbinato le due tecniche per risolvere la complessa rete di incompatibilità: «finora le due tecniche sono state considerate alternative e non complementari. Questi due trapianti non sarebbero stati possibili altrimenti».

Essenziale nel successo del doppio trapianto è stata la collaborazione tra tutti gli attori in gioco e la perfetta organizzazione. Secondo i chirurghi: «il trapianto di rene da donatore vivente è oggi la migliore cura possibile per un paziente affetto da insufficienza renale terminale, garantendo migliore sopravvivenza del paziente, migliore qualità di vita e costi significativamente minori rispetto al trattamento dialitico. L’integrazione tra le nuove possibilità tecniche e organizzative apre nuove possibilità di cura per i tanti pazienti in attesa di un trapianto di rene».

Stefania Somaré