Uso dell’intelligenza artificiale in sanità, questioni giuridiche

Nel comparto sanitario l’intelligenza artificiale può ricoprire un ruolo sempre più centrale. Occorrono però regole chiare che assicurino la protezione dei dati personali.

Come sarà il mondo tra dieci anni? È l’interrogativo che Andrea Lisi, presidente di Anorc Professioni, ha rivolto sia a ChatGPT («mi dispiace, ma per quelle che sono le mie capacità non riesco a predire il futuro, è troppo complesso», la risposta della chatbot basata su IA e apprendimento automatico sviluppato da OpenAI) sia a Bard, l’IA conversazionale di Google («l’intelligenza artificiale caratterizzerà sempre di più, in modo sofisticato, l’evoluzione dell’uomo nei prossimi dieci anni. E sarà utilizzata dalla medicina all’automazione», la replica).

Il futuro è oggi

Parliamo di una materia complessa, come ha ammesso lo stesso Lisi aprendo la sessione «Le problematiche giuridiche nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale in sanità», in occasione del Welfair, a Roma. Certo, le suggestioni legate all’intelligenza artificiale che verrà sono moltissime («avremo chip, attivi o passivi, che potranno essere inseriti nel nostro cervello. Nel primo caso parliamo di un chip che non acquisisce solo dati ma attiva connessioni con il cervello stesso, e potrebbe manipolare la realtà che ci circonda», le parole del presidente di Anorc Professioni). Ma il futuro è adesso. Ragione per cui, lo stesso Lisi ha sgomberato il campo da qualsiasi, possibile volo pindarico.

«Ciò che le IA già rispondono non è facilmente verificabile – di prassi, infatti, non citano neppure la fonte – e ciò determina problematiche anche di tipo giuridico», ha ammesso, riconoscendo poi che il diritto di prassi non insegue la tecnologia, ma aspetta che la realtà si sedimenti, generi delle consuetudini per poi regolamentare in modo astratto. Già, perché allo stato attuale la distinzione tra realtà fisica e realtà digitale sta sempre più sfumando.

Dialogo con l’Europa

Nonostante l’IA ci affascini, va da sé, è fondamentale essere (nei suoi confronti) autonomi, responsabili e informati. La stessa Maria Rosa Perri, delegata del presidente della Società Italiana di Telemedicina per i rapporti con il Governo, ha riconosciuto che «sull’intelligenza artificiale non sappiamo ancora moltissimo. Chi fa sanità, però, deve essere altrettanto bravo a fare tecnologia». Rammentando poi che la stessa SIT «ha già organizzato una commissione dedicata al tema dell’IA», per poi precisare che il tema della telemedicina bypassa i confini nazionali («si va a interconnettere con il mondo delle infrastrutture critiche europee»), ragione per cui «i nostri sistemi devono dialogare con l’Europa nell’ambito di un sistema organizzato».

Maria Rosa Perri e Andrea Lisi

Decalogo del Garante privacy

Dunque, nel settore sanitario l’intelligenza artificiale può ricoprire un ruolo sempre più centrale, velocizzando i processi di gestione e incrocio dei dati sanitari e generando una moltitudine di applicazioni possibili per contribuire sia alla diagnostica sia alla ricerca su terapie e farmaci. Occorrono, però, regole chiare che assicurino la protezione dei dati personali e, pertanto, dei diritti delle persone i cui dati vengono trattati tramite tali sistemi.

«Di recente», ha spiegato Sarah Ungaro, vicepresidente di Anorc Professioni e tra i relatori della sessione, «proprio in materia di intelligenza artificiale in sanità è intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali, che ha pubblicato un Decalogo per la realizzazione di servizi sanitari nazionali attraverso sistemi di intelligenza artificiale in cui vengono tratteggiati i tre principi cardine che devono governare l’utilizzo di algoritmi e strumenti di IA, soprattutto qualora siano impiegati per il perseguimento di finalità di rilevante interesse pubblico».

I principi in questione sono: trasparenza dei processi decisionali, decisioni automatizzate supervisionate dall’uomo, non discriminazione algoritmica. Gli esperti di Anorc ritengono il decalogo dell’Autorità un documento utile, ma per assicurare la compliance normativa occorre (oggi più che mai, diventa inevitabile) avviare un confronto per individuare la responsabilità dei vari soggetti che operano nell’ambito.