Le patologie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo. Tra queste, lo scompenso cardiaco è anche il primo motivo di ospedalizzazione, se si escludono i parti e le artroplastiche. I numeri forniti dall’Istituto Superiore di Sanità parlano di circa 120 mila ricoveri l’anno per scompenso cardiaco.
Si tratta di pazienti che, una volta stabilizzati e inviati a casa, hanno un rischio altissimo di peggioramento, legato alla natura cronica e progressiva della malattia. Ne deriva che questi sono pazienti che necessitano di ripetute ospedalizzazioni.
Una possibile soluzione è rappresentata dal monitoraggio continuo, atto a individuare un calo delle condizioni cliniche del paziente prima che queste diventino tali da richiedere un’ospedalizzazione. Spesso, questa procedura non viene effettuata per mancanza di personale.
A titolo esemplificativo, le linee guida suggeriscono un controllo dei pazienti dimessi per scompenso cardiaco nei primi 7 giorni dalle dimissioni, ma spesso non si riesce ad contattare più del 10% degli interessati. Alcune strutture hanno ideato da tempo percorsi che prevedono un telemonitoraggio, con sensori che inviano le letture cliniche direttamente alla centrale di controllo.
In queste settimane è stato lanciato un altro progetto volto a migliorare il monitoraggio dei pazienti con scompenso cardiaco al domicilio: si chiama AVATAR-SC e vede la partecipazione di un team lombardo.
L’idea alla base del progetto
AVATAR-SC prevede la realizzazione di un avatar di un medico specialista in scompenso cardiaco capace di interagire con il paziente in modo empatico e di captarne, grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale, segni di peggioramento attraverso la voce. Al momento non è ancora chiaro se l’avatar avrà anche un corpo, ovvero una immagine, o se sarà solo dotato di voce.
L’équipe è formata da Alessandro Verde, ideatore del progetto e dirigente medico presso la Struttura Complessa di Cardiologia 2 – Insufficienza Cardiaca e Trapianti dell’ASST Niguarda e parte della Fondazione Cardiotoracovascolare Angelo De Gasperis ETS, da Davide Tosi, del Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate dell’Università dell’Insubria e Delegato della rettrice all’Intelligenza Artificiale e da Mirko Pezzoli, del Sound and Image Processing Lab del Politecnico di Milano.
Il progetto ha ricevuto un finanziamento di 219.300 euro della durata di un anno da parte di Fondazione Cariplo, nell’ambito del bando InnovaWelfare. In questi 12 mesi il team deve dimostrare che si può utilizzare la voce del paziente per derivarne informazioni cliniche legate allo scompenso e l’accettabilità dello strumento da parte degli utenti, per lo più pazienti anziani.
Il ruolo degli enti coinvolti
La realizzazione del progetto AVATAR-SC richiede una collaborazione fitta e sincrona. L’idea è, infatti, quella di realizzare un avatar digitale che contatti i pazienti due o tre volte la settimana per porre loro delle semplici domande e analizzarne la voce e il lessico per captare segni di peggioramento e avvisare così l’equipe medica di riferimento.
Per arrivare a questo obiettivo è necessario prima di tutto individuare le caratteristiche della voce che correlano al meglio con i dati clinici dei pazienti con scompenso cardiaco, così da poterli utilizzare per ideare un apposito algoritmo di intelligenza artificiale.
A questa parte del progetto lavora Pezzoli, con la collaborazione del Dipartimento di cui fa parte Verde, che porta la conoscenza sullo scompenso cardiaco e mette a disposizione i dati clinici. 
Nel progetto è coinvolta anche Struttura Semplice Dipartimentale di Psicologia Clinica del Niguarda, che mira a individuare le domande più appropriate da porre al paziente e che può suggerire anche il lessico da valutare e studiare.
Nel frattempo, Tosi realizza un avatar, per ora in versione di chat bot, ma nulla vieta che possa assumere un corpo digitale, con tutte le caratteristiche di un medico esperto in scompenso cardiaco. Questo significa non solo mimarne l’atteggiamento, ma anche dotarlo delle conoscenze del medico stesso. 
All’utente finale deve sembrare di parlare con una persona esperta, così da generare fiducia e quindi apertura. Il lavoro andrà avanti fino a limare al meglio l’avatar, per poi testarlo su una popolazione di 60 pazienti.
Se il progetto andrà a buon fine, potrà cercare nuovi finanziamenti per sviluppare ulteriormente il dispositivo e testarlo in setting differenti dall’Ospedale Niguarda e su almeno mille pazienti, fino a renderlo dispositivo diagnostico.
I vantaggi potrebbero essere notevoli, soprattutto in termini di stabilizzazione dei pazienti che hanno un peggioramento e di riduzione delle ospedalizzazioni.
Fonte: CS congiunto
 
            


