La carta d’identità terapeutica semplificherà il lavoro dell’oncologo

Primo progetto al mondo di questo tipo, il “Patient DDi-ID” permetterà di avere un documento ufficiale con informazioni sulla neoplasia, sul profilo di biochimica funzionale su base genomica e fenotipica della persona e sulle interazioni tra i farmaci assunti.

Si chiama “Patient DDi-ID” (acronimo di drug-drug interaction identification) il progetto di ricerca tutto italiano promosso dalla Fondazione per la Medicina Personalizzata con un obiettivo tanto ambizioso quanto utile: creare una “Carta d’Identità Terapeutica del Paziente” con le informazioni relative al profilo di biochimica funzionale su base genomica e fenotipica, sulle interazioni tra i farmaci, oltre che sulle caratteristiche molecolari della neoplasia della persona che sta combattendo contro il cancro.

Quello che si vuole realizzare è uno strumento facilmente consultabile nel quale saranno indicati tutti i farmaci che assume il malato, per evitare interazioni pericolose fra i diversi principi attivi e gli integratori. Sarà così possibile facilitare il lavoro del personale medico-sanitario, ridurre i problemi al singolo paziente ed evitare spese per terapie inutili o addirittura dannose.

Il progetto, il primo mai realizzato al mondo di questo tipo, prenderà il via nelle prossime settimane e coinvolgerà inizialmente 120 pazienti oncologici reclutati interamente nel nostro Paese.

«Il cancro è una patologia sempre più cronica», afferma il professor Paolo Marchetti, presidente nazionale della Fondazione per la Medicina Personalizzata (FMP) e professore ordinario di Oncologia presso l’Università di Roma La Sapienza. «Sono in totale 3 milioni e 400mila gli italiani che vivono dopo aver ricevuto una diagnosi di neoplasia. Rappresentano ormai il 6% dell’intera popolazione e il loro numero è destinato a salire. Questa particolare categoria di pazienti deve assumere farmaci molto complessi per lunghi periodi di tempo. Non solo. Sempre più spesso capita che le persone siano afflitte da altre malattie, più o meno gravi, e che quindi debbano prendere diversi medicinali, magari prescritti da più specialisti. Esiste quindi un serio problema rappresentato dalle possibili interazioni tra le varie terapie che possono rendere tossiche o inefficaci alcune cure. Diventa perciò necessario avere uno strumento semplice e dinamico (cioè modificabile nel tempo), da utilizzare nella pratica clinica quotidiana, che sia in grado di suggerire a ogni camice bianco quali sono le associazioni di farmaci potenzialmente a rischio e quali invece quelle consigliabili, permettendo una riconciliazione puntuale delle terapie».

Più in dettaglio, la Patient DDi-ID fornirà informazioni come il profilo biochimico-funzionale su base genomica delle proteine coinvolte nel metabolismo dei farmaci presenti nella terapia di ogni singolo paziente, le interazioni note e attese tra i diversi farmaci già assunti dal paziente e le indicazioni volte a rendere meno rischiosa e più efficace l’introduzione di eventuali nuovi farmaci o supplementi/integratori.

«Vogliamo riuscire a creare un “documento di riconoscimento”», afferma il professor Maurizio Simmaco, Ordinario di biologia molecolare dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma. «Oltre alle possibili interazioni terapeutiche, dovrà tenere conto delle caratteristiche individuali del singolo paziente anche nella loro evoluzione clinica. Oggi, grazie alla ricerca scientifica, abbiamo una conoscenza più approfondita, rispetto anche solo a pochi anni fa, del profilo metabolico e funzionale, a costi accessibili. Ciascuno di noi presenta piccole variazioni nella velocità di attivazione di alcuni enzimi, che sono coinvolti nel metabolismo dei farmaci. Queste variazioni contribuiscono alla differente risposta individuale a farmaci e terapie. Sono caratteristiche che un medico deve tenere in considerazione quando assiste un paziente».

La realizzazione della “Carta d’Identità” rappresenta una grande occasione che va nella direzione della personalizzazione delle cure.

«L’obiettivo che ci prefiggiamo», sottolinea Simmaco, «è di contenere la riduzione di efficacia e le tossicità. Così possiamo ottenere importanti risparmi anche per l’intero sistema sanitario nazionale. La medicina personalizzata è sempre più importante, non solo nella lotta contro i tumori, ma anche nei pazienti politrattati. E questo vale sia in oncologia sia in altre specializzazioni. Si tratta di un approccio largamente utilizzato in psichiatria ed è imprescindibile soprattutto nei soggetti più fragili, come gli anziani».

Si calcola che siano oltre 7 milioni e mezzo gli italiani over 65 che prendono contemporaneamente più di cinque farmaci. Il progetto di ricerca “Patient DDi-ID” potrà quindi diventare un modello ed essere presto esteso anche ad altre tipologie di pazienti.

Patrizia Godi