La radioterapia convenzionale e l’adroterapia (protoni e ioni di carbonio) sono essenziali per il trattamento di molte patologie oncologiche.
L’adroterapia, in particolare, si usa su tumori che non rispondono ad altre terapie o che si trovano in prossimità di organi a rischio, come cordomi, sarcomi, condrosarcomi, carcinomi adenoido-cistici, meningiomi e tumori solidi pediatrici.
Di norma l’adroterapia è più precisa e irradia meno i tessuti non tumorali. In ogni caso, utilizza radiazioni ionizzanti che possono ledere anche i tessuti sani circostanti.
Identificare con precisione i tessuti più a rischio o più sensibili permetterebbe di individuare e mettere a punto strategie per mitigarne gli effetti collaterali.
Questo è l’obiettivo di un progetto avviato dal Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) e dall’Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBB) il cui obiettivo è costruire una mappa tridimensionale delle dosi di radiazione che maggiormente correlano con il danno radio-indotto.
Il progetto si basa sulla condivisione di immagini di tomografia computerizzata e risonanza magnetica di pazienti con meningiomi di I, II e III grado trattati con protoni, da cui si può valutare l’evoluzione del tumore e dei tessuti sani circostanti prima e dopo il trattamento.
Laura Cella, ricercatore del CNR-IBB, spiega: «integrando le informazioni di tali immagini saremo in grado di elaborare un modello innovativo che indicherà le aree anatomiche più a rischio per l’insorgenza di effetti collaterali dovuti all’irradiazione, sfruttando per la prima volta il vantaggio della risonanza magnetica di fornire un migliore dettaglio anatomico dei tessuti a rischio».
Si parla di una mappa tridimensionale che integra le immagini dei diversi pazienti e che sarà in grado di descrivere una relazione tra dose di radiazione somministrata e tossicità radio-indotta.
In questo modo si potranno identificare le differenze regionali di dose somministrata tra pazienti con e senza tossicità.
La disponibilità di immagini di risonanza magnetica con un ottimo dettaglio anatomico permetterà la costruzione di una mappa più accurata, garantendo una migliore identificazione spaziale delle aree soggette a tossicità».
Guido Baroni, ordinario di Bioingegneria Elettronica e Informatica al Politecnico di Milano e responsabile dell’Unità di Bioingegneria Clinica di CNAO, sottolinea anche un altro utilizzo del modello: «l’uso di immagini acquisite nella routine clinica sui pazienti e la creazione di questa mappa di organi a rischio permetterà inoltre di implementare soluzioni mirate alla personalizzazione del trattamento, definendo quindi una terapia su misura per il paziente».
Il che significa capire come modulare l’adroterapia per ottenere efficacia terapeutica e maggior sicurezza per il malato.
Il progetto si avvarrà di competenze multidisciplinari: ingegneristiche, fisiche, cliniche e radiologiche.
Stefania Somaré