Al congresso ACD-Siaarti si parla di Reti del dolore

Il cambio culturale rispetto a gestione del dolore e delle cure palliative è da tempo all’attenzione di Siaarti, il cui motto è, non a caso, “pro vita, contra dolorem semper”.
Questo è stato il tema del XXI Congresso dell’Area Culturale Siaarti, che ha alimentato la discussione negli ultimi aggiornamenti scientifici riguardo allo studio della fisiopatologia del dolore, dei percorsi clinici per trattarlo, dei percorsi farmacologici e invasivi e della gestione interdisciplinare del dolore oncologico.
Si differenzia il dolore tra acuto, cronico e oncologico, concentrandosi sia sulle cure palliative sia sulle tecniche invasive e interventistiche che si possono utilizzare.

Alessia Violini, responsabile Sezione Medicina del Dolore e Cure Palliative della Siaarti, spiega: «abbiamo riunito i diversi focus in un filo logico che è il percorso clinico da scegliere in modo mirato per il paziente, allo scopo di garantire una rapida diagnosi e una terapia personalizzata, per raggiungere il maggior sollievo dal dolore e quando possibile la restitutio ad integrum.
Ampio spazio è dato anche alla gestione del dolore acuto, non solo postoperatorio, con l’obiettivo di formare i professionisti al trattamento più tempestivo e appropriato e alla prevenzione della cronicità.

Non sono mancate discussioni sulla modalità di codifica delle prestazioni, sui PDTA interdisciplinari, sulle buone pratiche cliniche, sulle novità terapeutiche in campo farmacologico e mininvasivo con l’obiettivo di cercare di fornire la migliore continuità assistenziale al paziente affetto da dolore acuto, persistente o cronico».

Il congresso è stato anche occasione per dialogare con le rappresentanze istituzionali e dei cittadini a livello nazionale sulle Reti di terapia del dolore, basate sul modello hub&spoke. L’istituzione di queste reti è fondamentale per consentire l’impostazione e il completamento di percorsi clinici appropriati. Lavorare in un network consente di trovare sempre collaborazione e competenze, oltre a permettere a ogni nodo di svolgere al meglio il proprio compito.

Si tratta di un modello arricchente per il professionista sanitario, e non, e al tempo stesso che offre al paziente maggiori garanzie di successo e qualità. Purtroppo, al momento le Reti regionali sono disomogenee: sarebbe necessario un lavoro di concerto perché queste potessero coprire tutti i territori di riferimento.

Aggiunge Violini: «nel programma del congresso abbiamo inserita una sessione specifica che riprenderà i punti cardine del Manifesto sul dolore cronico un documento di grande respiro e coinvolgimento professionale, che ha l’obiettivo di cambiare attitudini e comportamenti degli operatori sanitari e dei cittadini nei confronti di un fenomeno, il dolore, a volte ancora sottovalutato e considerato un evento ineluttabile.
Rimarremo concentrati sui fondamenti del Manifesto e sulla piena applicazione della legge 38/2010 e auspichiamo una diffusione e un radicamento sempre più ampio dei suoi contenuti».

È inutile ricordare che la nostra cultura è ancora indietro rispetto alla comprensione che il dolore deve e può essere trattato: la sofferenza è ancora vista come un inevitabile mezzo per sanare l’anima: ci sono ancora molti retaggi religiosi che devono essere elaborati.

Perché vi sia questo cambiamento di passo, che porti gli stessi pazienti a chiedere che il loro dolore venga trattato in modo adeguato, bisogna lavorare su più fronti, anche garantendo loro di vedere soddisfatte le proprie esigenze.

Stefania Somaré