Assistenza domiciliare integrata e Pronto Soccorso

Capire quali sono i fattori che determinano un eccessivo uso del Pronto Soccorso è un aspetto fondamentale di politica sanitaria: una volta compresi, si può procedere con la messa a punto di soluzioni.

È abbastanza intuitivo che questi fattori possono differire tra loro se si considerano diversi sottogruppi di popolazione: un recente studio italiano si è concentrato sui soggetti che ricevono assistenza domiciliare integrata da parte di operatori sanitari o delle associazioni autorizzate.
Questa è chiaramente una assistenza formale, programmata all’interno di un preciso percorso di cura e sulla base di un planning personalizzato, calato sulle esigenze del paziente.

Tale assistenza può rispondere a diverse necessità: dalla stabilizzazione di un paziente in fase acuta di malattia al recupero post-intervento chirurgico, dalla cura a lungo termine di pazienti cronici o disabili, alla riabilitazione. Per portare alcuni esempi.

In Italia, ma non solo, questa tipologia di assistenza domiciliare integrata si sta diffondendo abbastanza rapidamente.
Si sa che nonostante le cure ricevute a casa, in alcuni casi i pazienti ricorrono comunque al Pronto Soccorso, non sempre in modo appropriato.
Talvolta, infatti, una maggiore attenzione al paziente da parte dell’equipe dedicata all’assistenza potrebbe evitare questo evento.

Gli studi a tal riguardo sono però ancora pochi: ecco quindi che alcuni autori hanno analizzato in modo retrospettivo un campione di 66.433 casi di assistenza domiciliare integrata condotti in Piemonte tra il gennaio 2012 e il dicembre 2017, con lo scopo di trovare aspetti in comune in coloro che hanno avuto accesso al Pronto Soccorso: informazioni su pazienti, accesso ai Pronto Soccorso e altro sono state recuperate da due diversi Database: quello del Sistema Informativo Assistenza Domiciliare (SIAD) e quello del Sistema Informativo Nazionale Italiano per l’uso dei Pronto Soccorso.

Il primo esito dello studio è che dei casi presi in esame, 29.209 hanno avuto almeno un accesso al Pronto Soccorso in concomitanza con l’assistenza integrata: significa 44 pazienti ogni 100 assistiti, quindi un numero considerevole.
Lo studio, pubblicato open-access su International Journal of Health Policy and Management, mette in luce l’esistenza di fattori clinici ma anche socio-demografici che possono influenzare l’accesso al Pronto Soccorso.

Partiamo dai primi. Gli autori dello studio sottolineano che il sistema dei codici di triage, nato per dare priorità a condizioni di pericolo, è spesso non appropriato per individuare le esigenze di un soggetto anziano e fragile: sarebbe utile poter avere una valutazione multispecialistica in Pronto Soccorso per questi pazienti. È stato verificato che oltre la metà dei codici verdi al triage sembrano accompagnarsi a una sottostima della reale condizione del paziente, soprattutto quando in presenza di un trauma.
Secondo gli autori, questo limite si affianca alla ancora non completa maturità del nostro sistema di assistenza domiciliare integrata. In accordo con il Piano Nazionale della Cronicità il piano di cura individualizzato dovrebbe essere sviluppato da parte di un team multispecialistico prima che il paziente lasci l’ospedale.

In assenza di una corretta valutazione, utile a definire al meglio le esigenze del paziente, sia dal punto di vista clinico che assistenziale aumenta il rischio di ricovero. Uno studio analogo ha infatti dimostrato che circa un paziente ogni cinque viene riammesso in ospedale per delle riacutizzazioni. Per questo è necessario lavorare sulla parte clinica e organizzativa, ma anche su un complessivo avanzamento culturale.

L’Italia, al pari di altri Paesi del sud Europa, è una nazione basata sulla famiglia e sul sostegno famigliare, un’alta percentuale di caregiver infatti sono spesso menbri del nucleo familiare.

Questo studio evidenzia come una assistenza dell’anziano da parte di un caregiver non familiare, completamente dedicato, porti a una riduzione del rischio di accesso in Pronto Soccorso. Questo perché spesso il famigliare si deve far carico sia del sostentamento e della gestione famigliare che della cura dell’anziano, con rischio di burn out.

Infine, c’è la questione non meno importante della qualità dei database.
Insomma, lo studio evidenzia alcune lacune, ma suggerisce anche l’esigenza di proseguire con la ricerca per trovare risposte adeguate.

(Lo studio: Campagna S, Borraccino A, Politano G, Benso A, Dalmasso M, Dimonte V, Gianino MM. Determinants Associated With the Risk of Emergency Department Visits Among Patients Receiving Integrated Home Care Services: A 6-Year Retrospective Observational Study in a Large Italian Region. Int J Health Policy Manag. 2020 Jun 7. doi: 10.34172/ijhpm.2020.79. Epub ahead of print. PMID: 32610762)

Stefania Somaré