Assistenza sanitaria transfrontaliera: il giudizio della Corte dei Conti europea

Tra gli obiettivi dell’Unione Europea c’è da sempre il consentire la libera circolazione di persone, idee e lavori tra i diversi Paesi che la compongono. Un progetto così vasto non può non tenere conto del diritto all’assistenza sanitaria. Diritto contemplato dalla Direttiva 2011/24/UE, che definisce sia le condizioni per cui un paziente può recarsi in un altro Paese dell’UE per ricevere cure mediche programmate che le condizioni per il rimborso delle spese.

Una recente analisi effettuata dalla Corte dei Conti europea ha però messo in evidenza che ciò che è sancito sulla carta ancora non funziona in modo ottimale.
Janusz Wojciechowski, membro della Corte dei Conti europea responsabile della relazione, ha dichiarato che «i cittadini UE non beneficiano ancora a sufficienza delle azioni ambiziose previste dalla Direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera. Queste azioni dell’UE riguardano il diritto a essere curati in un altro Stato membro, scambi più agevoli di dati sanitari tra Stati membri e iniziative nel campo delle malattie rare. Per essere altezza di queste ambizioni occorre però una migliore gestione».

A quanto sembra, invece, gran parte dei cittadini europei non sa di aver diritto all’assistenza medica in un altro Stato membro, lo scambio di dati sanitari tra Paesi è spesso ridotto, per non parlare dei rimborsi economici.
Per fare un esempio, meno dello 0,05% dei cittadini EU fa richiesta del rimborso delle spese sostenute per assistenza medica ricevuta all’estero in virtù della Direttiva e, nel contempo, la spesa per l’assistenza sanitaria transfrontaliera sostenuta ai sensi della direttiva è stimata allo 0,004 % del bilancio annuale per l’assistenza sanitaria a livello dell’Unione.

Esistono certo differenze tra Stato e Stato: nel 2016 146.054 cittadini francesi sono andati a farsi curare all’estero, mentre in Italia lo hanno fatto solo 201, mentre in Spagna 11 e a Malta solo 4.
Lo stesso anno, però, 46.138 cittadini europei sono andati in Spagna per ricevere cure, mentre 9.335 sono venuti in Italia.

Se da una parte probabilmente in alcuni Paesi i cittadini sono più informati rispetto ai propri diritti, questi dati possono essere giustificati anche dalla mancanza di abitudine e cultura a recarsi fuori Paese per farsi curare.
C’è però un’evidente barriera alla diffusione della sanità transfrontaliera e riguarda lo scambio dei dati sanitari tra Stati, come accennato in apertura.
D’altronde, ci sono ancora Stati nei quali la ricetta elettronica non esiste e alcuni Stati membri non partecipano affatto o partecipano solo ad alcuni servizi dell’infrastruttura UE per l’eHealth.

Esiste poi una pianificazione che stabilisce quando ogni singolo Paese può iniziare a inviare e ricevere il fascicolo del paziente e la prescrizione elettronica: l’Italia dovrebbe iniziare a fare entrambe le cose nel 2020, così come Austria e Ungheria.

In linea di massima il rapporto della Corte evidenzia che la Commissione Europea si è comportata bene per quanto concerne la direttiva e il controllo della sua implementazione a livello dei diversi Paesi, ma ha posto scarsa attenzione ad aggiornare il piano d’azione e non ha rivisto tale piano per rispecchiare la strategia per l’eHealth del 2018.

Il piano pertanto non include questioni importanti, come l’introduzione del regolamento generale sulla protezione dei dati. Inoltre, la Commissione non ha definito le competenze per l’attuazione del piano.

Inoltre, ha dato scarsa attenzione alla realizzazione dell’infrastruttura che dovrebbe consentire lo scambio di dati sanitari digitali tra i diversi Paesi e, al tempo stesso, i suoi annunci sul probabile livello di scambi transfrontalieri di dati sanitari sono stati eccessivamente ottimisti.
Le carenze maggiori della Commissione riguardano però le Reti per le malattie rare.

Nel suo documento, la Corte dei Conti europea ha fornito delle indicazioni alla Commissione per implementare l’assistenza sanitaria transfrontaliera:

  • dare maggiore sostegno ai punti di contatto nazionali (entro il 2020)
  • preparare meglio lo scambio di dati sanitari transfrontalieri (entro il 2021)
  • migliorare il sostegno per facilitare l’accesso all’assistenza sanitaria per i pazienti affetti da malattie rare.

È possibile leggere il report completo in italiano cliccando qui.

Stefania Somaré