Assistere i malati inguaribili: l’esperienza VIDAS

L’area d’accoglienza del Day hospice pediatrico: la qualità estetica degli spazi facilita l’accoglienza e l’orientamento (credit: VIDAS)

In Italia, per tutte le patologie e per tutte le età della vita, il diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore è sancito per legge: approfondiamo alcuni aspetti di questo argomento con il contributo di un’importante associazione del settore.

«La legge 38/2010 è una norma evoluta», afferma la dott.ssa Giada Lonati, responsabile dell’area sanitaria VIDAS, «che promuove il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona, rispondendo a un preciso bisogno di salute e di qualità delle cure.

Giada Lonati di VIDAS (credit: Morelli_MesturiniFMP)

Oltre a inserire queste attività nei Livelli Essenziali d’Assistenza, prevede anche un adeguato sostegno socio-assistenziale alla famiglia – chiamata anch’essa ad affrontare il percorso della malattia – e presta una particolare attenzione al paziente pediatrico.
Purtroppo l’applicazione di questa legge è stata declinata con modalità anche molto diverse nelle singole Regioni.

Nei fatti, il diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore non è garantito in modo uniforme sul territorio nazionale come anche a livello regionale».

Le cure palliative appartengono a una categoria specifica…
«Si tratta di cure che non sono finalizzate alla guarigione da una malattia, ma a combatterne sintomi che non rispondono più a trattamenti specifici.
Questo presuppone l’affidamento a équipe professionali multidisciplinari che comprendono medico, infermiere, fisioterapista, assistente sociale, psicologo e logopedista, fino all’assistente spirituale, nel quadro di una presa in carico globale del “nucleo paziente-famiglia”.

In generale il luogo più appropriato per accompagnare il nucleo è la residenza, ma bisogna considerare la complessità e la fragilità sociale. Nelle grandi città, per esempio, il numero delle famiglie monocomponente – spesso composte da una sola persona anziana – è molto elevato».

Atrio del quarto piano (credit: VIDAS)

VIDAS (Volontari Italiani Domiciliari per l’Assistenza ai Sofferenti) si occupa di cure palliative per pazienti adulti e pediatrici dalla fondazione dell’associazione, avvenuta nel 1982 a opera di Gianna Cavazzoni con il supporto di Mario Usellini.

«La nostra attività non si limita al periodo cosiddetto del fine vita, ma riguarda anche tutte le forme dell’inguaribilità che, specie per i giovani pazienti, possono protrarsi molti anni. Di conseguenza, l’equipe opera prevalentemente nelle strutture ambulatoriali e sul territorio».

Dalla residenza all’accoglienza

Come è organizzata l’attività?
«VIDAS è un’associazione senza scopi di lucro che svolge attività di ricerca, studio, realizzazione e promozione di tutte le forme d’assistenza alle persone inguaribili.
L’associazione è affiancata da una fondazione che raccoglie le risorse destinate anche alla formazione degli operatori e all’informazione rivolta al pubblico.

Attualmente disponiamo di un’équipe composta complessivamente da 30 fra medici, infermieri, fisioterapisti e dalle altre figure professionali sopra ricordate, oltre ovviamente ai volontari che svolgono un ruolo importante.

La presa in carico dei pazienti è affidata a un assistente sociale: riteniamo infatti che la valorizzazione e il potenziamento delle risorse presenti nei nuclei familiari sia un aspetto fondamentale del percorso di cura, anche allo scopo di individuare il luogo migliore per il suo svolgimento.

L’équipe minima è composta da medico, infermiere e assistente sociale: a seconda delle necessità, facendo riferimento ai modelli organizzativi, queste figure sono affiancate da altri specialisti con reperibilità telefonica 24/24 ore in tutti i giorni dell’anno.
Una volta inseriti nella rete di assistenza, paziente e famiglia sono seguiti fino alla conclusione del percorso».

VIDAS opera all’interno della Rete Regionale di Cure Palliative, che comprende strutture ospedaliere e assistenziali pubbliche e private, oltre ad altri enti e associazioni, e siamo presenti nelle reti locali attive nella Città metropolitana di Milano e nella Provincia di Monza e Brianza (circa 4 milioni di abitanti).

Inoltre collaboriamo con realtà che si occupano di cure e assistenza a pazienti affetti da patologie oncologiche, neurodegenerative ecc. e da gravi insufficienza d’organo, con le quali abbiamo definito percorsi di cura integrati con le strutture presenti sul territorio per garantire la continuità assistenziale.

Nel 2018, per esempio, abbiamo assistito a domicilio circa 1.400 persone e l’impegno è in costante crescita.
Quando necessario, mettiamo a disposizione dei pazienti il nostro hospice Casa VIDAS, attivo dal 2006 e dedicato ai pazienti adulti, che recentemente è stato affiancato dall’hospice pediatrico Casa Sollievo Bimbi».

Un hospice per i bambini

Il progetto per Casa Sollievo Bimbi è di particolare interesse soprattutto per la compresenza di diverse funzioni legate non solo alla residenzialità.
«Nella nostra visione l’hospice è una struttura caratterizzata sia da un elevato impatto assistenziale sia da un basso tasso di medicalizzazione, fatto quest’ultimo che non significa scarsità di competenze sanitarie e tecniche o di tecnologie sanitarie, idonee a rispondere ai bisogni dei pazienti.

L’hospice è perciò una struttura fortemente orientata verso la residenzialità, perciò con caratteristiche di tipo alberghiero per Casa VIDAS e con una maggiore attenzione verso la dimensione ludica per Casa Sollievo Bimbi, nella quale ospitiamo i pazienti sia per il ricovero di “accompagnamento” sia per brevi periodi che definiamo di “sollievo” per loro come per le famiglie.

Casa Sollievo Bimbi è caratterizzata da un elevato impatto assistenziale e da un basso tasso di medicalizzazione (credit: VIDAS)

È nostra intenzione intraprendere anche un terzo tipo di ricovero cosiddetto di “abilitazione”, finalizzato all’addestramento dei familiari all’uso di apparecchiature complesse e, più in generale, a fornire un livello delle cure rispondente alle necessità dei bambini.

Si tratta perciò di ambienti poco o per nulla ospedalizzati, nei quali sono presenti e – per quanto possibile – dissimulati tutti gli impianti e le apparecchiature indispensabili al ricovero dei pazienti, per esempio per il monitoraggio delle condizioni cliniche, per la respirazione assistita e per la nutrizione artificiale ecc.».

Quali sono le principali caratteristiche di Casa Sollievo Bimbi e quali sinergie avete attivato con Casa VIDAS?
«La prima è un ampliamento dell’hospice preesistente, dal quale si differenzia nettamente sia per l’immagine architettonica sia per la dotazione funzionale. Inizialmente Casa Sollievo Bimbi doveva ospitare le sole attività amministrative dell’associazione ma, anche grazie alla disponibilità dimostrata dal Comune di Milano, abbiamo potuto trasformarla in un hospice pediatrico.

Gli spazi dedicati ai bambini sono concentrati al terzo – il Day hospice è distinto in due aree, per i piccoli e per gli adulti – e quarto piano – dove si trova la degenza pediatrica. Si tratta di ambienti caratterizzati da ampie vetrate – un omaggio alla storia personale e professionale di Cicely Saunders, promotrice delle cure palliative e della diffusine degli hospice – che permettono alla vista di spaziare fino alle Alpi.

La nostra principale attenzione è stata senz’altro rivolta alla qualità anche estetica degli ambienti residenziali, estremamente luminosi e colorati, concepiti per facilitare l’accoglienza e l’orientamento e per garantire le migliori condizioni di comfort.
Gli altri livelli sono invece destinati al Day hospice, alle aree amministrative e ai servizi generali, compresa la zona per la formazione.

Casa Sollievo Bimbi e Casa VIDAS sono sostanzialmente indipendenti e autonomi dal punto di vista funzionale. Ovviamente la prossimità fra le strutture si presta all’ottimizzazione delle attività da parte del personale, che opera in una sede praticamente unica, e alla condivisione di alcuni servizi come le nuove cucina e mensa, realizzate sulla copertura di Casa VIDAS e accessibile da entrambe le strutture».

Giuseppe La Franca, architetto