Quella del rianimatore è una specialità a forte rischio di denuncia da parte dei famigliari dei pazienti, tanto che da almeno quattro anni i bandi di concorso per questa disciplina hanno richiamato pochi neolaureati. Anche la programmazione sul numero di contratti di formazione specialistica effettuata dai governi negli ultimi 10 anni ha qualche difetto, tanto da trovarci con un saldo negativo tra pensionamenti e neo-specializzati di 301 unità. Già prima che scoppiasse l’emergenza pandemica, che richiede invece un grande numero di rianimatori, l’Italia era in carenza di questi specialisti, carenza che oggi rischiamo di pagare cara.
Se da una parte il decreto Rilancio evidenzia la possibilità di aumentare di 3500 nuovi posti le Terapie Intensive, dall’altra lo stesso decreto non tiene conto delle carenze di cui sopra.
Secondo uno Studio Anaoo Assomed, infatti, sarebbe necessario assumere 2.800 nuovi rianimatori, ma non ci sono: mancherebbero 3.101 rianimatori per il funzionamento dei posti, vecchi e nuovi, di Terapia Intensiva. Non è un problema da poco: attivare nuovi posti letto in Terapia Intensiva senza avere specialisti in grado di intubare, sedare ecc. è poco produttivo. E pensare di lasciare tutto il lavoro in mano a coloro che, pur avendo la stessa specializzazione, hanno scelto di lavorare in anestesia chirurgica, non può funzionare, poiché sono mansioni differenti.
D’altra parte, le Terapie Intensive hanno subito negli anni lo stesso trattamento degli anestesisti rianimatori, vedendosi ridurre il numero di posti letto costantemente. Anche in questo caso, all’inizio della pandemia eravamo uno dei Paesi europei con meno disponibilità in Terapia Intensiva: questo è il vero punto caldo della lotta al Covid-19, perché è qui che arrivano i pazienti più gravi.
Lo studio Anaoo Assomed evidenzia che in 15 Regioni il livello di sicurezza di saturazione delle Terapie Intensive, pari al 30%, è stato abbondantemente saturato. Più in dettaglio, a inizio dicembre le percentuali erano le seguenti: Lombardia 59%, Piemonte 57%, Puglia 50%, P. A. Trento e Bolzano 46%, Marche 45%, Liguria 45%, Umbria 44%, Toscana 44%, Sardegna 39%, Abruzzo 39%, Lazio 38%, Friuli 34%, Valle d’Aosta 33%, Emilia-Romagna 33%, Veneto 31%, Molise 29%, Campania 27%, Sicilia 27%, Basilicata 23%, Calabria 22%.
I numeri sono certamente cambiati nelle ultime settimane, ma l’allerta resta alta. Inoltre, sempre secondo lo studio Anaoo Assomed, che analizza la situazione Regione per Regione, potrebbero esserci stati casi di aumento dei posti letto che fanno abbassare la percentuale di saturazione. Davanti alla necessità di aumentare i posti di Terapia Intensiva per ridurre i tassi di saturazione, però, lo studio Anaoo Assomed si pone un altro quesito: dove mettere i nuovi posti letto? Perché per poter lavorare bene in Terapia Intensiva è necessario avere spazio intorno ai letti per le attrezzature elettroniche e per effettuare agilmente le manovre salvavita. Le Terapie Intensive italiane versano, invece, nella maggior parte dei casi, in uno stato di obsolescenza: il rischio è quindi aumentare il numero di posti letto e abbassare la qualità dell’assistenza.
Stefania Somaré