Fra i numerosi interventi previsti per il rinnovamento della rete ospedaliera abruzzese, quello per Avezzano è il primo a raggiungere il traguardo del progetto di fattibilità tecnico-economica, preludio alla gara per l’appalto integrato
L’arch. Roberto Lapi è fondatore e amministratore unico di L+ Partners e ha coordinato il progetto per l’ospedale di Avezzano. Quali sono state le principali complessità affrontate nel progetto e come sono state risolte?
«Il nuovo ospedale è disegnato su un’area ben organizzata dal punto di vista urbanistico, ma molto limitata in termini dimensionali. La complessa geometria del lotto, le distanze dai confini e la necessità di differenziare gli accessi sono vincoli che abbiamo cercato di trasformare in opportunità, per rendere leggibile e ben organizzato l’impianto architettonico.
Abbiamo voluto realizzare una struttura compatta e limitare l’altezza dell’edificio a soli 4 piani fuori terra sul lato nord, con una altezza massima delle superfici finestrate che nei piani più alti raggiunge appena i 14 metri sull’orizzonte dello sguardo. A quell’altezza è possibile ancora percepire pienamente il verde che circonda l’edificio.
Dalle stanze di degenza è forte la percezione della corona di montagne che circondano la piana del Fucino. Sul lato opposto abbiamo sfruttato il pendio per nascondere il parcheggio multipiano.
Percorsi brevi per accedere alle cure e alle diagnostiche e una rigorosa separazione dei flussi interni hanno guidato la organizzazione degli spazi e la prossimità delle funzioni sanitarie».
Quali aspetti innovativi distinguono il progetto?
«Progettare questo ospedale in uno dei luoghi a maggiore rischio sismico del nostro paese ha imposto l’utilizzo di isolatori ad hoc, situati sull’intradosso del primo solaio – soluzione maggiormente compatibile in termini economici.
Gli impianti di distribuzione generale sono in questo modo direttamente collegati all’edificio isolato, mentre le reti di alimentazione dei locali destinati a farmacia, cucina e ristorazione e sterilizzazione sono disgiunti dalla distribuzione aerea e installati su un telaio in acciaio direttamente collegato ai pilastri del piano interrato.
Benché apparentemente privi di legami, la centralità del paziente e la sostenibilità sono due declinazioni di uno stesso obiettivo.
Comfort e benessere (luce, scambi termici, ricambi d’aria, salubrità…) si associano infatti spesso a scelte tecnologiche sia sull’involucro edilizio, sia sugli impianti, che consentono anche sostanziali riduzioni dell’impatto ambientale dell’opera nel corso del suo intero ciclo di vita.
Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità energetica abbiamo fatto ricorso a:
- fonti rinnovabili di energia (produzione termica e frigorifera da fonti energetiche rinnovabili o assimilate)
- tecnologie con rendimenti più elevati rispetto alle soluzioni tradizionali (produzione termo-frigorifera e di acqua calda sanitaria con pompe di calore ad alimentazione elettrica).
Grande attenzione è stata prestata alla flessibilità e all’adattabilità a esigenze che evolvono nel tempo, in particolare per:
- le numerose camere di degenza singole, che possono essere utilizzate come doppie in caso di necessità
- le aree degli studi medici, configurate e attrezzate come camere di degenza
- la possibilità di allestire un “ospedale sotterraneo” di emergenza al livello -1, sull’esempio dell’ospedale israeliano Rambab Healthcare Campus
- la notevole flessibilità impiantistica, mediante ampi cavedi che facilitano gli interventi di trasformazione dell’edificio.
Per ultima, ma non meno importante, è la progettazione imperniata sul concetto di Design for All: il progetto per il nuovo Ospedale di Avezzano mette al centro il paziente e soprattutto il paziente fragile. Per elaborare un progetto accessibile sono state seguite diverse strategie:
- totale eliminazione di barriere architettoniche fisiche
- semplificazione dei percorsi, con separazione tra i flussi dei pazienti interni/dipendenti e quelli dei visitatori/esterni
- studio delle sistemazioni esterne con percorsi pedonali e carrabili che facilitano l’accesso dei pazienti fragili».